Salviamo i minori dai modelli diseducativi

I videogiochi sono pericolosi, isolano il ragazzo dalla realtà e ne impediscono l’interazione di gruppo. L’allarme del presidente del tribunale per i minorenni di Napoli, presente al convegno nazionale sulla difesa del minore nel processo penale, tenutosi a Nisida nel Centro Studi europeo sulla devianza minorile

“I figli sono un po’ di tutti e bisogna fare in fretta a capirlo”. Con queste parole concludeva Giuseppe Montesano qualche settimana fa la sua toccante riflessione dalle colonne de Il Mattino facendo riferimento ai recenti e cruenti episodi di cronaca che hanno avuto come protagonista un sedicenne ammazzato con un colpo di coltello da un ragazzo di appena 15 anni. Si interrogava lo scrittore, e si interrogava soprattutto sull’età breve della violenza. L’episodio è accaduto a Napoli, una realtà connotata oramai da tutti come particolarmente difficile, dove atrocità del genere possono forse essere spiegate facendo ricorso alla carenza di lavoro, all’evasione scolastica, all’esistenza di una sub cultura regnante in diversi strati della realtà sociale.
Ma come inquadriamo invece comportamenti altrettanto atroci tenuti dal ragazzi appartenenti a realtà completamente differenti? Erika sapeva leggere, un lavoro ce l’avevano le persone che hanno massacrato i propri vicini. Il dato reale, contando i recenti episodi di cronaca, è che la realtà sembra essere diventata così dura e insopportabile da far desiderare la scomparsa dell’altro dalla faccia della terra. Ad un minimo cenno, sguardo frainteso non si esita ad esplodere come se un’enorme aggressività fosse in agguato e che ci rende tutti contro tutti.

Di certo un’emergenza sociale esiste, e cosa ancora più grave è che tali comportamenti stanno riguardando sempre più spesso ragazzi la cui età si è abbassata notevolmente. Allora, qual è il ruolo ed il peso insieme alla responsabilità della diffusione di nuovi modelli educativi compresi quelli ludici multimediali nel loro impatto sulla psicologia evolutiva del minore? Le dichiarazioni di un magistrato minorile, nel lanciare l’allarme, già qualche anno fa, hanno tanto fatto discutere. “Dobbiamo pensare alla prevenzione e alla rieducazione – sono le parole di Stefano Trapani, presidente del Tribunale dei minori di Napoli – perché il reato non è staccato dalla realtà in cui si vive. Le sembra che i modelli oggi trasmessi ai minori siano educativi? – ribatte il magistrato minorile – prendiamo i videogiochi con i quali i giovanissimi trascorrono la maggior parte del loro tempo. Innanzitutto isolano il ragazzo dal gruppo impedendo l’interagire del minore con i suoi coetanei, portandolo a concentrarsi solo sull’obiettivo da raggiungere nel gioco, quasi sempre con connotazioni negative. I protagonisti del videogioco devono reagire per accumulare punti e reagire in maniera violenta, solo così il giocatore, nel caso specifico il minore calato nel ruolo, viene premiato. Sono giochi conclude il presidente Trapani – attraverso i quali non si apprende nulla, che danneggiano i ragazzi veicolando dei modelli di vita violenti o comunque altamente diseducativi”.

Un allarme che il magistrato da oltre sette anni lancia dalle colonne di diversi quotidiani e che in maniera sempre più convinta ribadisce in occasione di un incontro tenutosi sull’isolotto flegreo di Nisida, dove avvocati e magistrati europei si confrontavano chiedendosi quale fosse il modo migliore per difendere un minore nel processo penale. Un “j’accuse” che il giudice minorile rivolge alle sempre più sofisticate tecniche multimediali che in maniera preponderante stanno entrando nella vita dei ragazzi sin dalla tenera età. Preoccupazione più che fondata se si pensa che il mercato dei videogame ha acquisito una potenza tale da arrivare attualmente a competere con quello dei giocattoli tradizionali. Preoccuparsi di quali valori e modelli di comportamento di cu essi sono il simbolo ci riporta sicuramente a valutare con attenta riflessione l’allarme proveniente dall’esperienza di chi tutti i giorni ha sotto gli occhi la realtà di quelli che oggi sono i più accaniti consumatori di videogiochi: i minori. Platone esortava i poeti e i commediografi a proporre eroi e immagini moralmente utili alla crescita dei ragazzi, sosteneva la tesi dell’imitazione, per cui l’esposizione a scene di violenze, per esempio, continue e gratuite possono indurre nei bambini analoghi comportamenti per imitazione e per assuefazione. Ma appare evidente che il comportamento infantile sia influenzato anche dalla famiglia, dalla scuola, dalle amicizie. Quando questi riferimenti vengono meno, è allora che l’azione del video può diventare centrale. In definitiva un bambino solo è scoperto, e dunque più facilmente influenzabile, ma il problema evidentemente non è il videogioco o la tv, ma la solitudine. A questo probabilmente faceva riferimento il presidente Trapani quando nel lanciare l’allarme ha richiamato al proprio ruolo la “famiglia e la scuola colpevoli di essere poco presenti nella vita del minore con la conseguenza di lasciare troppo spazio ai cattivi maestri”.

Grazia Russo
Giornalista pubblicista – Direzione generale per la gestione
e manutenzione degli edifici giudiziari di Napoli
Ministero della Giustizia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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