Le chimere esistono fra noi 

Per caso, in gravidanza o per i trapianti

Venerdì 15 settembre 2023, La Ragione

Era il 1984 quando il genetista britannico Alec Jeffreys definì il concetto di Dna fingerprinting: impronte del Dna caratterizzate da geni polimorfi, diversi da individuo a individuo, che possono essere utilizzati per identificarci in maniera precisa. Questo assunto è vero nella maggior parte dei casi ma esistono delle eccezioni.
Sembra infatti che un singolo organismo possa avere anche cellule con Dna diversi fra loro. Si tratta di una condizione rara e questi soggetti si chiamano chimere, termine che deriva dalla mitologia greca: un essere in parte leone, capra e drago.
Negli animali il chimerismo è conosciuto da tempo. Ci sono casi di animali che si sviluppano da cellule uovo fecondate con spermatozoi diversi. I tessuti originano quindi da differenti linee germinali che convivono nello stesso organismo. Fra i felini è un evento frequente, nei gatti si manifesta con il muso di due colori ben distinti fra loro. Nell’uomo invece la prima chimera umana è stata segnalata soltanto nel 1953. Il caso fu pubblicato sul “British Medical Journal”. Si trattava di una donna con il sangue di due tipi diversi.

Il fenomeno colpisce più frequentemente le donne, spesso queste diventano chimere in fase adulta durante le gravidanze. Le cellule fetali possono alcune volte attraversare la barriera placentare e inocularsi nei tessuti della madre. Il sistema immunitario dell’organismo materno accetta le cellule del figlio per non creare una reazione immunitaria di rigetto del feto e queste cellule entrano a far parte del patrimonio cellulare della madre. Questo fenomeno può avvenire con intensità variabile: da poche cellule sparse qua e là nell’organismo materno a un’invasione tissutale consistente e permanente. Molto difficilmente queste donne vengono individuate: l’evento non è visibile macroscopicamente e per questo vengono chiamate “microchimere”. Con frequenza minore esiste anche il fenomeno opposto: cellule della madre che durante la gravidanza entrano a far parte del patrimonio cellulare del figlio.
Un altro processo, più raro, accade quando due diversi zigoti (cellule uovo fecondate) si fondono insieme durante le fasi embrionali iniziali. Di solito avviene durante una gravidanza gemellare nella quale uno dei due embrioni muore precocemente e quello che sopravvive assorbe le cellule del gemello. In questi casi il chimerismo è consistente, tutti i tessuti possono avere cellule di Dna diverso fra loro e sono questi i casi in cui può generarsi un ermafrodita (maschio e femmina contemporaneamente).
La terza causa è indotta con il trapianto di midollo osseo che porta nell’organismo cellule staminali di Dna diverso da quello dell’ospite. Queste produrranno cellule del sangue con corredo genetico del donatore, ma in alcuni casi il chimerismo può coinvolgere tutti gli organi dell’organismo ricevente.
Particolare è il caso di Chris Long (Nevada, Stati Uniti) che ha subito un trapianto di midollo osseo a causa di una leucemia. Guarito dalla malattia si è sottoposto a un’analisi del Dna. Ha così scoperto che gran parte del proprio corredo genetico, compreso quello prelevato dagli spermatozoi, proveniva dall’individuo che gli aveva donato il midollo. Lo studio più avanzato su questo fenomeno è stato pubblicato nel 2020 su “European Journal of Medical Genetics”.

Sono stati analizzati tutti gli aspetti scientifici e storici del chimerismo nell’uomo. Benché in 70 anni siano stati segnalati relativamente pochi casi, c’è una crescente consapevolezza che questo fenomeno potrebbe essere più comune di quanto si pensasse finora. Se questo fosse confermato potrebbero nascere molte implicazioni mediche, sociali ma soprattutto forensi e legali. 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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