Il contenuto intelligente

La differenza fra i nostri cartoni animati ed i videogiochi consiste nel fatto che siamo noi a massacrare il protagonista

Un genitore che vede il proprio figlio immerso in una partita con un videogioco deve preoccuparsi? Credo proprio di no. Perché mai? Direi che qualche preoccupazione deve venirgli se il pargolo si mostra completamente assorbito da un’attività: vale per la Play Station, per l’X-Box, ma anche per la corsa od il salto in alto. Può darsi siano sintomi, quelle fissità, di una vocazione da olimpionico, ma potrebbero essere anche rivelatrici di un disagio. Meglio vigilare. Gran parte della diffidenza verso i videogiochi deriva dal fatto che i genitori li frequentano poco, od in modo del tutto diverso. E’ vero che inducono all’immobilità, con tutti i guai che ne derivano, ma anche Leopardi ebbe dei problemi senza che, per questo, i genitori a venire abbiano rimproverato i figli sollecitandoli a smetterla con la lettura. E’ vero che il restare immobili moltiplica i danni di un’alimentazione sbagliata e colma di merendine, ma questo è un buon motivo per cambiare dieta, non per rimpinzarsi di falso cioccolato in falso pan di spagna, con l’alibi della partitella successiva. La struttura informatica dei videogiochi riproduce l’uso delle scelte successive, ad albero, proponendo bivi e uscite laterali. Funzionano in quel modo le gare (virtuali) automobilistiche, ma anche qualche grande biblioteca i cui titoli sono disponibili in rete. Imparare non mi pare uno svantaggio, anzi. Certo, c’è il problema della violenza. Serio, sul quale intervenire, ma senza far confusione: i cartoni animati della nostra infanzia non erano rose e fiori, c’erano animaletti buoni cui le si faceva di tutti i colori, Paperino le prendeva di santa ragione, tacerei a proposito di Silvestro e vorrei qualcuno ricordasse l’angoscia di Alice. Non per questo ci siamo messi tutti a lanciare incudini sui passanti e, salvo qualche caso patologico, abbiamo continuato a correre per i boschi. Il salto di “qualità” dei videogiochi consiste nel fatto che il protagonista non solo può essere massacrato, ma siamo noi a massacrarlo. Direi che la questione non riguarda la macchina, ma il suo contenuto intelligente, sul quale può essere esercitato un controllo preventivo. Se ci si accorge che i figli ne fanno una malattia, che il loro giocare diventa compulsivo, che la loro solitudine ha trovato un compagno tecnologico, vuol dire che abbiamo sbagliato qualche cosa prima e, in ogni caso, il rimedio non sta nello spegnere, con aria di rimprovero, la macchina, ma nel sedersi a giocare con loro. Vorrei, infine, mettere in guardia da un “rimedio” che vedo molto adottato e che mi preoccupa non poco: siccome il giovine se ne sta troppo fermo e solo lo si iscrive a scherma, pianoforte, pittura e canto corale. Tutte cose bellissime ma che se fatte per assecondare i timori dei genitori risultano essere da deficienti. Ricordo di avere passato molto tempo a guardare il soffitto, da solo, a pensare. Non credo mi abbia fatto male, ma può anche darsi che chi sia giunto fin qui sia di parere opposto.

Davide Giacalone
Direttore dei periodici “La Ragione” e “Smoking”,
Già capo della Segreteria del presidente del Consiglio dei Ministri,
già consigliere del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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