Caro petrolio

I motivi alla base del rincaro sono connessi al vertiginoso aumento dei consumi, alle crescenti difficoltà incontrate nella produzione e nella scoperta di nuovi giacimenti ed anche a fenomeni speculativi, come ha mostrato l’improvviso recente ribasso, innescato dai timori di una recessione globale. Molti analisti concordano comunque nel pensare che l’era dell’energia (e in particolare del petrolio) a basso prezzo sia finita.

STAGFLATION. E’ la parola più temuta dagli economisti e dalle autorità monetarie. Proviene dalla crasi fra ‘stagnazione’ e ‘inflazione’, ed è una delle situazioni economiche più difficili da governare, perchè rende pressochè inutilizzabile il tradizionale metodo di controllo dell’economia, cioè la modulazione del tasso di sconto. Lo spettro della stagflation si sta affacciando ormai sempre più consistentemente nell’economia occidentale e in particolare in quella italiana, favorita dalla recente impennata del prezzo del petrolio.

Questo tipo di situazione economica non è del tutto nuova. Non casualmente si era già presentata negli anni ’70, in seguito al rialzo che ebbe il prezzo del petrolio, per via dell’embargo arabo, in seguito alla guerra del Kippur. Il mondo consuma attualmente circa 85 milioni di barili di petrolio al giorno, che provvedono ad oltre un terzo del fabbisogno energetico complessivo. I derivati del petrolio (benzina, kerosene, gasolio) sono prodotti insostituibili, su cui si basa tutta la nostra civiltà delle macchine (e in particolare quasi tutto il trasporto). Nel corso degli ultimi anni il petrolio è passato da 25 a 115 $/barile (toccando recentemente un record storico di 147 $/b). I motivi alla base del rincaro sono svariati, ma sono fondamentalmente connessi al vertiginoso aumento dei consumi (in particolare delle nuove economie emergenti di India e Cina) e alle crescenti difficoltà incontrate nella produzione e nella scoperta di nuovi giacimenti.

Molti campi petroliferi (come quelli del Mare del Nord, i messicani e gli statunitensi) sono ormai invecchiati e la loro produzione diminuisce sistematicamente anno dopo anno. Una parte dell’aumento dei prezzi è certamente dovuto anche a fenomeni speculativi, come ha mostrato l’improvviso recente ribasso, innescato dai timori di una recessione globale (che comporterebbe ovviamente una contrazione della domanda). Molti analisti concordano comunque nel pensare che l’era dell’energia (e in particolare del petrolio) a basso prezzo sia finita. Un grosso problema per l’economia mondiale e italiana in particolare. Il caro petrolio, infatti, si riverbera immediatamente su tutti gli altri prezzi, da quello dei trasporti di persone e merci, a quello dei generi di più largo consumo, come gli alimentari.

Un ulteriore elemento di preoccupazione è connesso con il fatto che oltre i due terzi delle riserve accertate di petrolio sono concentrate nei Paesi del Golfo Persico, un’area geopolitica di precaria stabilità. Dallo stretto di Hormuz passa giornalmente, caricato su gigantesche petroliere, il 40% della nostra linfa vitale. E l’Iran non fa mistero che bloccherebbe immediatamente lo stretto come ritorsione ad un eventuale attacco ai suoi impianti di arricchimento dell’Uranio, con conseguenze per l’economia mondiale facilmente immaginabili. Sfortunatamente, la crisi attuale non è congiunturale (come fu a suo tempo la stretta di esportazione dai paesi Arabi), ma è strutturale e destinata a durare nel tempo. Occorrono pertanto delle contromisure di lunga portata, miranti da una parte a ridurre i consumi, dall’altra a creare carburanti alternativi ai prodotti del petrolio.

Sarà imperativo ripensare globalmente il nostro sistema di trasporto merci, oggi affidato prevalentemente ai TIR. Il costo energetico del trasporto su nave (per tonnellata kilometro), è meno di un decimo di quello su “gomma”, e quello per ferrovia meno di un terzo. Sarebbe perciò fortemente auspicabile un grande sforzo di costruzione di nuove infrastrutture per favorire al massimo e rendere funzionale il trasporto intermodale. Una politica di questo tipo avrebbe come risvolto non secondario quello di disintasare il sistema autoviario nazionale, con conseguenti diminuzioni di traffico, inquinamento, infortuni. Un secondo passo necessario sarà l’avvio di programmi di produzione di carburanti sintetici, attraverso processi di liquefazione del carbone (simili al progetto SASOL in Sud Africa) o del metano (Gas To Liquid conversion), o di conversione di biomasse. Queste ed altre possibili contromisure ai problemi energetici, se attuate tempestivamente, non solo permetterebbero di attutire (se non eliminare) possibili shock petroliferi futuri, ma anche di mettere in moto un volano economico di larga portata, verso un futuro meno incerto, ma soprattutto più prospero e sostenibile.

Renzo Rosei
Professore Ordinario Dipartimento di Fisica,
Università degli Studi di Trieste

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi