Un bambino malgrado noi

Gli incidenti sul lavoro, in apparenza, sono una realtà che appartiene al mondo dei “grandi”.  Ma quanti sono i piccoli innocenti costretti al lavoro nero? Quanti sono gli infortuni non denunciati da datori di lavoro che rubano l’infanzia dei più piccini? Non possiamo saperlo di preciso, ma di certo non possiamo nemmeno pensare che questo aspetto non esista

Di seguito, un drammatico e toccante spaccato di vita comune ai tanti bambini che ogni giorno vengono sfruttati da adulti senza scrupoli. Creature che andrebbero protette e che, invece vengono ripudiate dai familiari e dalla Società stessa che troppe volte fa finta di non vedere. Gli incidenti sul lavoro, in apparenza, sono una realtà che appartiene al mondo dei “grandi”.  Ma quanti sono i piccoli innocenti costretti al lavoro nero? Quanti sono gli infortuni non denunciati da datori di lavoro che rubano l’infanzia dei più piccini? Non possiamo saperlo di preciso, ma di certo non possiamo nemmeno pensare che questo aspetto non esista. Sono tanti gli adulti che pur consapevoli dei rischi che si corrono in certi ambienti lavorativi, subiscono dei sinistri, figuriamoci quanti possono essere i bambini che lasciati allo sbando si apprestano ad eseguire lavori da grandi. La mancanza d’istruzione, l’impossibilità di vivere l’infanzia con le giuste modalità, può essere esordio da un lato di comportamenti devianti e dall’altro di una precoce e non tutelata entrata nel mondo del lavoro. Rocky è un bambino costretto a rubare per vivere, suo fratello è un bambino obbligato a lavorare in un cantiere. Entrambi, non conosco il vero significato della parola “gioco”. Entrambi rischiano la vita ogni giorno.Ho cercato di sapere il suo nome vero, ma non l’ho saputo per tutto il tempo che l’ho avuto seduto di fronte a me. Spalmato, scivolato sulla sua sedia, scalciava con le sue gambette frementi e sottili, in un gioco continuo e nervoso, colpendo da sotto il tavolino, appena fuori da una gelateria del centro di Roma. Rocky, il suo soprannome, per via dei lividi spesso sparsi sulle sue braccia e sul suo viso. Un viso impertinente, un po’ impunito, eppure sempre quello di un bambino, anche se cresciuto, per forza di cose, troppo in fretta. Gli occhi veloci, scuri, intelligenti e profondi e con dentro colori già troppo accesi, per essere stati assaliti, senza difesa, da un film-vita cui ancora non erano preparati. Dai suoi vestiti sarebbe stato difficile per chiunque stabilire la stagione in corso, come pure, del resto, la sua vera taglia. Né avevano presunte logiche di stili, abbinamenti o quant’altro e, con l’aria di non incontrare sapone e acqua da tempo, servivano solo davvero per coprirsi. I capelli ribelli, cresciuti al loro volere, erano chiari. Lo si sarebbe intuito più facilmente se fossero stati più puliti e talvolta pettinati da un adulto premuroso. Un naso all’insù ancora tutto da definirsi, e anche questo, nel fiuto, già attento più del dovuto. Nel suo sospettoso sorriso, il dente incisivo sinistro già cambiato e quindi titolare per la vita del suo posto scomodo, purtroppo, già spezzato in un angolo.

“Perché  Rocky?” “Boh? Perché mi piace fare a botte!”

“Ti piace!? E cosa c’è che ti piace nel fare a botte?”

Ride, scalcia, “Non è che mi piace… faccio a botte sempre…”

“Quanti anni hai?” Mi mostra con i palmi delle mani sudice un sette.. poi un otto, poi ancora un sette.

“E quanti sono?”

Mi alza le spalle “Boh?” “Perché stai sempre qui per la strada?”

“Perché passa la gente…” e intanto si gira a guardare dall’altra parte e intorno con uno scatto quasi da fuggitivo.

“Il tuo papà e la tua mamma dove sono?”

Mi fa cenno con il braccio esteso da una parte e poi aggiunge “a lavorare”. “Che lavoro fanno?”

Ride, non risponde, alza un’altra volta le spalle.“Mio fratello più grande sta al cantiere…! Punta la mia borsa “Cosa c’hai là dentro?”

