Sangue artificiale

a red and blue abstract painting

Sono alcuni anni che si parla sempre più insistentemente di sangue artificiale. Questo risolverebbe i problemi legati alla carenza delle donazioni e potrebbe essere utile a chi trasfonde cronicamente a causa di malattie particolari.

Nel sangue circolano vari elementi ma soprattutto i globuli rossi: gli eritrociti, la componente più importante. Si sviluppano dagli eritroblasti, che a loro volta derivano dalle cellule staminali. Gli eritrociti però non sono vere cellule. Sono il residuo morente degli eritroblasti, hanno solo 120 giorni di vita. Hanno perso il nucleo e tutti gli organuli intracellulari, non possono più replicarsi. Sono arrivati a questo stadio di trasformazione proprio per raggiungere questo aspetto: sacchetti vuoti capaci di passare dappertutto per trasportare tramite l’emoglobina – l’unica loro proteina rimasta – ossigeno dai polmoni ai tessuti e anidride carbonica dai tessuti ai polmoni.

I primi risultati sulla realizzazione di globuli rossi artificiali arrivano nel 2010 dall’università della California e del Michigan. Vengono prodotte particelle sferiche fatte di un polimero biodegradabile e biocompatibile capaci di trasportare ossigeno tramite emoglobina. Nel 2016 i ricercatori dell’università di St. Louis rendono liofilizzabile questo preparato: una polvere rossa da sciogliere in acqua sterile che sperimentano sui topi con successo. Nel 2020 i ricercatori della University of New Mexico abbandonano le sfere di polimero e pubblicano sulla rivista Acs Nano l’idea di mescolare nanoparticelle di silice con membrane di eritrociti naturali per ottenere una bio-replica dell’eritrocita. Questi potrebbero trasportare ossigeno ma anche farmaci e biosensori.

Nel frattempo si prova anche una seconda strada.  È il 2014 quando per la prima volta vengono realizzati veri globuli rossi a partire da cellule staminali. La ricerca viene pubblicata dai ricercatori dell’Università del Wisconsin su Nature Communications.  La tecnica viene progressivamente affinata fino ad arrivare ad una mini-trasfusione di sangue artificiale sull’uomo. La sperimentazione, avvenuta in questi giorni grazie alle università di Bristol e di Cambridge, fa parte di un’iniziativa chiamata Restore che ha l’obiettivo di garantire il sangue a chi necessita di trasfusioni continue e per questo ha prodotto anticorpi multipli verso tutti i tipi di sangue. L’obiettivo è anche ridurre in questi pazienti il numero delle trasfusioni. Questo è possibile perché nel sangue “artificiale” tutti gli eritrociti hanno a disposizione i 120 giorni prestabiliti mentre nel sangue naturale, essendoci diverse anzianità di queste cellule, la durata dell’efficacia è inferiore.

Nella sperimentazione sono stati trasfusi solo pochi millilitri, più o meno un cucchiaino, circa 25 milioni di eritrociti. Per avere un volume veramente utile ci vogliono però mezzo milione di cellule staminali per produrre 50 miliardi di eritroblasti da cui si estraggono 15 miliardi di eritrociti.

La strada è quindi ancora lunga per una produzione su larga scala ma la tecnologia si avvicina sempre più alla produzione artificiale di quello che in antichità era chiamato il “simbolo della vita”.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi