
In seguito alle violenze contro i siriani scoppiati nella città di Kayseri in Turchia e alle successive proteste in Siria contro la presenza turca nella regione, la Turchia ha deciso di chiudere i confini con la Siria.
Un attacco mirato da parte di una folla ha scatenato la guerriglia nella notte a Kayseri, città da oltre un milione di abitanti in Anatolia, regione della Turchia, nella notte tra il primo e il due di luglio. Violenti pogrom anti-siriani sono scoppiati in diverse città della Turchia, quando la folla si è riversata nelle strade, danneggiando proprietà di proprietà siriana, tra cui veicoli, negozi e case, e dando la caccia ai residenti siriani per tutta la notte. Il motivo che ha scatenato la reazione della folla è stata la notizia dell’arresto di un uomo, sempre siriano, sospettato di avere molestato una bambina sua connazionale di cinque anni.
Almeno 474 persone sono state arrestate finora, secondo il Ministro degli Interni Ali Yerlikaya. I disordini si sono rapidamente diffusi anche in altre città, mentre gruppi xenofobi si sono mobilitati per attaccare i siriani, tra cui molti rifugiati, in tutto il Paese. La violenza razzista e anti-profughi, in particolare anti-siriana, è in aumento da diversi anni in Turchia, mentre il Paese sprofonda sempre più nella crisi economica. Con oltre tre milioni di siriani residenti in Turchia, il 62% dei siriani intervistati di recente ha dichiarato di non sentirsi al sicuro nel Paese.
Gli eventi in Turchia, tuttavia, hanno scatenato disordini anche nella vicina Siria, in particolare nelle aree occupate dalla Turchia nel nord-ovest del Paese. In risposta alle pratiche razziste contro i siriani all’interno della Turchia, in particolare l’attacco alle famiglie siriane di domenica scorsa nella città di Kayseri, e la protesta contro le recenti dichiarazioni di Erdogan su un possibile incontro con Assad, le città siriane occupate di Bab, Azaz e Afrin sono infatti testimoni di proteste contro la presenza turca. Secondo le fonti, diverse manifestazioni spontanee sono sfociate in scontri e assalti alle basi turche, a cui i soldati turchi hanno risposto aprendo il fuoco. La risposta turca ha dato inizio ad una giornata di scontri armati tra popolazione, milizie jihadiste ed esercito turco, il cui bilancio non è ancora chiaro. Diverse basi turche sono state evacuate, e gli scontri sono ancora in corso. I manifestanti hanno bloccato la strada principale della città di al-Bab di fronte a una serie di camion turchi e li hanno attaccati e danneggiati. In alcuni filmati si possono vedere i manifestanti che abbattono la bandiera turca da un edificio del registro civile turco nella città di Azaz.
L’amministrazione di Ankara ha quindi deciso di chiudere i valichi di frontiera che connettono i due Paesi. Nello specifico, a venire chiusi sono stati i valichi di Bab Al-Salamah, Al-Rai, e Jarabulus. Anche in Siria è stato chiuso il confine di Bab Al-Hawa, la più importante arteria che connette Damasco con la Turchia. Questa rapida escalation tra Turchia e il suo vicino siriano avviene negli stessi giorni dell’occupazione da parte dell’esercito turco del Kurdistan iracheno, dipingendo un quadro in cui la Turchia sta chiaramente cercando di affermare la sua forza nella regione e ridefinire gli equilibri geopolitici dell’area.