Il teatro come impresa e come mestiere

Filippo Renda, Gabriella Gallo

Solo dopo vent’anni si sono realizzate le condizioni per potere sperimentare la praticabilità del progetto. Formare una compagnia implicava obbligatoriamente identificare l’impresario, pertanto è stata fondata Arte e Salute, l’impresa che produce formazione e spettacoli.

Il “creare impresa” fa parte del patrimonio del movimento italiano di deistituzionalizzazione volto alla chiusura degli ospedali psichiatrici guidato da Psichiatria Democratica. Molteplici cooperative, infatti, sono state fondate per favorire l’inserimento lavorativo dei “reclusi” nei manicomi durante il periodo in cui si lavorava al loro stesso smantellamento. È stata così inventata l’impresa sociale finalizzata alla ricomposizione dell’identità sociale, dell’autonomia e della contrattualità delle persone sofferenti e volta alla produzione di beni materiali, utilizzando prevalentemente il lavoro manuale.
La composizione sociale delle persone sofferenti che gli operatori dei servizi territoriali hanno incontrato nel loro lavoro si è manifestata in modo diverso da quella delle persone recluse nei manicomi. Ai servizi si presentano, infatti, insieme alle persone che prevedevano nel loro progetto di vita un destino lavorativo come operai, interrotto dalla sofferenza, anche persone con percorsi di vita differenti che aspirano ad un lavoro di tipo intellettuale. L’itinerario formativo di questi ultimi spesso si è interrotto alle scuole superiori o all’inizio dell’Università.
Da qui la necessità di inventare progetti di inclusione sociale legati ad attività lavorative di tipo culturale per arginare i fallimenti che si verificavano nei tentativi di inserimento in attività lavorative di tipo manuale, dovuti all’errata concezione che tali persone non fossero in grado di svolgere attività di tipo intellettuale, ma potessero, invece, essere impiegate in attività pratiche semplici.
Nelle riflessioni che attraversavano il dibattito fra gli operatori sul da fare, e partendo dalla constatazione che fra le persone sofferenti vi sono le stesse percentuali di talenti presenti nella popolazione generale, si è sviluppata la necessità di capire come incanalare queste potenzialità. Da qui l’idea di percorsi di formazione e di addestramento che possano prevedere un possibile inserimento lavorativo di tipo intellettuale. Come spesso accade, l’occasione per poter immaginare una possibile e concreta realizzazione di un percorso complesso, e non ancora affrontato, come quello in questione, è stata data dall’incontro imprevisto, e pressoché casuale, con il regista teatrale Nanni Garella.
L’idea, il sogno, l’utopia di poter formare una compagnia teatrale composta dalle persone sofferenti in cura presso il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna era nata dalle discussioni che circa trent’anni fa ebbi con l’amico Nanni, oggi regista della compagnia di Arte e Salute, in occasione della sua partecipazione alle assemblee presso il servizio.
Già allora delineammo le caratteristiche fondamentali per realizzare, forse con successo, quell’idea: la selezione dei candidati e la loro formazione.
Solo dopo vent’anni si sono realizzate le condizioni per potere sperimentare la praticabilità del progetto. Formare una compagnia implicava obbligatoriamente identificare l’impresario, pertanto è stata fondata Arte e Salute, l’impresa che produce formazione e spettacoli. L’esperienza di 10 anni di attività della compagnia Arte e Salute, con i successi di critica e pubblico raggiunti, dimostrano la correttezza degli assunti di partenza e la precisione della metodologia impiegata.
Ciò è confermato dalla contemporanea esperienza sviluppatasi nei Dipartimenti di Salute Mentale dell’Emilia Romagna che ha portato alla rassegna teatrale “MoviMenti”, svoltasi in Emilia Romagna nel 2010. La qualificazione professionale raggiunta dagli attori della compagnia, riconosciuta dal pubblico e dalla critica, ha permesso, nel corso degli anni, di produrre spettacoli “da cartellone”. Ciò ha implicato l’assunzione degli attori: “i pazienti” sono diventati attori professionisti. L’identità e la qualità della loro vita, e di quella delle loro famiglie, si sono trasformate. La nuova psichiatria, nata dal movimento per la chiusura dei manicomi e per l’inclusione sociale, continua a mietere successi…

Filippo Renda
Psichiatra, cofondatore  del Progetto Arte e Salute,  membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Associazione Arte e Salute Onlus. Esponente  del movimento di Psichiatria Democratica

