Lavoro e riscatto sociale

Un detenuto che torna in libertà e non ha concrete opportunità di integrazione sociale e lavorativa, è una vittima potenziale del mercato dell’illegalità. Per questo, le iniziative di prevenzione – che possiamo definire “secondaria” e d’inclusione nella vita attiva – abbattono i costi sociali che la marginalità produce

Non c’è dubbio che l’inserimento nel mondo del lavoro oggi rappresenti uno dei problemi più importanti, forse l’obiettivo prioritario di ogni entità istituzionale, politica, etica, sociale che voglia affrontare e dare risposte concrete al disagio sociale e agli effetti provocati dallo stesso. Lavoro e legalità possono garantire reali opportunità di emancipazione ai soggetti socialmente svantaggiati e, nel contempo, creare benessere e sicurezza sociale per i cittadini. Un detenuto che torna in libertà, ma non ha concrete opportunità di integrazione sociale e lavorativa, è una vittima potenziale del mercato dell’illegalità e della criminalità organizzata, ed è un problema che ricade su tutta la società, su tutti noi, direttamente e indirettamente. D’altra parte iniziative di prevenzione – che possiamo definire “secondaria” – e d’inclusione lavorativa abbattono i costi sociali che la marginalità produce. è fondamentale, in quest’ottica, la maturazione delle istituzioni e del tessuto sociale produttivo, della responsabilità e della consapevolezza che le soluzioni scaturiscono soltanto dalla concertazione, dalla costruzione di intese e di accordi. La promozione di comportamenti socialmente responsabili da parte delle imprese e delle cooperative sociali risulta come uno strumento essenziale per favorire l’inserimento e ridurre l’esposizione dei giovani alla marginalità sociale. Il ritorno in libertà nel proprio ambiente è elemento di recidiva, perché l’essere stato in qualche modo abituato a valori quali la legalità, il sacrificio, il guadagnarsi il pane si scontra con la facilità con cui in certi ambiti il guadagno è più facile facendo attività molto meno faticose che non il lavoro. Si tende di nuovo a delinquere in quanto, rientrando nel proprio ambiente, non ci si può permettere di esser diverso. A maggior ragione deve esserci un supporto di chi ha intrapreso un’azione educativa nei confronti del minore che ha sbagliato la prima volta. Il Dipartimento ha perseguito, sia direttamente attraverso la Direzione generale del trattamento per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, sia attraverso moltissime iniziative nate dalla buona volontà e dall’attività dei centri di Giustizia Minorile sul territorio, diverse iniziative di inclusione lavorativa coinvolgendo le imprese che si sono rese disponibili. è ovvio che quando parliamo di inclusione lavorativa a carico delle imprese questa non può che essere un’attività volontaria legata più a una sensibilità e ad una riconosciuta necessità sociale che non a un obbligo.

