Le parole per dirlo

Come una fiaba può aiutare grandi e piccoli a parlare di affido e adozione internazionale.

La presenza di bambini e ragazzi adottati da famiglie italiane sta diventando una realtà discretamente diffusa ed in costante aumento e l’attenzione si è focalizzata sull’interrogativo riguardante l’adozione internazionale come possibile fattore di rischio per lo sviluppo e per l’adattamento del bambino nel nuovo paese. Al momento dell’inserimento nella nuova famiglia, i genitori si trovano, infatti, spesso di fronte un bambino doppiamente traumatizzato a causa della perdita delle proprie figure d’attaccamento primarie e, in secondo luogo, anche delle proprie radici sociali e culturali, perdite che lo pongono di fronte a una notevole sofferenza e a difficoltà d’adattamento. Nelle adozioni internazionali, come in quelle nazionali d’altronde, è possibile incontrare diversi ostacoli che rendono difficile e complessa la costruzione del legame adottivo, il cui esito non sempre è positivo, con la messa in gioco di molteplici dinamiche e sfide per tutti i protagonisti coinvolti: il bambino adottato, la famiglia naturale che a volte reclama il figlio pur avendolo abbandonato, la famiglia adottiva che fatica a trovare un equilibrio ed infine i Servizi coinvolti, che devono gestire situazioni complesse, cariche di emozioni.
A fronte di queste difficoltà è nata la “Carta dei Diritti del Bambino Adottato” promossa dalla Provincia di Milano e presentata in novembre con l’intento di favorire la riflessione e le scelte di chi deve operare, in questo campo, nell’esclusivo interesse del bambino.

Si tratta di 10 punti così declinati:
1) Ho diritto a crescere sicuro e protetto nella mia famiglia
2) I miei genitori devono essere aiutati se sono in difficoltà. Se non ce la fanno a crescermi, io ho il diritto a vivere la mia vita con genitori adottivi
3) Ho diritto ad essere ascoltato, capito e aiutato da adulti capaci di cercare i genitori giusti per me, prima di tutto nel mio paese
4) Ho diritto a vivere in un posto sicuro e ad essere preparato ai cambiamenti, pochi e solo se necessari. Tutti devono tener conto delle emozioni e dei pensieri che esprimo, e devono spiegarmi con parole chiare cosa mi sta succedendo
5) Ho diritto ad avere un tempo giusto per lasciare le persone che conosco e per fidarmi dei nuovi genitori
6) Ho diritto a tenere il mio nome, a conoscere la verità sulla mia storia e sull’adozione, ad essere aiutato a stare con gli altri
7) Ho diritto ad avere nuovi genitori preparati ad amarmi e a crescermi come figlio
8) La nostra famiglia adottiva deve essere aiutata nella nuova vita ed essere accolta da tutti
9) A scuola tutti dovranno rispettare la mia storia e darmi il tempo che mi serve per crescere e per imparare
10) Posso continuare a incontrarmi con i miei famigliari se ne ho bisogno e se anche loro sono d’accordo. Quando sarò grande potrò chiedere di sapere chi sono i genitori che mi hanno fatto nascere.
Per rispondere a questi bisogni e soprattutto avere uno strumento a misura di bambino, è nato un progetto dalla stretta collaborazione fra Carthusia Editori, CIAI Centro Italiano di aiuto all’Infanzia, e Provincia di Milano. Si tratta di un bellissimo libro dal titolo “Bibo nel Paese degli Specchi” che s’inserisce in una collana “Ho bisogno di una storia” nata proprio per dare risposte, spiegare, consolare, rassicurare attraverso libri di grande formato e illustrazioni di ampio respiro.

La storia parla col linguaggio del bambino, ne assume il suo punto di vista e cerca di guardare alle cose dalla sua altezza. La trama affronta i nodi emotivi forti dell’adozione, parla di accoglienza e di incontro tra due realtà e culture che possono essere anche molto distanti, delle fatiche e delle difficoltà del bambino ma anche dei genitori. è una storia con tante illustrazioni da leggere insieme, il genitore a voce alta, il bambino seguendo le immagini, e poi rileggere, lasciar lì e riprendere, ma anche guardare da soli. Siccome ripercorre, pur nel tono vagamente surreale di una storia, tutte le tappe che hanno portato un bambino adottivo a essere dov’è ora, è un cammino delicato; la storia servirà proprio a ridisegnarle, queste tappe, una a una, a confrontare le vicende di Bibo con le proprie. Da dove vengo? Chi sono i miei genitori biologici? Perché hanno rinunciato a me? Perché chi mi ha fatto nascere non mi ha tenuto con sé? Quanto valgo allora io, che non sono stato tenuto? è un libro che mette voglia di parlarne: del libro stesso, e di tutto quello che ci sta dietro, e di quanto sia vicino o lontano, simile o dissimile dalla propria esperienza. Un libro per riconoscersi, per valorizzare le differenze ma soprattutto per costruire una storia famigliare comune e condivisa. Oltre ai bambini e ai loro genitori il libro è dedicato a quei professionisti del mondo dei servizi e della scuola che quotidianamente si confrontano con questi temi e sono accanto alle famiglie. Le difficoltà della vita sono infatti inevitabili, fanno parte dell’esperienza umana, ma possono essere affrontate e gli ostacoli superati, proprio come accade a Bibo e ai suoi genitori, se accompagnati da operatori in cui possono riporre la loro fiducia e se ci sono strumenti adatti che sappiano parlare al cuore.

Cristina Castelli
Professore ordinario di psicologia.
Direttore del CROSS (Centro ricerca orientamento sviluppo scolastico-professionale).
Università Cattolica Milano

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi