Legge elettorale: la riforma è rimandata

Susanna Svaluto

La politica diventa come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump, con la differenza che, a capitarti, sarà sempre il cioccolatino senza ripieno.

Il 24 e il 25 febbraio i cittadini si recheranno alle urne per esprimere il voto grazie al quale si verrà a delineare la nuova formazione di governo che guiderà il Paese per i prossimi cinque anni. Senza accorgersene, gli Italiani passeranno attraverso quella macchina infernale chiamata sistema elettorale, che insinua in ogni cittadino che tenti di comprenderla lo stesso stato d’animo: smarrimento! Chiunque provi ad affrontare l’argomento, alla fine rinuncia insoddisfatto, decidendo di riporre la propria fiducia in qualcun altro. Magari, questo la capirà, poi la spiegherà e la cambierà… perché qualcuno ce la farà, giusto?! Pare sia complicato anche per i nostri politici i quali, fin dalla sua entrata in vigore, hanno criticato la legge vigente (la n. 270 del 2005) e che, lo scorso novembre, su richiesta del Presidente Napolitano, avevano tentato di riformarla, con esiti negativi.
La norma attuale, quella del 2005, ha sostituito la legge Mattarella, nota come “Mattarellum”, introducendo, al posto del sistema maggioritario, quello proporzionale. Tale sistema, come è noto, favorisce le minoranze, che in questo modo trovano maggiore spazio di manovra in Parlamento, il tutto a scapito della stabilità, con il risultato di frammentare il potere decisionale. Per arginare questo inconveniente e quello posto dalle soglie di sbarramento di accesso al Parlamento, si ricorre alla formazione di coalizioni che legano i partiti minori a quelli con più largo seguito. Partendo dal presupposto che i diversi partiti sono, appunto, “diversi” (altrimenti ne esisterebbe uno unico), il fatto che siano obbligati a raggrupparsi comporta che, oltre ad avere dei punti in comune, debbano necessariamente scendere a compromessi. Questo significa che, di fronte a molteplici questioni, si innescano una serie di trattative e discussioni all’interno della stessa coalizione, a cui vanno però aggiunte anche quelle derivanti dal confronto con l’opposizione. Ciò causa una maggiore difficoltà nel trovare un accordo tra le parti in gioco ed un’inevitabile instabilità politica. Questo avviene, chiaramente, solo in teoria, perché anche all’interno dello stesso partito è difficile amalgamare i pensieri di tutti i membri.
Un’altra delle grandi questioni, sulle quali il Presidente Napolitano e la Corte Costituzionale hanno posto la loro attenzione, è la mancanza di una soglia minima da raggiungere per il partito “vincitore”. In altre parole, non esiste un punteggio minimo con il quale il partito più votato possa ottenere il primato in Parlamento e, di conseguenza, il premio di maggioranza (cioè i 340 seggi che spettano al partito maggioritario). Il rischio è che, con la legge attuale, il Paese sia guidato da un Governo che non rispecchi effettivamente il panorama elettorale, soprattutto in presenza di più partiti di un certo rilievo. Nel caso delle prossime elezioni, i partiti principali non saranno solo due, ma addirittura quattro (Pd, Lista civica, Pdl e M5S). É quindi probabile che, non solo non si raggiunga una maggioranza schiacciante da parte di un unico partito, ma che non si venga nemmeno a creare un’opposizione omogenea.
Un altro punto di forte critica in riferimento alla legge n. 270 del 2005 è rappresentato dall’introduzione delle “liste bloccate”, che preclude la possibilità per gli elettori di poter esprimere la loro preferenza per i singoli candidati, in quanto la lista viene redatta dalle segreterie dei partiti, senza consultazione diretta degli elettori (eccezion fatta per le primarie del Pd). Questo implica che i candidati non si debbano più fronteggiare di fronte ai cittadini, al fine di accaparrarsi un posto in Parlamento, ma, al contrario, possano starsene in panciolle aspettando di essere eletti. Con questo meccanismo, il cittadino non vota più la persona, ma la lista, senza sapere effettivamente chi lo rappresenterà in Parlamento: si viene così a rompere il legame diretto che si instaura tra eletto ed elettore. La politica diventa così come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump, con la differenza che, a capitarti, sarà sempre il cioccolatino senza ripieno. Numerose sono le perplessità legate a questa norma, della quale da anni si richiede una riforma. Già la definizione che Calderoli aveva dato della sua stessa legge (“è una porcata”) non era certo di buon auspicio. Tuttavia, nonostante le diverse proposte portate in Parlamento tra novembre e dicembre del 2012 da entrambe le parti, il disegno di legge è rimasto bloccato in Senato, con evidente indignazione del Presidente Napolitano. Non resta che augurarsi che la nuova legislatura affronti effettivamente la questione, arrivando, questa volta, ad una conclusione che comporti un cambiamento. Sempre che non si decida di continuare a seguire il proverbio: “Perché fare oggi quello che puoi fare domani?”

Susanna Svaluto
Collaboratrice di SocialNews

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