Da dove iniziare

Vito Cagli

Vi è la necessità di una riorganizzazione degli ambulatori di medicina generale, al fine di ottenere la costituzione di strutture attrezzate che possano assicurare il servizio ai cittadini per dodici ore durante il periodo diurno.

Che la Sanità italiana abbia bisogno di profonde riforme non è questione da porre in forse, tanto è evidente la necessità che ad esse si debba ricorrere. Il punto delicato sta, piuttosto, nel decidere da dove iniziare. Sarebbe, infatti, impossibile, tanto più nell’attuale congiuntura economica, pretendere di cambiare tutto quanto c’è da cambiare entro un breve periodo di tempo. L’elenco delle riforme necessarie riguarda praticamente tutte le voci raccolte sotto il titolo “Sanità”, dall’edilizia ospedaliera alle bonifiche ambientali, per non parlare di quanto, pur fuori dalla Sanità, ne influenza profondamente l’efficienza e l’efficacia, come la preparazione universitaria dei medici e degli altri professionisti della Sanità e lo stesso assetto del territorio.
Ma, se desideriamo essere concreti, non chiediamo l’impossibile: ecco, allora, emergere il problema delle priorità. E qui, come è facile comprendere, possono emergere differenze di opinioni anche profonde. Sarebbe, però, tragico se, per continuare a discutere sul cosa fare, non si facesse nulla. Dal canto nostro, senza pretendere di fornire l’unica soluzione giusta, diremo semplicemente cosa pensiamo.
Da medici quali siamo, con lunga esperienza di cliniche universitarie, ospedali ed attività ambulatoriale, non possiamo che partire dalle esigenze dei malati. Essi sanno bene che, per le proprie esigenze di salute, dispongono di due punti di riferimento fondamentali: il medico di medicina generale (MMG) per quella che potremmo chiamare la “normale amministrazione” e l’ospedale per le malattie più gravi e per le urgenze/emergenze. È, dunque, a questi due comparti sanitari che dovrebbero essere tesi con priorità i provvedimenti di riforma.
Il MMG svolge oggi compiti assai più complessi e difficili di quanto lo fossero quelli che gravavano sulle spalle del medico condotto. Questi suppliva con la propria disponibilità alla frequente inefficacia delle terapie allora disponibili. Oggi, in una medicina assai più ricca di mezzi d’indagine diagnostica e di possibilità terapeutiche di provata efficacia, il “potere diagnostico e terapeutico” del medico è notevolmente aumentato e, corrispettivamente, sono cresciute le sue responsabilità e le attese dei pazienti, tra l’altro sempre più consapevoli del proprio diritto alla salute e sempre più informati ed acculturati.
Di qui la necessità non soltanto di un “nuovo” MMG, ma anche di una nuova organizzazione della medicina “di base”. Al MMG non può più bastare la sua capacità di visitare il paziente per formulare una diagnosi corretta. Non può bastare anche perché ciò che oggi si pretende, da parte sia della medicina come teoria, sia dei pazienti, è che un’affermazione, quale è la diagnosi, sia suffragata da “prove”, come i riscontri costituiti da esami strumentali o di laboratorio.
Non pochi tra i MMG hanno provveduto, per conto loro, a munirsi, previa acquisizione delle relative competenze, di un elettrocardiografo e qualcuno anche di un ecografo. Tuttavia, l’iniziativa non può essere lasciata ai singoli, ma dovrebbe essere adeguatamente pianificata. Anche la possibilità di effettuare alcune semplici e correnti analisi di laboratorio sarebbe di grande utilità. Tutto ciò comporta un adeguamento dei programmi di formazione del MMG e l’istituzione di appositi corsi pratici per i MMG già in servizio. E non basta. Analogamente a quanto accade, per esempio, in Gran Bretagna, il MMG dovrebbe essere sempre affiancato da un laureato/a in scienze infermieristiche, cui potrebbero essere devoluti alcuni compiti oggi svolti dal medico, come, ad esempio, i controlli periodici della pressione arteriosa negli ipertesi, in trattamento o no, i controlli della glicemia nei diabetici di tipo 2 in compenso metabolico, l’esecuzione dell’elettrocardiogramma che verrà poi letto dal medico.
Vi è, infine, la necessità di una riorganizzazione degli ambulatori di medicina generale.
Per l’attrezzatura ed il funzionamento di ambulatori organizzati come sopra si è detto, sarà necessario studiare forme di finanziamento e/o di fornitura diretta della strumentazione e del materiale d’uso, mentre per il personale ausiliario del medico sarà necessario studiare il tipo di rapporto più conveniente, anche in funzione di eventuali modifiche della remunerazione ai medici. Si tratta, come è evidente, di un insieme di provvedimenti che richiedono un certo tempo, sia per la preparazione del personale, sia per l’implementazione delle nuove attività e dei nuovi orari. Ma, appunto per questo, sarebbe necessario mettere in cantiere rapidamente la riforma e dare ad essa esecuzione progressivamente.
