Teniamo alta la tensione sociale

La discontinuità che ha caratterizzato l’attenzione e l’impegno dei vari governi che si sono alternati negli ultimi dieci anni sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro ha impedito risultati significativi al riguardo. Rispetto a qualsiasi emergenza sociale l’azione di contrasto ha bisogno di tensione morale, di impegno quotidiano, di condivisione di intenti, di lavoro corale

Lo dico subito: non ci sono molti motivi per essere ottimisti. Il 2006 è stato un anno decisamente nero: sono stati quasi 930.000 gli incidenti sul lavoro, 1552 i morti, mettendo nel conto anche i 250 lavoratori deceduti per malattie professionali di cui, con troppa leggerezza, spesso non si tiene conto. E, soprattutto, risultano in aumento del 4,6% gli incidenti mortali avvenuti all’interno dei luoghi di lavoro, che poi vuol dire 30 vite in più. E per il 2007 non ci sembra di cogliere segnali particolarmente positivi, ma speriamo naturalmente di sbagliarci. Dunque, pur dando atto ai rappresentanti delle Istituzioni di aver fatto nell’ultimo anno un lavoro davvero egregio, siamo di fronte ad un quadro complessivo estremamente preoccupante e lo sarà ancor più con l’attuale crisi del governo che mette tutto a rischio. D’altra parte, proprio la discontinuità che ha caratterizzato l’attenzione e l’impegno dei vari governi che si sono alternati negli ultimi dieci anni sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro ad aver impedito risultati significativi al riguardo. L’azione di contrasto rispetto a qualsiasi emergenza sociale ha bisogno di tensione morale, di impegno quotidiano, di condivisione di intenti, di lavoro corale e in questa guerra contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dobbiamo dare atto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di aver suscitato e mantenuto una forte tensione sociale come mai era accaduto prima da parte di un Capo dello Stato. Inoltre, come hanno dimostrato i risultati dell’intensa attività ispettiva svolta dal Ministero del Lavoro e come testimonia la triste catena quotidiana di morti e di infortuni, sono ancora troppe le aziende lontane dal rispettare le regole della sicurezza. Occorre, pertanto, potenziare ulteriormente l’azione di controllo, soprattutto attraverso la realizzazione del coordinamento tra gli enti responsabili. Invece, un punto che riteniamo fondamentale della legge delega in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro è l’inserimento della prevenzione degli infortuni nell’ambito dell’insegnamento scolastico. è però indispensabile, al contempo, la predisposizione di campagne di informazione e sensibilizzazione, trasmissioni televisive di approfondimento.

Detto questo devo sottolineare e ribadire che prevenzione degli incidenti sul lavoro e tutela delle vittime restano due facce complementari della stessa medaglia. Non garantire una giusta tutela alle vittime di infortuni sul lavoro o di malattie professionali, vuol dire scandalizzarsi per un problema, la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro, ma disinteressarsi delle sue conseguenze, cioè della sorte dei lavoratori che fanno le spese delle precarie condizioni di prevenzione negli ambienti di lavoro. I dati raccolti dalla nostra Associazione segnalano un peggioramento complessivo della tutela prevista per le vittime di incidenti sul lavoro o di malattia professionale, dati oggettivi che fanno riferimento non ad impressioni, ma alle conseguenze delle tabelle di indennizzo, che pure erano state introdotte nel 2000 con lo scopo dichiarato di migliorare le coperture assicurative garantite dall’INAIL. Proprio l’introduzione della copertura del danno biologico si è risolta in un vantaggio per lo Stato e per le aziende. Vantaggio per lo Stato poiché l’INAIL, tra riduzione delle prestazioni ed aumento dei premi assicurativi pagati dalle aziende, porta nelle casse del Ministero dell’Economia oltre due miliardi di euro l’anno, che hanno contribuito fino ad oggi a fronteggiare le esigenze della spesa pubblica. Vantaggio per le aziende, che hanno evitato di dover rispondere in sede giudiziaria alle migliaia di richieste di risarcimento del danno biologico avanzate dai lavoratori infortunati o vittima di malattie professionali. A rimetterci con questo nuovo sistema di indennizzo sono stati coloro che, a seguito di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, si sono ritrovati con invalidità permanenti medie o piccole (se così si possono chiamare), per i quali la nuova normativa si è tradotta in minori indennizzi. Per chi rimane vittima di un infortunio sul lavoro, inoltre, non sono garantite cure tempestive e adeguate o uno specifico sostegno psicologico che aiuti a superare il trauma subito, né vengono realizzati percorsi di riqualificazione professionale per un tempestivo reinserimento al lavoro. Eppure, almeno in questo caso le norme ci sarebbero, ma non vengono applicate. Il totale degli avanzi di amministrazione dell’INAIL spariti nelle casse del Ministero dell’Economia, è ormai arrivato a quasi 13 miliardi di euro, un valore superiore a quello della legge finanziaria per il 2008. L’INAIL di oggi non garantisce più una tutela adeguata alle vittime del lavoro: eroga prestazioni economiche peggiori che in passato, non può svolgere interventi sanitari sufficienti, non può promuovere interventi per il reinserimento lavorativo. In una parola, per gli infortunati riesce a fare ben poco. E se si aggiunge che non può neppure gestire le proprie risorse economiche, decidere gli investimenti dei capitali accantonati per far fronte nel futuro alle prestazioni erogate, allora perché dovremmo essere contenti di una gestione pubblica dell’assicurazione dei lavoratori? Da tempo, le decisioni sulla gestione dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, vengono prese all’esterno del suo ente gestore, senza che le espressioni dei rappresentanti delle parti sociali che compongono i suoi organi abbiano un minimo valore. Su questi temi, occorre l’intervento forte della politica per scongiurare il rischio di marginalizzazione  che intravediamo per la tutela assicurativa, fra le righe di provvedimenti prodighi di Fondi assistenziali e nel clamore mediatico che circonda singoli episodi per la loro alta drammaticità. Fermo restando che anche per questi episodi, passata l’emozione del momento, le persone rischiano di restare sole con tutti i problemi quotidiani da affrontare, economici, ma non solo, dei quali l’ANMIL intende continuare a farsi carico, pronto come sempre a fare la sua parte nel quadro della sussidiarietà orizzontale che tanto interesse sta suscitando nel Paese.

Pietro Mercandelli
Presidente ANMIL (associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro)

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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