Sfida di civiltà

Il cammino del legislatore è complesso e difficile. Richiede coerenza ed armonizzazione, particolarmente per quanto riguarda la difesa dei diritti della donna nella delicata sfera riguardante la sfera sessuale e psicologica.

La violenza sessuale è un fenomeno attuale, doloroso e preoccupante. La donna non è ancora considerata uguale all’uomo, se è vero che si continua a calpestarne la dignità, esercitando su di essa le più diverse forme di violenza. Ancora, dopo l’ennesima celebrazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, occorre gridare che tale violenza costituisce ostacolo all’eguaglianza ed allo sviluppo del genere umano. È una mostruosità che si manifesta in un ampio spettro. Si pensi alla sterilizzazione forzata, alle forme di manipolazione genetica, ai fenomeni di pulizia etnica, al turismo sessuale, agli aborti selettivi, al commercio ai fini della prostituzione. È un problema di portata mondiale, che per vastità e pericolosità va ormai affrontato decisamente nei diversi livelli, internazionali, comunitari e nazionali, in maniera coordinata, soprattutto, e non solo, sul piano penale. Nell’ordinamento italiano vigente, il reato di violenza sessuale è stato introdotto con la Legge 11 febbraio 1996, n.66, a conclusione di un iter parlamentare particolarmente sofferto, irto di ostacoli e durato oltre un ventennio. Com’è noto, la Legge n.66 ha affrontato vigorosamente, con forte spirito innovativo, la disciplina penale relativa alla tutela della sfera sessuale della donna. Il Legislatore della n.66 ha letteralmente demolito il preesistente Titolo IX dei delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume del Codice Rocco, segnatamente gli art.519 sulla violenza carnale, 521 sugli atti di libidine violenta e 530 sulla corruzione di minorenni e li ha sostituiti con una previsione unica, l’art 609 bis. La nuova disposizione penale viene inserita nella Sezione II del Codice, relativa ai delitti contro la libertà personale, con ciò sancendo il carattere “personale” dell’interesse tutelato, di ben altro rilievo rispetto a quelli della moralità pubblica e del buon costume. Con una previsione di largo respiro, l’art.609 bis dispone che “chiunque con violenza, minaccia o abuso di autorità costringe taluno a compiere atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni” aggiungendo che è violenza sessuale anche indurre a compiere o subire atti sessuali con abuso o inganno. Si ritiene qui puntualizzare che nella induzione non possano includersi le molestie sessuali.
I problemi posti dalla nuova norma sono emersi con immediata evidenza sia in ordine alla legittimità costituzionale, sia sotto il profilo del contrasto con i principi generali del sistema penale vigente. Tra questi ultimi, il principale riguarda l’eccessiva ampiezza e genericità del comportamento che la nuova norma intende reprimere. A supporto di essa, per rispondere alla domanda su cosa intendere per “atti sessuali”, la Corte di Cassazione ha così riportato: ”Qualsiasi atto che risolvendosi in contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo, ancorchè fugace ed estemporaneo, comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato e normalmente idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella propria sfera sessuale.” Successivamente, la stessa Cassazione, allargando l’ambito delle proprie valutazioni, ha ricordato che, quelle dell’art 609 bis “sono fattispecie incriminatrici che per la loro stessa natura implicano una valutazione umana e sociale culturalmente condizionata e che la determinazione di ciò che sessualmente rilevante in sede penale non può prescindere dal riferimento culturale di una collettività in un determinato momento.” Non poche le perplessità in campo dottrinario. Ci si limita a richiamare la critica sulla forbice ampia esistente tra il minimo ed il massimo della sanzione penale comminabile ex art.609 bis, forbice ritenuta più marcata nel gioco delle aggravanti. Né si è nascosto quali difficoltà incontri il giudice nel riempimento del contenuto fattuale in termini di “atti sessuali”, anche davanti al problema se taluni atti si limitino soltanto alle molestie (non solo sul lavoro) implicando con ciò un ulteriore domanda: quali sono le molestie sessuali penalmente rilevanti? I limiti della presente riflessione esimono dal fare cenno ad altri importanti contenuti della L.n.66, nonché alle connessioni della stessa con altre disposizioni normative, tra cui quelle contenute nelle Leggi n.296/1988, recante norme contro la violenza nelle relazioni familiari e n 288/2003 in materia di tratta delle persone. È evidente che la crescita degli eventi di violenza sessuale, perpetrati in modo sempre più efferato sulle donne e sui minori, impone che si dia sollecitamente mano a misure penali integrative ed organiche del sistema.
Opportuno un cenno al recentissimo provvedimento adottato dal Governo allo scopo di assicurare con urgenza una maggiore tutela della sicurezza generale del Paese. Si tratta del D.L. 23 febbraio 2009, n.11, recante anche misure di contrasto dei reati di violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori. La fonte legislativa, in atto all’esame del Parlamento per la conversione, ha per obiettivo quello di dare un forte segnale. In questa prospettiva, appare interessante quanto disposto in materia di violenza di genere: l’inserimento nel Codice penale del reato di “stalking” quale delitto contro la libertà morale. In particolare, si prevede per gli atti di molestia e le minacce reiterate, ancor prima possano degenerare in condotte più gravi, pene che vanno dai sei mesi ai quattro anni di detenzione.
Ancora, il DL n.11 introduce l’obbligatorietà della custodia cautelare quando esistono gravi indizi di colpevolezza per i reati di violenza sessuale e di gruppo, per la prostituzione minorile ed il turismo sessuale, istituisce un numero verde per lo stalking e l’ammissione al patrocinio gratuito alle vittime di reati legati alla sfera della violenza sessuale.
Indubbiamente, il cammino del legislatore è complesso e difficile. Richiede coerenza ed armonizzazione, particolarmente per quanto riguarda il tema che qui interessa, la difesa dei diritti della donna nel delicato campo riguardante la sfera sessuale e psicologica. Non si può dire che gli obiettivi dell’art.609 bis C.P. siano stati realizzati, se non in minima parte. Si tratta di una battaglia da combattere non soltanto in campo penale, è una sfida di civiltà.

Antonella Cassisi
Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco,
Segreteria Comitato scienze sociali

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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