Veniamo, ora, a qualche notazione sugli ospedali. Nel breve periodo in cui il professor Umberto Veronesi fu Ministro della Salute, poté rilevare come circa la metà degli ospedali italiani fosse inidonea ai propri compiti a causa di problemi relativi all’edilizia. In altre parole, ospedali vecchi, o addirittura fatiscenti, o anche, semplicemente, strutturati sotto il profilo edilizio secondo canoni ormai inadeguati. I grandi ospedali a padiglione, come furono costruiti principalmente nei primi trent’anni del secolo XX, ne sono un esempio: i loro lunghi percorsi orizzontali rappresentavano un aspetto positivo per difendersi dal contagio delle malattie infettive, allora molto diffuse, ma sono diventati un elemento negativo quando, ormai, i problemi sono divenuti altri. Il costo del personale ausiliario (come di tutto il personale sanitario) è elevato. Di conseguenza, il tempo di tale personale non andrebbe sprecato negli spostamenti a piedi per attraversare lunghi corridoi. Non parliamo, poi, della difficoltà che la struttura a padiglioni crea per un’organizzazione funzionale dipartimentale, la quale reclama la stretta collaborazione tra competenze diverse che hanno la necessità di integrarsi e lavorare insieme.
La precarizzazione del personale e l’assistenza infermieristica affidata a personale non stabile (fornito spesso da cooperative) hanno contribuito anch’esse alle attuali difficoltà. Così, l’ospedale è divenuto un luogo in cui il personale lavora male, è insoddisfatto e, quel che è peggio, sono spesso insoddisfatti i malati.
Porre, dunque, i presupposti per avviare un piano di ristrutturazione edilizia di molti ospedali e riorganizzare il personale, a tutti i livelli, per assicurare condizioni di lavoro che garantiscano efficienza e sufficiente attenzione al ricoverato come essere umano, ci sembra fondamentale. E sarebbe, altresì, necessario riconsiderare i criteri attraverso i quali ogni operatore sanitario viene assunto in servizio negli ospedali. Chi, come noi, ha l’ambiguo privilegio dell’età, è buon testimone di quanto, un tempo, si studiasse per prepararsi ai concorsi, da quello per assistente a quello per aiuto, fino a quello per primario. Anche allora potevano avere influenza raccomandazioni ed appoggi, ma nessun candidato desiderava passare per ignorante davanti ad esaminatori che, poi, avrebbe ancora incontrato nella propria attività e che, spesso, già conosceva. Comunque si studiava per non sfigurare al concorso.
Vi è poi da aggiungere che disporre di ospedali ben strutturati e ben funzionanti dovrebbe accompagnarsi ad un numero e ad una dislocazione dei presìdi rigorosamente parametrati alle reali necessità della popolazione, poiché l’ospedale resta comunque un centro di costo tra i più elevati. Ma una tale razionalizzazione presuppone che l’ospedale sia un luogo di ricovero per malati che di quel ricovero hanno incondizionatamente bisogno. Ospedali, dunque, per malati acuti o per malati che necessitano di interventi chirurgici, o comunque invasivi, che vanno al di là di quanto può farsi in day-hospital o in day-surgery.
Due interventi sarebbero necessari a questo fine, oltre alla rimodulazione dell’attività dei MMG, di cui si è detto.
Sarebbe molto utile il potenziamento della specialistica ambulatoriale. “Infilarsi” in ospedale perché non si riesce ad avere altrimenti una prestazione specialistica o un esame costoso è qualcosa che, se diffusa, contribuisce al malfunzionamento degli ospedali, a cominciare dall’”invasione” di codici bianchi e verdi nei DEA (Dipartimento Emergenza e Accettazione). I Poliambulatori specialistici dovrebbero, però, essere attrezzati adeguatamente con strumenti di indagine, come avviene già in alcuni (pochi) eccellenti esempi. Sarebbe anche opportuno ripensare, specialmente là dove sono assenti o insufficienti servizi di day-hospital, all’istituzione di Centri di vera e propria consulenza ambulatoriale (anche questi già sperimentati con successo in passato) che lavorino come un vero e proprio ospedale diurno, capace di assumere in carico un malato e di provvedere a tutte le visite e le indagini necessarie per giungere anche a diagnosi complesse ed alla prescrizione delle opportune terapie.
Infine, un secondo intervento per evitare un uso improprio dell’ospedale da parte di quei malati che, per l’età avanzata e per determinate disabilità, incontrano difficoltà a muoversi, è il potenziamento dell’assistenza domiciliare. Medici ed infermieri che, secondo una pianificazione stabilita caso per caso, si rechino a domicilio potrebbero risolvere non pochi problemi con soddisfazione dei pazienti che restano a casa propria e con un non indifferente vantaggio economico.
Abbiamo tracciato un sintetico panorama di quelle che a noi sembrano, partendo dalle necessità dei malati, le provvidenze fondamentali e più urgenti da prendere nel campo della Sanità. L’elemento condizionante è costituto dalla disponibilità di mezzi economici, ne siamo ben consapevoli. Ma ci sono anche qualità come l’impegno e la dedizione che non costano nulla e che rendono molto. Impegniamoci, dunque, a spenderli in favore di una Sanità migliore, in attesa di quelle riforme che restano, comunque, necessarie.

Vito Cagli
Specialista in Medicina Interna, libero docente in Malattie Infettive e in Semeiotica Medica,
Direttore della collana “Medicina Oggi” della casa editrice Armando.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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