Secondo il World Press Freedom Index (Indice Mondiale della Libertà di Stampa) del 2023 redatto da Reporters Without Borders (Reporter Senza Frontiere – RSF) – che valuta l’ambiente per il giornalismo in 180 paesi classificati dall’organizzazione –, il giornalismo è minacciato dall’industria dei contenuti falsi, che sparge ed alimenta la disinformazione e la propaganda, generando bias difficili poi da smantellare. Si è arrivati al punto che non sempre si riesce a fare una netta distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso. Questo indebolisce il giornalismo e mette a rischio il diritto all’informazione. Specialmente con l’avvento e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, i contenuti diffusi dai media sono sempre più manipolabili e a volte inaffidabili.
L’Indice rivela che la situazione è
- “molto grave” in 31 paesi (17.2 %). Di questi, sono il (%) dei territori e dei Paesi di ()
- 52.63 % del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA)
- 28.13 % dell’Asia e del Pacifico
- 14.29 % delle Americhe
- 11.32 % dell’Europa e dell’Asia centrale
- 4.17 % dell’Africa
- “difficile” in 42 (23.3 %). Di questi, sono il (%) dei territori e dei Paesi di ()
- 39.58 % dell’Africa
- 36.84 % del Medio Oriente e del Nord Africa
- 21.88 % dell’Asia e del Pacifico
- 21.43 % delle Americhe
- 5.66 % dell’Europa e dell’Asia centrale
- “problematica” in 55 (30.6 %). Di questi, sono il (%) dei territori e dei Paesi di ()
- 45.83 % dell’Africa
- 28.57 % delle Americhe
- 28.13 % dell’Asia e del Pacifico
- 26.42 % dell’Europa e dell’Asia centrale
- 10.53 % del Medio Oriente e del Nord Africa
- “soddisfacente” in 44 (24.4 %). Di questi, sono il (%) dei territori e dei Paesi di ()
- 41.51 % dell’Europa e dell’Asia centrale
- 35.71 % delle Americhe
- 21.88 % dell’Asia e del Pacifico
- 10.42 % dell’Africa
- “buono” in 8 paesi (4.4 %). Di questi, sono il (%) dei territori e dei Paesi di ()
- 15.09 % dell’Europa e dell’Asia centrale.
I primi posti sono occupati da Norvegia, Irlanda, Danimarca, Svezia e Finlandia; gli ultimi da paesi asiatici: il Vietnam al 178° posto, la Cina penultima, seguita dalla Corea del Nord, dove non c’è alcun tipo di libera stampa e si vive sotto censura. La Francia è salita al 24° posto, la Germania è scesa al 21° e gli Stati Uniti al 45° (questi ultimi non presentano alcun paese con una situazione “buona”). In seguito alla guerra scagliata contro l’Ucraina (la quale è alla 79° posizione), la Russia è scesa alla 164°, in quanto ha aumentato la propaganda mediatica e la repressione dei dissidenti e dei media indipendenti. La situazione è passata da “problematica” a “pessima” in India – la democrazia e il paese più popoloso del mondo -, che è scesa al 161° posto: con il governo del Primo Ministro Narendra Modi (BJP), i mass media vengono controllati per evitare sopratutto il diffondersi di discorsi antinazionali, mettendo il pluralismo in serio pericolo. I maggiori cali si sono verificati in Africa, dove circa il 40% dei suoi paesi si trovano in una situazione “cattiva”, specialmente Haiti (99°), il Senegal (104°), il Perù (110°), la Tunisia (121°), il Camerun (138°) e l’Eritrea (174° posto). In generale, i RSF identificano il Sahel come una cintura che sta diventando una “no-news zone”. Infine, il Medio Oriente e il Nord Africa (MENA) sono in una situazione decisamente critica, con giornalisti costantemente a rischio, in particolare in Iraq (167°), in Yemen (168°) e in Siria (175°), ma anche in generale in Arabia Saudita.
Lo stesso indice riferito all’anno 2021 dichiarò che la libertà di stampa e dei media è sempre più minacciata in tutto il mondo e il giornalismo è parzialmente o completamente bloccato nel 73% dei 180 paesi classificati dai RSF, quindi in più di 130 paesi. Ciò allarma anche gli stessi valori e principi democratici, le libertà fondamentali e i diritti umani.
In alcuni paesi, i giornalisti, i dissidenti e gli oppositori vengono violentati, denunciati, processati e incarcerati se diffondono informazioni veritiere ma scomode al governo, e questo non solo in Eurasia e nel Medio Oriente, ma anche nell’Unione Europea. Lo denuncia la ONG americana Freedom House nel rapporto Freedom in the World (Libertà nel Mondo) del 2019. La scrittrice irlandese Sally Rooney afferma che nel 2023 sono stati uccisi in tutto il mondo 99 giornalisti mentre lavoravano: di questi, 72 erano palestinesi morti durante gli attacchi di Israele. Denuncia inoltre che nella Striscia di Gaza, con la guerra in corso da ottobre, Israele non permette alle organizzazioni giornalistiche esterne di entrare nella Striscia, se non sotto stretta scorta militare. Uccidendo reporter e negando l’accesso ai media, il governo mostra la volontà di insabbiare e nascondere i fatti.
Secondo lo stesso rapporto ma riferito all’anno 2023, l’attuale governo di estrema destra guidato da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia non opera con totale apertura e trasparenza (punteggio 3 su 4), non rispettando completamente il principio di trasparenza amministrativa e accesso alle informazioni pubbliche. Inoltre, i media risultano sufficientemente liberi e indipendenti (punteggio 3 su 4), sebbene in particolare il giornalismo investigativo sia piuttosto compromesso.
La Costituzione Italiana ribadisce all’Articolo 21 che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Libertà di espressione che viene ribadita nella Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite del 1948 all’Articolo 19 – “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere” – e nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo all’Articolo 10 – “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. Questo ultimo articolo viene integrato con la libertà d’informazione nell’Articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che aggiunge al comma 2: “La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”. Gli stati membri dell’UE, dunque, devono proteggere la libertà di stampa e delle idee, ma ciò non sempre avviene – come nel caso dell’Ungheria, dove i media sono ora quasi completamente sotto il controllo del governo di Viktor Orbán.
Oggi più che mai le giornaliste e i giornalisti hanno l’arduo compito di divulgare e condividere notizie non manipolate, non di parte, non influenzate e vincolate dal governo, dai partiti o da chiunque. Queste informazioni devono poter essere discusse liberamente e apertamente, per favorire il dialogo e il dibattito libero e per preservare i valori umani. È fondamentale che sia garantito l’accesso a una stampa autonoma, trasparente, onesta e basata sui fatti – come richiesto dai giornalisti Rai che nelle scorse settimane in diretta a reti unificate hanno protestato per un’informazione “indipendente, equilibrata e plurale” affinché la Rai non sia essere il megafono della maggioranza di governo. Le libertà di stampa, di espressione, di opinione e di informazione, come la democrazia, non vanno date per scontate.