Uno dei progetti significativi è quello nato nel 1998, nell’ambito del Centro Giustizia Minorile di Napoli, fra l’Associazione Jonathan (infatti il progetto si chiama “Progetto Jonathan”) e l’Indesit Company, a cui di recente si è aggiunta la FIAT Auto. Una scommessa credere che i ragazzi del penale potevano inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro e mantenere il ritmo della fabbrica. L’esperienza è stata positiva, sia sotto il profilo etico che sotto il profilo sociale. Il modello adottato può essere considerato a tutti gli effetti un modello valido e replicabile in altri contesti. L’esperienza nacque nel 1998 da un protocollo di intesa con il gruppo Merloni, con lo scopo di favorire l’inserimento a tempo determinato di alcuni ragazzi dell’area penale negli stabilimenti del gruppo industriale. L’idea partì dall’Indesit di Teverola (in provincia di Caserta) che aveva sostenuto un progetto d’intervento a favore degli adolescenti a rischio di esclusione sociale, donando alcuni elettrodomestici per l’allestimento della comunità dell’Associazione Jonathan. Da questo primo contatto nacquero i primi inserimenti lavorativi e negli anni successivi l’esperienza fu non solo ripetuta, ma anche consolidata, in qualche modo standardizzata, tanto che poi si è estesa a molti altri stabilimenti dello stesso gruppo Merloni. La formula è stata talmente vincente che poi è stato sottoscritto un altro protocollo d’intesa, con la FIAT Auto per lo stabilimento FIAT Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco. I progetti prevedono per i ragazzi prescelti un periodo di tirocinio formativo e un successivo inserimento nei turni delle fabbriche attraverso la sottoscrizione di un contratto di apprendistato, secondo il vigente contratto lavorativo nazionale di lavoro di settore, ma – quel che è più importante – è prevista la presenza costante di un tutore dell’Associazione che viene assunto anch’esso con le stesse modalità a tempo determinato. Altre esperienze possiamo ritrovarle sul territorio. Quella di cui il Centro Giustizia Minorile di Palermo è protagonista insieme ad altri, con il progetto “Marinando”, ha previsto la formazione e l’inserimento socio-lavorativo nel settore della pesca e del trasporto marittimo. Alcuni giovani si sono iscritti negli elenchi delle matricole della gente di mare con la qualifica di mozzo e poi si sono imbarcati con ottimi risultati proprio su navi da pesca e di marina mercantile. Il protocollo di intesa firmato nel 2006 tra il Dipartimento Giustizia minorile con il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto ha portato ad estendere questa esperienza anche a molti altri Centri di Giustizia Minorile. “Handy Cup”, altro progetto, ha visto alcuni ragazzi dell’area penale esterna del Lazio partecipare a dei percorsi velico-educativi – il cui titolo era “siamo tutti sulla stessa barca” – in cui si sono potuti apprendere i mestieri che si svolgono sulle imbarcazioni affiancati da operatori sociali e istruttori di vela. Occasione per uscire dal loro mondo e per guardarsi dentro, riflettere sui comportamenti da un lato, e nello stesso tempo per poter dimostrare di sapere governare un’imbarcazione in mare aperto.

E ancora il progetto I.S.I.S., sviluppatosi nel 2005-2006 e finalizzato ad offrire opportunità di inclusione sociale a giovani dell’area penale a rischio di coinvolgimento in attività criminali; attraverso questo progetto sono stati allestiti laboratori multimediali per l’apprendimento e l’uso dell’informatica. Obiettivo principale è quello di favorire l’inserimento delle categorie deboli sul mercato del lavoro. Anche nel mondo degli adulti ovviamente la rieducazione è importante, ma questa valenza rieducativa, di reinserimento e di mancata punizione per dare un’altra opportunità, è sicuramente la funzione che si deve necessariamente perseguire L’impresa che comprende la validità o la necessità del reinserimento dei minori può farlo sì per uno scopo soltanto etico, però normalmente deve esserci un qualcosa che l’impresa ci guadagna, la sua attività deve essere mirata comunque al riconoscimento di un vantaggio. In questo senso qualcosa si è fatto. Con la legge 407 del ’90 era già previsto che per le imprese che assumevano con contratto a tempo indeterminato lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi ci fosse la possibilità di usufruire di una riduzione del 50% dei contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di 36 mesi; ed ugualmente si faceva per le aziende artigiane,, addirittura prevedendo un esonero totale dei contributi. Ciò forse non è ancora sufficiente. La legge Smuraglia ha previsto tra le agevolazioni, per le imprese che assumono per un periodo superiore ai 30 giorni, anche con contratto a tempo parziale, detenuti o internati presso istituti penitenziari o ammessi al lavoro all’esterno, un credito di imposta per il lavoro intra ed extra murario e alcuni benefici contributivi oppure una sorta di certificazione di qualità etica dell’impresa, sollecitata anche dall’Unione Europea. Se si arrivasse davvero ad una certificazione etica delle imprese, a questa sorta di “bollino blu”, questo forse potrebbe rappresentare un qualcosa che l’impresa potrebbe spendere nella sua presentazione sul mercato. Il gestore non ha alcun riferimento ad una qualità etica delle imprese sotto il profilo suddetto e quindi forse – dico forse – in questo senso un riconoscimento normativo, semmai si arrivasse alla certificazione dell’impresa sotto il profilo etico, potrebbe essere un punto in più da spendere nel privato e nei confronti delle Amministrazioni dello Stato.

Emanuele Caldarera
Direttore generale Dipartimento Giustizia Minorile
Ministero della Giustizia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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