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“Il primo step era quello di pensare se la persona fosse adatta a questo tipo di lavoro. Tra i criteri di scelta, la prima cosa che avevamo in mente erano i talenti delle persone. Il nostro obiettivo era quello di scoprirli o riscoprirli. Mi ricordo perfettamente di una delle nostre più brave attrici, che è stata anche in tournèe con Alessandro Haber e con Nanni Garella. Prima di ammalarsi aveva una grande passione per il teatro e aveva già fatto un corso di dizione. Il dott. Renda, conoscendo la sua storia, ha pensato di proporle il teatro. L’idea era quella di partire dalla motivazione e dalla passione verso il teatro. Il secondo step era il colloquio di selezione; è importante sottolineare come il colloquio venisse svolto da un regista, e non dallo psichiatra, e che fosse lui a valutare la predisposizione e le competenze della persona. Il terzo era quello di richiedere i fondi per organizzare un vero e proprio corso di formazione per attori. Cercavamo di fare il passaggio dalla proposta di attività per “trascorrere il tempo” alla strutturazione di un corso di qualità e che sollecitava un impegno elevato da parte dei pazienti. Il progetto era ambizioso; richiedeva che anche gli operatori cambiassero il loro modo di relazionarsi ai pazienti. Meno un operatore era stato in contatto con la psichiatria, e più accoglieva positivamente le nostre proposte. Chiedevamo un impegno orario consistente, con tre giorni di prove a settimana per cinque ore (…)”.

Gabriella Gallo
Psicologa, già responsabile del Progetto Arte e salute dell’Azienda USL di Bologna

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IL CONTRIBUTO DEGLI ATTORI DELLA COMPAGNIA DI “ARTE E SALUTE”

“Questo tipo di lavoro ha significato e significa ancora molto per me. Sono entrata nel mondo del lavoro teatrale inserendomi così in un contesto sociale attivo. Ho avuto la possibilità di sperimentarmi, di sapere cosa vuol dire studiare un testo teatrale e metterlo in scena e di capire che si hanno delle capacità intellettive che neanche immaginavo di avere. Poi è stato determinante per la mia vita il fatto di aver conosciuto nello stesso contesto quello che poi è diventato mio marito. Ancora oggi credo di essere una persona molto fortunata perché siamo cresciuti in un contesto particolarmente magico. Ritengo, infine, che il teatro mi abbia aperto la mente in quanto ho ripreso lo studio anche di altre materie, cosa che prima non riuscivo assolutamente a fare.”
Deborah

“Mi dà felicità e consapevolezza sapere che sono un portavoce (anche se sono solo la punta di un iceberg) di tutti coloro che non possono e non hanno la possibilità di veicolare il proprio talento e poterlo esprimere. Grande senso di responsabilità di appartenere ad un gruppo e ad un progetto molto importante ed impegnativo. Per ultimo, ma, come si dice, non per importanza, ho conosciuto colei che è diventata la mia dolce compagna di vita.”
Moreno

“Questa esperienza mi ha dato la possibilità e la capacità di elaborare ed affrontare in modo sano ed incisivo gli stati d’animo molto dolorosi e difficili con i quali convivo da lungo tempo. Questa operazione è stata possibile grazie anche alle mie capacità intellettive, determinanti per la comprensione dei testi letterari che in questi anni ho dovuto leggere e studiare per le rappresentazioni teatrali. Sono veramente grato per il sostegno psicologico, affettivo e tecnico ricevuto dai colleghi e da tutte le persone coinvolte in questo progetto. Ciascuno, di fatto, con le proprie caratteristiche e specificità professionali e personali, è riuscito a trasmettermi la sicurezza e la stabilità necessarie per esprimere al meglio emozioni, sentimenti e stati d’animo dei personaggi da rappresentare. Attraverso l’agire teatrale, l’attore in generale, ed il sottoscritto nello specifico, riesce, attraverso la catarsi, a ridimensionare la sintomatologia del proprio disagio psichico (ansie, ossessioni, psicosi e manie). Se non mi fosse stata data questa opportunità, sarei stato sicuramente tagliato fuori dal mercato del lavoro. Oggi sono richiesti ritmi elevatissimi, livelli di competitività e richieste di prestazioni inaffrontabili per chiunque. Dopo il periodo di formazione, più volte mi è capitato di salire sul palcoscenico con attori professionisti famosi. Essere a fianco di celebrità, oltre a riempirmi di orgoglio, mi ha consentito di carpire “alcuni trucchi del mestiere” che, in diverse circostanze, sono tornati utili: per esempio, continuare a recitare anche quando la memoria tradisce. L’amore e, chissà, forse la magia del teatro, mi hanno procurato e mi procurano discreti periodi di benessere, durante i quali assumo la terapia a dosaggi veramente bassi.”
Luca

“Il teatro, per me, rappresenta un ponte in equilibrio tra sogno e realtà, tra normalità e follia, tra assurdo e scontato, tra banalità e sapienza alla ricerca di noi stessi in balia degli eventi, tra perso e ritrovato, tra normalità e genio, nullità e grandezza, anonimo e celeberrimo, interiore ed esteriore, finto e vero. Tutte queste contrapposizioni esprimono i contrasti di ogni individuo e della società. Il teatro è un’attività lavorativa che mi piace e mi interessa perché racconta la vita attraverso le emozioni, le impressioni, attraverso luci, musiche, colori e giochi di prestigio. Una specie di magia che riesce a mettere in scena e rendere visibile quello che gli occhi normalmente non riescono a vedere. Sonda, inoltre, la profondità del nostro essere dando soddisfazione all’intelletto e gusto alla vita interiore. Sento che, nel tempo, sta diventando sempre più parte del mio essere ed ha sviluppato un senso di appartenenza ad un luogo e ad un gruppo di persone. Fare l’attore non è un mestiere facile e non è soltanto divertimento, ma è anche condivisione di idee e di spazi, di difficoltà e paure. Salire sul palcoscenico è vedere il mondo con altri occhi, come se qualcuno ti stesse guardando dentro. Le luci, le scene, le quinte. Nel buio delle quinte capita sovente di entrare in contatto con le paure e le difficoltà della vita, ma anche con i nostri desideri ed i nostri sogni, non appena le luci sul palco si accendono. Attraverso il teatro riesco ad avere una rappresentazione migliore della realtà circostante e di quella interiore in quanto il palcoscenico esalta tutte le forme come un inno all’intelligenza. La compagnia di Arte e Salute è formata da un gruppo ben collaudato, si va d’accordo e si guadagna bene. Nel corso della formazione siamo stati assunti in borsa lavoro. Da qualche anno, però, facciamo gli spettacoli assunti regolarmente, in Italia ed oltralpe (Svizzera).”
Giorgia

“Quando abbiamo iniziato con il teatro, si trattava, prima di tutto, di apprendere quelle nozioni di base normalmente insegnate nelle scuole di recitazione. Abbiamo recitato in diversi teatri della nostra provincia e poi in teatri sempre più importanti di tutto il territorio nazionale. Da attività retribuita prevalentemente in borsa lavoro è diventata un lavoro vero e proprio, con il libretto ed i versamenti dei contributi Enpals. Di questa esperienza ho apprezzato l’entusiasmo con cui noi attori abbiamo affrontato gli spettacoli, superando tutti gli ostacoli che una professione impegnativa come la nostra comporta. Lavorare assieme ad un progetto fa sì che ognuno dia il meglio delle proprie possibilità. Ogni giorno contribuiamo a migliorare lo spettacolo fino a raggiungere i risultati e gli obiettivi che ci vengono assegnati. Il teatro è anche, oltre alla retribuzione, gratificazione per i complimenti che ci vengono fatti, gli applausi calorosi del pubblico e le recensioni sui vari quotidiani che spesso apprezzano il nostro lavoro. Di frequente sento dire che recitare non è un lavoro come tutti gli altri perché ci si diverte. Questo è forse il motivo per cui continuo ancora su questa strada, anche quando i momenti di depressione mi tolgono la voglia di fare.”
Roberto

“Ho iniziato quasi per scherzo. Non avrei mai immaginato di poter salire su un palco con tanta gente che mi guarda. Poi mi sono appassionata da subito e, piano piano, ho acquisito più fiducia in me stessa. Grazie ai commenti degli altri, ho ottenuto più forza e voglia di continuare. Quando ci hanno assunto la prima volta, è stata una soddisfazione enorme. Trasformare un sogno in un’attività remunerativa non ha pari. Venire retribuita per divertirmi ed emozionarmi e far divertire ed emozionare anche chi ti guarda è meraviglioso, una cosa indescrivibile. Certo, io oggi faccio fatica a sbarcare il lunario solo con questa attività, ma semplicemente perché sto meglio di quando ho iniziato e sono cresciute le mie aspettative e le mie esigenze. Credo che il progetto non solo sia riuscito in pieno, ma abbia addirittura superato le previsioni di chi l’ha ideato e di tutti noi che ne facciamo parte.”
Pamela

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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