“Oh … lo so che sei abituato a prenderle, a portarle via a qualcuno… se vuoi te la regalo io, tanto dentro ho pochi soldi, ma per te saranno di più, magari tolgo i documenti e il telefonino che mi servono… aspetta!” Ride… non è la stessa cosa e lo capisce.

“Tieni!” gli dico, “prendila” e gliela metto davanti, così come ho fatto con il gelato poco prima.

La guarda, ma non la prende.“Prendila, ti dico!”

Rimane fermo, immobile, quasi spaventato, sempre da seduto, si tira su lentamente e non sa se prendere la borsa e scappare. Capisco che teme qualche trappola intorno e, nell’atteggiamento, sta chiedendo aiuto a qualcuno che sa che può accorrergli in soccorso, ma che non arriva.”

“Stai tranquillo! Sono da sola e volevo solo darti io qualcosa che ti hanno detto di rubare!”

Non è affatto convinto ma si riadagia piano sulla sedia. Mi guarda, non capisce. So di averlo spiazzato.

“Mi piacerebbe spiegarti, così, che vivere non è per forza togliere, strappare gli oggetti, i soldi a qualcuno, e che anche se non lo sai, ogni volta che tu rubi e poi scappi, qualcuno sta togliendo, strappando, rubando molte più cose a te!”

“E chi?”

Tutti quelli che non ti permettono di essere un bambino normale, che spera, che sogna, che gioca spensierato, che va a scuola per imparare, crescere e sapere, per meritare qualcosa nel modo più naturale e senza doverla rincorrere per poi rubarla, tutti quelli che RUBANO a te il TUO tempo migliore lasciandoti il peggio per quando sarai grande”.

“Io gioco! “Si, certo, lo so… a fare a botte… e comunque, a scappare, no?” Mi guarda, … ”No, no, gioco!”

Si fa serio e si guarda intorno ancora… sbuffa…” sono andato a scuola poi sono stato male e non sono andato più…”

Si alza con un guizzo dalla sedia “Mi dai due euro?”

“Ma come!?”… gli sorrido…”Hai lì tutta la borsa, ti giuro che c’è molto di più, prendila, è tua!”

Si gratta in viso nervosamente, la allontana, non ci crede o forse ci crede, ma la conquista e l’addestramento al furto hanno per lui un altro valore, c’è qualcosa che non gli torna.

“Mi dai dieci euro?” “Ancora?” gli chiedo. ”Ti ho detto di prenderla tutta, non c’è nessun tiro strano dietro, lo so che ti hanno insegnato a non fidarti, e vedi che anche questo non è sempre giusto? Guarda che davvero c’è tanto di più!” “E perché me lo dai?”

“Te l’ho detto! Per dimostrarti che le cose si possono guadagnare diversamente che non solo a rubarle, che ci sono altri modi per ottenerle” “Pagare…!? Comprare!?”

“Beh, comprare… sì, anche, poterle comprare, ma anche averle per merito…” “Merito? Che è?” “Per me adesso il tuo merito è stato non aver cercato di prendermela, prima che io decidessi di offrirtela, anche se non lo sapevi … il tuo sorridermi a tratti, il sapere che c’è uno spazio nel tuo fare, per essere ancora bambino!”… Adesso mi parla di più, si guarda meno intorno e ascolta quello che cerco di dirgli…”Come faccio a spiegarti meglio?… Merito è qualcosa che è giusto che ti sia data, regalata, riconosciuta, perché ti sei impegnato senza fare del male a nessuno, o togliere niente a qualcun altro, e anzi ti sei reso utile per te e per gli altri e questo accade se studi, se lavori onestamente, se impari a fare qualcosa che ti piace, in cui sei bravo, ma di cui non avere paura, per cui non nasconderti, non dovere scappare ogni volta”. “Io non ho paura” E si riguarda di nuovo intorno, “E allora perché sei in piedi? E perché cerchi qualcuno intorno? E perché non prendi la mia borsa proprio quando te la voglio regalare?” Mi guarda, si sente scoperto, senza prendere niente, si allontana, si rigira, mi riguarda, va via. Poco distante una ragazzina, una ventina di centimetri più alta di lui, sbucata chissà da dove, gli va incontro, gli parlotta, lui si rigira ancora, anche lei mi guarda, si allontanano insieme in quel mondo incapace di darmi ragione.

Mariella Nava
Cantautrice italiana
ha deciso di donare una sua canzone inedita sulla sicurezza sul lavoro dal titolo “stasera torno prima”

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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