Ieri in Ucraina, oggi in Russia

02Si chiamano Binetto, De Lerno, Lagorio, Porcelli, Terlizzi o Scoccimarro ma non vivono in Italia, come l’origine etimologica di alcuni loro cognomi potrebbe far pensare. La loro residenza è quasi 3 mila km più a Est, in Crimea, a Kerch, la terza città per numero di abitanti della regione secessionista. E non sono lì per lavoro dato che la Crimea è uno dei territori più poveri dell’Ucraina; forse anche per questo al referendum di metà marzo la stragrande maggioranza dei suoi abitanti ha scelto l’annessione alla Russia, nella speranza che sotto Mosca le asfittiche casse della penisola possano risollevarsi.
I nostri connazionali sono sul Mar Nero da quasi due secoli. E la buona sorte, fino alla seconda guerra mondiale, fu dalla loro parte perché molti di loro si contraddistinsero nel commercio, nella ristorazione e persino nelle arti ed in altre attività intellettuali. A cavallo fra ‘800 e ‘900 la comunità si ampliò così tanto fino a contare quasi 5 mila italiani, il 2% di tutti gli abitanti della Crimea zarista. La situazione mutò in peggio con la Rivoluzione d’Ottobre e soprattutto con le purghe staliniane dagli anni ’40 in poi, che decimarono intere generazioni accusate di collaborazionismo con i “nemici del popolo”. Molti tornarono in patria, per lo più a Roma e a Trieste. Altrettanti – o forse di più – finirono deportati nel Caucaso o in Kazakistan. In pochi sopravvissero. Non a caso la comunità conta oggi non più di 3/400 “reduci”. Il terrore del dopoguerra ha ucciso anime, menti e persino la lingua: troppo rischioso esprimersi in pubblico nell’idioma degli antenati, e così da diversi decenni la comunità parla quasi esclusivamente russo oppure ucraino. Solo negli ultimi anni qualcosa è cambiato e sono ripresi i corsi linguistici e altre attività che rinvigoriscono la memoria.
In mezzo, fra la ferrea volontà di riprendere i contatti con la (ex) patria ed il consolidamento di una realtà associativa florida e vitale, c’è la Crimea di oggi. Quella che fino a qualche mese fa sulle cartine geografiche era posizionata in Ucraina mentre adesso è passata dall’altra parte della barricata, sotto Putin. Una svolta repentina e radicale, che la comunità italiana ha vissuto in modi diversi. “Non abbiamo un punto di vista univoco – spiegano i coniugi Fedorov – ognuno la pensa a modo suo. C’è chi si sente più filorusso e chi è più vicino come mentalità all’Ucraina”. E chi, come Anna (Porcelli era il cognome dei suoi avi, Fedorova c’è scritto oggi sul passaporto) cerca comunque di guardare al futuro con ottimismo. “La Crimea, nonostante l’afflusso di vacanzieri, è sempre stata una delle regioni meno sviluppate dell’Ucraina. Per anni, le entrate derivanti dal turismo ci sono state prelevate da Kiev per essere poi usate dal governo centrale. Speriamo invece che Putin investa maggiori risorse sul nostro territorio creando infrastrutture e posti di lavoro”. Non solo: “Kerch è l’ultimo avamposto in Crimea prima della Russia – spiega il marito Igor – e potrebbe diventare il crocevia privilegiato fra Mosca e la penisola sul Mar Nero”. Speriamo.
La situazione attuale comunque è tranquilla. “A inizio marzo – riprende Anna – avevamo paura. Vedevamo truppe russe che sbarcavano in città con le navi e non sapevamo quali fossero le loro intenzioni, anche perché nessuno di loro diceva niente. E poi le televisioni ucraine sono state improvvisamente oscurate, per cui non capivamo cosa stesse succedendo. C’era timore che la Russia potesse iniziare un conflitto su vasta scala e che la reazione americana potesse trasformare la Crimea nel tragico teatro di un nuovo conflitto mondiale”.
Su come possa evolvere la crisi nell’Est, invece, ed in particolare nella regione di Donetsk, è difficile fare previsioni. “La situazione è complessa; l’indipendenza potrebbe essere una soluzione, ma senza annessione con Mosca. La Crimea in fondo ha sempre avuto una storia diversa, di maggiore autonomia e vicinanza con la Russia, loro invece no. Dipenderà molto dalle intenzioni di Putin”.
Parola di Igor e Anna. Italiani di Crimea. Italiani di Ucraina e oggi italiani di Russia.

Gabriele Lagonigro
Direttore settimanale City Sport di Trieste

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