“Hanno mollato quelli di Enel”

Alessandro Orlandin

«Vogliamo solo lavorare, mi sembra molto semplice. È incredibile come negli altri posti le riconversioni (Civitavecchia, Brindisi – ndr) siano state fatte senza problemi e qui invece si vada all’infinito».

Nel cuore del pomeriggio, ogni giorno, da oltre venticinque anni, un lungo serpentone di automobili e camioncini taglia a metà la piccola frazione di Tolle, sulla strada provinciale 38. A formarlo sono i lavoratori della centrale Enel di Polesine Camerini di ritorno dai loro turni e diretti a casa. Nei tempi in cui il gigante termoelettrico produceva al massimo, il traffico sull’unica strada principale del paese era talmente massiccio da aver indotto gli abitanti di Tolle a coniare un modo di dire dialettale usato abitualmente quando si vedono lunghe file di auto: “A’ molà qui’ dl’Enel”. Tradotto letteralmente significa “Hanno mollato quelli di Enel”, dove per “mollare” si intende uscire dal lavoro e non lasciare la presa. Oggi, però, esiste la possibilità che i lavoratori di Enel siano davvero vicini a mollare nel senso principale del termine, sfiancati da più di otto anni di attesa nei confronti di una riconversione dell’impianto da olio combustibile a carbone che per ora rimane solo sulla carta. Quando, nel 2004, Enel ha presentato il progetto per l’ammodernamento del sito, di certo non pensava che si sarebbe scatenata una furiosa battaglia politica, mediatica e giudiziaria: in meno di dieci anni si sono susseguiti consigli comunali, ricorsi al Tar, discussioni al consiglio regionale, tre blitz di Greenpeace e svariati pronunciamenti del Governo centrale. Nel frattempo, le turbine rimangono ferme, in attesa che si decida. Arrivare ai piedi della colossale ciminiera alta 250 metri provoca sensazioni strane. La centrale è immobile, sembra quasi addormentata. Ci si aspetterebbe rumore, invece passa solo un leggero ronzio, sovrastato dal fruscio dei rami spostati dal vento. Ogni tanto passa un operaio, facilmente riconoscibile dalla tuta blu con inserti arancio. Parlano poco e guardano a terra. Qualcuno di loro, però, si lascia un po’ andare durante il brevissimo momento di relax che segue l’uscita dalla mensa aziendale. «Non è che ci sia molto da dire – attacca Maurizio – L’attesa per una decisione è snervante, non abbiamo certezze di nessun tipo e quindi prendiamo le cose alla giornata». Maurizio è sulla cinquantina, lavora per una delle ditte a cui vengono assegnati gli appalti per la manutenzione delle macchine e ha preso servizio a Polesine Camerini nei primi anni ‘80, quando la centrale era nuova di zecca. «Vogliamo solo lavorare, mi sembra molto semplice. È incredibile come negli altri posti le riconversioni (Civitavecchia, Brindisi – ndr) siano state fatte senza problemi e qui, invece, si vada all’infinito». Allo stato attuale, il personale è ridotto al minimo indispensabile. Tanti dipendenti sono stati spostati in altre centrali Enel in giro per l’Italia. I lavoratori la vivono come una lotteria: «Domani siamo qui – fa sapere Fabrizio – ma tra un mese potrebbero benissimo trasferirci a Brindisi. È una condanna per noi e per le nostre famiglie». Che ci sia un costante senso d’ansia lo conferma Valentino: «C’è preoccupazione, è facile accorgersi di come sotto la patina dei discorsi quotidiani si nasconda l’incertezza verso il futuro». Il fatto è che, in otto anni, la questione si è fatta parecchio complessa: gli operai stessi tirano in ballo temi che vanno ben oltre la loro condizione di semplici lavoratori. Strategie energetiche europee, speculazioni economiche, regole e dati sulle emissioni nocive, leggi regionali e internazionali. Se c’è stato un lavoro di propaganda aziendale/sindacale, è stato condotto perfettamente. Alla fine, ci pensa ancora Fabrizio a tirare una linea con un esempio molto chiaro: «Hai mai giocato a Monopoli? Ecco, lì chi controlla l’energia vince. Qui è la stessa cosa. Si sta giocando una partita tra interessi particolari molto forti, in cui il bene comune è l’ultima cosa da tenere in considerazione. E noi, allo stato attuale, siamo solo piccole pedine sul tabellone».

Alessandro Orlandin
Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale – Università Alma Mater Studiorum di Bologna

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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