Sport e salute, responsabilità e scelta

Marco Pangos

È compito degli adulti non abusare della fiducia dei ragazzi che devono sempre chiedersi se chi propone delle scorciatoie lo fa realmente per il loro bene o per quello delle proprie tasche

Attività di @uxilia per il progetto "un intervento psicosociale sui fattori di rischio per l'abuso delle sostanze dopanti nei contesti giovanili".

Attività di @uxilia per il progetto “un intervento psicosociale sui fattori di rischio per l’abuso
delle sostanze dopanti nei contesti giovanili”.

Per una persona, come me, da sempre abituata a frequentare stadi, palazzetti, manifestazioni sportive e che, dalla tenerissima età di cinque anni ha iniziato a frequentare le palestre di minibasket, pallavolo, pallamano, calcio per poi approdare agli sport da combattimento, la parola “sportività” ha sempre avuto un peso specifico molto importante.
Ricordo ancora il motto del mio maestro Franco, il quale, citando Pierre De Coubertin, ci insegnava che: “l’importante non è vincere ma partecipare”,
anche se poi a lui vincere piaceva, eccome se gli piaceva. Infatti, vincevamo perché eravamo i più forti, i più allenati, i più motivati a farlo: eravamo competitivi fin da bimbi.
Ricordo anche le sconfitte, brucianti, sofferte, e i momenti successivi nei quali il nostro maestro ci dimostrava tutto il suo calore umano e ci insegnava a rispettare l’avversario, l’arbitro e ad onorare sempre il risultato, qualunque esso fosse.
Andando avanti con gli anni, con l’arrivo dell’adolescenza, molti di noi hanno abbandonato la strada dello sport. Altri, come me, hanno continuato. Qualcuno è riuscito a diventare professionista, fino a vestire la maglia azzurra.
Le sostanze dopanti non sono mai entrate nel nostro mondo di ragazzi di provincia degli anni ‘80 e ‘90. Semmai, dalle nostre parti sono arrivate dopo.
Frequentando ora delle palestre grandi come supermercati, ci si accorge quanto il fenomeno del doping sia pericolosamente attuale: uomini e donne che s’improvvisano farmacisti e medici, personal trainer o psicologi che dagli armadietti, come il mago estrae il coniglio bianco dal cilindro, traggono boccettine e beveroni miracolosi e consigli che “nessuno ti darà, perché… perché ancora non sanno, fidati!”.
Ecco, proprio sul concetto della fiducia parte il mio viaggio all’interno dei licei della città di Firenze aderenti al progetto. Provocatoriamente, chiedevo agli studenti: “Ma chi vi propone il doping, lo fa per il vostro bene?”.
I moltissimi ragazzi con cui mi sono interfacciato si sono dimostrati molto attenti a tutti gli aspetti proposti, in special modo su quelli legati alle conseguenze sanitarie che il doping e i metodi dopanti comportano. Su questo argomento, i ragazzi hanno mostrato tutta la loro vivacità e tutta
la loro curiosità Moltissimi desideravano approfondire le conseguenze e le complicazioni riguardanti le diverse patologie e, in accordo con i docenti, so per certo che il progetto ha avuto un seguito anche durante le ore curricolari. Molti erano gli sportivi, all’incirca la metà degli studenti, e nessuno conosceva questo fenomeno così vicino alle loro vite. E molti sono stati anche i feedback ricevuti dai ragazzi che mi hanno lasciato comunque un buon sapore: diversamente da tutte le critiche che il mondo giovanile è costretto a subire, mi sono imbattuto in diverse centinaia di ragazzi ricchi di criterio, vivaci e curiosi, scrupolosi e ben consci della responsabilità delle loro scelte. Una generazione di studenti che si chiede i “perché” delle cose, come funziona il mondo, come funzionano loro… È compito del mondo adulto aiutarli a togliere questi punti interrogativi e accompagnarli verso l’età adulta nel modo più salutare e consapevole possibile.
I ragazzi si fidano degli adulti, ma hanno dei modelli che spesso, però, deludono: deludono i campioni dello sport che imbrogliano, deludono gli allenatori che invogliano ad imbrogliare, deludono gli insegnanti che non ascoltano e i genitori che non ci sono.
I ragazzi si fidano e talvolta sbagliano a farlo facendosi molto male.
Spetta a noi adulti assumerci l’onere e l’onore di essere dei buoni modelli, nella speranza di riuscire a far passare un buon messaggio. In tale prospettiva, il ruolo dello psicologo è gravato di ancor maggiori responsabilità perché rappresenta un target sociale per il quale le attese sono molto elevate in termini di qualità del modello comportamentale. Ciò da parte sia dei più
giovani, sia degli adulti stessi.
L’esperienza di formazione personalevissuta nelle attività di progetto ed il ruolo attivo assunto in ambito sportivo scolastico durante le attività di disseminazione sono state di grande stimolo per una riflessione profonda sul ruolo quotidiano che noi psicologi rivestiamo nelle relazioni che siamo chiamati a sviluppare negli ambiti professionali di intervento.

Marco Pangos
Psicologo e collaboratore di Auxilia Onlus per il progetto

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