Quella terra promessa svenduta alla storia

I giovani di oggi preferiscono intonare “una vita spericolata”, fatta di alcol, droghe, atti di vandalismo, sregolatezze sessuali e affettive. Una vita maleducata, una vita al limite della legalità e della follia. Non è un pregiudizio indistinto nei confronti delle giovani generazioni, ma un dato di fatto. Il disagio giovanile esiste ed è sempre esistito, ma il trend è prossimo all’impennata

Ricordo ancora un timido Eros Ramazzotti, quando esordiva con uno dei ritornelli più cantati della musica italiana: una terra promessa. Eros cantava il sogno di tanti ragazzi di allora, che guardavano lontano, alla ricerca di ideali ed emozioni, di uno spazio dove far crescere i loro pensieri. Non senza riconoscere, tuttavia, che quel domani era molto incerto. Il domani faceva paura! Quei ragazzi nel futuro scorgevano già la musica di oggi, in cui gli armonici messaggi di una gioventù motivata e militante, sono stati eclissati da una sindrome postmoderna di alienazione. I giovani di oggi preferiscono intonare “una vita spericolata”, fatta di alcol, droghe, atti di vandalismo, sregolatezze sessuali e affettive. Una vita maleducata, una vita al limite della legalità e della follia. Non è un pregiudizio indistinto nei confronti delle giovani generazioni, ma un dato di fatto. Il disagio giovanile esiste ed è sempre esistito, ma il trend è prossimo all’impennata. E questo, anche a causa del cambiamento dovuto alle necessità sociali: il nucleo familiare non costituisce più il sicuro nido per la crescita della prole. La conseguenza è una specie di “segregazione” che appanna i punti certi di riferimento per i figli. Non solo, ma i giovani oggi vivono in un contesto molto più abbiente, per cui dispongono di molte più risorse, senza dover affrontare particolari sacrifici personali. Si trovano a vivere in una società dove la politica istituzionale ha smarrito la bussola delle regole che dettano il buon costume e la convivenza civile, dove le ordinanze dei governanti – la sinistra – alleggeriscono ogni vincolo di responsabilità, e dove il fascino del “grillismo” dell’ultim’ora ha ceduto all’antipolitica profonda, quell’avversione a priori contro tutti e tutto, che finisce per estraniarli dal sistema comunitario in cui vivono, e ribellarsi senza tregua.

Destano particolare preoccupazione l’aumento del consumo di droghe, l’intensificarsi di attività illegali, le tecno-dipendenze, gli episodi di bullismo, il disprezzo e la superficialità per la scuola. Cronache quotidiane, condite da un linguaggio sempre più “portuale”, che attenta all’eleganza linguistica cedutaci dal Dante, per infarcirsi di volgarità e spregiudicatezze. Non sto novellando il capolavoro di Stanley Kubrick, “Arancia Meccanica”, che con scene di cruda violenza, raccontava le avventure di un giovane gruppo di teppisti alla ricerca di emozioni forti. Ho semplicemente inquadrato l’obiettivo, e scattato una foto ad un momento che rischia di passare alla storia come uno dei più diseducativi possibili per le nuove generazioni. Da qualche tempo ormai la scuola non gode più di buona fama. Sparito l’incubo di vecchie e burbere istitutrici in stile signorina Rottermeier, i nuovi bulli, forti della propria insolenza, intimoriscono gli insegnanti e si impossessano della bacchetta. Hanno reso la scuola da centro della vita sociale, dell’educazione, della formazione, un luogo insicuro, attraversato da violenze quotidiane, piccole e, talora, molto grandi. Un pericolo che riflette il rapporto spesso ambiguo fra scuola e società, tra le famiglie e il sistema educativo, tra i genitori ed i professori. La scuola è una risorsa, un capitale sociale, il luogo in cui – per quanto in modo contraddittorio e traballante – si rafforza il senso civico, la solidarietà. Non lasciamo che un senso di insicurezza e maleducazione generale attentino a questo istituto. Approfitto, su questo punto, per lanciare un appello soprattutto ai governanti che con le loro massicce dosi di demagogia a basso prezzo, spingono ormai da tempo verso un disinteresse totalmente esplicito, tipico di chi, prima causa e poi fa finta di non saper diagnosticare i mali della società.

Si possono, infatti, risolvere i problemi con iniziative populiste e demagogiche, che hanno solo effetto su quella parte di opinione pubblica che vive su Marte? Mi riferisco anche alla più azzardata politica di alcuni esponenti della sinistra che, ancora affascinati dai peggiori aspetti del ‘68, continuano a difendere la droga e la cultura dello sballo. Risultato: l’aver dato vita ad una generazione irresponsabile e stordita che propende per il cervello annebbiato dalle droghe. Nella precedente legislatura abbiamo provato a ridurre questi rischi introducendo una legge, la Fini-Giovanardi, che, aldilà della fuorviante differenziazione tra droga leggera e droga pesante, lanciava un messaggio chiaro e deciso: la droga è droga, e fa male sempre! I giovani che consumano droga non si giustificano più per disagio, ma per evasione. La droga, insomma, è diventata un trend. A chi le colpe? Si potrebbe generalizzare, assegnando ad ognuno un certo grado di responsabilità. Ma preferisco andare all’origine e alla conclusione del problema: la colpa è di coloro che la producono e di coloro che la consumano, ma soprattutto di coloro che la promuovono e non la combattono. Trovo imbarazzante che, di fronte a raccapriccianti statistiche che parlano di un progressivo e costante abbassamento dell’età in cui i giovani fanno la prima esperienza, c’è ancora qualcuno che, nei palazzi di governo, trova il coraggio per ingrossare la lista di morte.

Gli stessi che, ad oggi, hanno inteso risolvere solo superficialmente il problema della sicurezza stradale e dell’inasprimento di pene per i conducenti in stato d’ebbrezza. Ragazzi, l’alcol fa male! Si dice che “prima l’uomo beve un bicchiere, poi il bicchiere beve il bicchiere, infine il bicchiere beve l’uomo”. è una verità incontestabile. Chi vuole quindi spaccarsi il fegato, lo faccia pure, ma non prima di guidare l’automobile. In altri paesi europei vige già la consuetudine di eleggere il “guidatore sobrio” che riporterà tutti a casa dopo la discoteca, o dopo il ristorante. In Italia, invece, ancora troppo vaghe le regole che normano l’acquisto ed il consumo di alcol, così come ancora troppo buoniste le leggi che sanzionano i trasgressori. Le recenti disposizioni in materia che hanno introdotto l’inasprimento delle sanzioni per le violazioni al codice della strada, sembrano non costituire un valido deterrente, quanto meno per tamponare il fenomeno che appare inarrestabile. I ragazzi vanno educati, la legge va perfezionata. Troppe le lacune. Ecco perché solo pochi giorni fa ho presentato alla Camera una proposta di legge recante disposizioni in materia di ritiro definitivo della patente di guida, ed interventi in materia di sanzioni e sospensione della patente. Ma mi sono altresì impegnata in Parlamento per cercare di mettere una barriera al dilagare di eccessi nocivi. Mi rendo conto che divieti e costrizioni non sono la risoluzione del problema. Non è vietando e costringendo i ragazzi che risolviamo i loro problemi. Credo che tutti i parlamentari, all’insegna dell’universalità del problema, che non dovrebbe avere colore politico o confini di territorio, debbano impegnarsi affinché si possano tenere sotto controllo, correggere o addirittura eliminare le cause che portano i giovani all’autolesionismo.

Il disagio giovanile va innanzitutto individuato, capito e studiato. Solo così si possono mettere in atto quelle misure per risolverlo. Il disagio giovanile, come ho evidenziato, resta motivo di grande allarme sociale, ma quel che è più preoccupante, è che non vi è consenso circa le sue cause e le politiche più efficaci di prevenzione. Spesso si mira a trovare un capro espiatorio su cui agire, una ricetta che possa andare bene per tutti, ma, allo stesso tempo, si corre il rischio di banalizzare il fenomeno, di non considerare contesti e persone. Troppo spesso non si fa riferimento al fatto che l’identità dei giovani non si rimodella semplicemente rielaborando informazioni ed esperienze sociali, ma si costruisce nell’interazione quotidiana, nelle relazioni con le persone. I giovani vanno seguiti con costanza. I loro sogni vanno ascoltati e capiti. Purtroppo l’esperienza italiana in materia di prevenzione psico-sociale giovanile è ancora molto limitata, mentre all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, questo approccio è ormai consolidato. Molti i progetti internazionali che prevedono interventi durante l’infanzia, ma anche in età pre-adolescenziale ed adolescenziale, lavorando sull’ambito familiare, scolastico, sulle relazioni amicali e sulle risorse della comunità. Attività che prevedono lavori in gruppo, incontri tra famiglia, scuola e servizi, potenziamento delle capacità di apprendimento dei giovani, sviluppo di abilità relazionali e sociali. Quel che è importante, è che in tutti questi interventi l’obiettivo principale sia cercare di accrescere e promuovere le risorse dei ragazzi e del contesto in cui operano, permettendo loro di provare concretamente che, di fronte a qualsiasi provocazione o problema, esiste la giusta soluzione. Ascoltiamo le grida di aiuto, riconosciamo il disagio e agiamo prima che sia troppo tardi. Enzo Biagi aveva scritto “dopo le vitamine diamo ai nostri figli anche i valori”. La sfida fondamentale è proprio questa: l’educazione al valore di un equilibrio e della propria libertà. Non uccidiamo il sogno di molti giovani che incoraggiati da Eros “continuano a pensare all’America!”, quella terra promessa. Per tutti gli altri che seguiranno la lezione della “vita spericolata ed esagerata” alla Vasco, sappiate, invece, che avrete solo svenduto il vostro futuro alla storia.

Gabriella Carlucci
Parlamentare, segretario “VII commissione”
(cultura, scienza e istruzione)

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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