L’esperienza degli psicologi del progetto: una rete per impedire la caduta

Serena Siega

La sfida rappresentata dalla costruzione di un piano di conoscenza e azione capace di appassionare giovani e adulti di riferimento

02L’esperienza come psicologa all’interno del progetto sulle tematiche del doping è stata per me davvero arricchente, dal punto di vista sia professionale, sia personale.
Il progetto, articolato in due fasi (una iniziale di formazione intensiva ed una finale di lavoro diretto con i giovani) è stato organizzato, a mia veduta, in maniera più che funzionale al suo obiettivo finale.
La formazione intensiva è stata il momento più proficuo e quello che mi ha permesso, con la sua strutturazione multidisciplinare, di appassionarmi ed approfondire il tema della prevenzione al doping in tutte le sue sfaccettature.
Molto ricche, eterogenee e complete le lezioni di formazione seguite a marzo. I docenti hanno saputo coinvolgerci come persone e come professionisti lavorando esattamente su quelli che potevano essere i punti da toccare e rielaborare poi direttamente con i ragazzi nelle classi e nelle diverse società sportive. Particolarmente interessanti per me, come psicologa clinica in età evolutiva, sono state le lezioni della professoressa Vitali, la quale, oltre a fornirci contenuti riguardanti la progettualità in oggetto, ci ha suggerito molti spunti di applicazioni cliniche/terapeutiche dello sport per bambini e adolescenti, con disabilità o meno.
L’attività finale di “project work” è stata, invece, fondamentale sia per conoscerci meglio tra noi giovani professionisti, sia per formarci riguardo le attività stesse da presentare alle scuole/società sportive. Grazie alla nostra eterogenea esperienza e provenienza formativa, siamo riusciti a costruire un intervento che non solo ha saputo coinvolgere attivamente i ragazzi nelle scuole, ma che è riuscito ad appassionare anche gli adulti di riferimento per i giovani stessi (insegnanti e allenatori).
Personalmente, sono molto contenta di come sia andato il lavoro diretto con le classi e con le società sportive. Ho lavorato nella regione Veneto con un liceo e due associazioni sportive amatoriali (discipline coinvolte: ciclismo, kick-boxing, ginnastica artistica).
Ho eseguito l’attività di formazione nel liceo con classi prime, seconde e con una quinta. La mia impressione, rispetto anche al nostro obiettivo iniziale (come l’ha definito la professoressa Vitali “far emergere nei giovani una piccola goccia di giudizio critico in un mare di poca conoscenza del fenomeno stesso”), è che il lavoro con la classe quinta è stato molto più proficuo. I
ragazzi si sono messi in gioco, avanzando domande sul doping, critiche, riflessioni… È emerso anche un dibattito/confronto sulla morale del fenomeno. Nelle classi prime e seconde, invece, l’atteggiamento riguardo l’intervento è stato più concreto e maggiormente ancorato all’uso delle sostanze dopanti in sé.
I ragazzi più giovani hanno dimostrato maggiore curiosità e interesse per le diverse tipologie di sostanze dopanti e le relative conseguenze piuttosto che per l’ambito motivazionale e/o critico (lealtà nelle competizioni, conformismo, pressione sociale, ecc.).
Posso affermare che la struttura dell’intervento ha saputo coinvolgere efficacemente e trasversalmente tutti i giovani che, nei questionari di gradimento, hanno apprezzato e posto l’accento sulla diversificazione delle attività (spiegazioni, slides, video, testimonianze sportivi, raccolta impressioni personali) e sulla rilevanza del fenomeno ancora per molti poco conosciuto o non conosciuto affatto.
Gli insegnanti hanno espresso il proprio interesse per l’iniziativa e la buona qualità del lavoro sottolineando l’importanza di effettuare tali interventi per cicli almeno triennali nelle diverse realtà scolastiche al fine di rendere il lavoro parte integrante della loro progettualità educativa.
Anche il lavoro con le associazioni sportive è stato accolto favorevolmente dai diversi giovani, dai dirigenti e dagli allenatori. Gli interventi sono stati proposti come facoltativi e non come sostituzione di allenamenti e hanno raccolto numerosi consensi e partecipazioni. I feedback provenienti da parte dei giovani sportivi sono stati globalmente positivi e ricchi di interesse.
Quello che “mi porto a casa” da quest’esperienza è un fardello ricco di nuove conoscenze, sia professionali (legate alla mia immagine di “psicologa formatrice” e alle diverse tecniche di gestione e coinvolgimento delle classi nei contesti scolastici e giovanili, al fenomeno del doping e della psicologia dello sport, ecc.) sia personali (ho costruito e “fatto rete” con tanti giovani colleghi con esperienze e formazione diverse dalla mia, mi sono messa in gioco in qualcosa non ancora sperimentato e ho imparato un sacco di cose nuove!).
Grazie mille!

Serena Siega
Psicologa, collaboratrice di Auxilia Onlus per il progetto

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