Il sapere è la prima ricchezza

L’istruzione richiede e merita sacrifici e investimenti da parte di tutti: di chi la riceve e di chi la offre. Perché un ragazzo colto e preparato è un bene prezioso non solo per se stesso, ma anche per la sua famiglia e per la società al cui servizio mette la sua preparazione

Quando si parla di abbandono scolastico, si è certamente portati a credere che questo sia un fenomeno che interessa solo marginalmente il nostro Paese, pensando (erroneamente) che sia tipico di luoghi poveri e disagiati, dove il problema dell’istruzione è davvero secondario. Insomma realtà molto lontane dalle nostre. Ma non è così. Infatti, i dati e le statistiche della cosiddetta “dispersione scolastica” da parte dei “nostri” ragazzi sono davvero impressionanti, oltre che allarmanti. Soprattutto se rapportati al grado medio di cultura del Paese, e all’impegno che – almeno sulla carta – le nostre Istituzioni hanno assunto, e continuano ad assumere, per incentivare e supportare il percorso di istruzione, sin dal grado obbligatorio, fino a quelli più elevati e specialistici. Del resto, questo preciso impegno dello Stato è sancito dall’art. 34 della nostra Costituzione, secondo il quale “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Ma allora, perché ci sono ancora così tanti adolescenti che smettono di frequentare la scuola, rinunciando all’istruzione e, dunque, a un bene tanto prezioso per il loro futuro (non solo) professionale?

I fattori sono indubbiamente molteplici.
Infatti, da un lato, la scuola (intesa sia come corpo docente, sia proprio come Istituzione) e le amministrazioni, benché, come detto, siano molto impegnate su questo fronte, sicuramente possono e devono fare molto di più per aiutare e stimolare gli studenti a superare le numerose difficoltà – anche ambientali – che possono incontrare nel loro percorso, e a sostenere le famiglie, in particolare quelle disagiate, affinché consentano ai loro ragazzi di continuare a frequentare la scuola. Dall’altro, è spesso proprio la famiglia a impedire, nei fatti, ai minori di continuare il percorso di istruzione: perché i genitori non sono in grado di far fronte ai relativi costi, o addirittura perché c’è il concreto bisogno di un reddito in più per sbarcare il lunario; o ancora, perché i genitori non riescono a comprendere gli ostacoli e i disagi con cui i figli si trovano a dover fare i conti, e finiscono per assecondare la loro resa. Nel primo caso, l’aiuto, urgente e concreto, dovrebbe arrivare dallo Stato, nel rispetto non solo di quanto stabilito proprio dalla Carta Costituzionale, ma anche dei numerosi piani di sostegno alle famiglie in difficoltà,studiati e voluti (con quali risultati pratici?) da tutti i Governi succedutisi nel tempo. Al contrario, nel secondo caso, le risorse non possono arrivare dall’esterno, ma devono essere cercate e trovate proprio all’interno del nucleo familiare. Anche tenendo presente che i genitori hanno il preciso dovere di impartire (e consentire) un’istruzione ai figli. Basti pensare che l’articolo 731 del codice penale prevede che “chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, di impartirgli o di fargli impartire l’istruzione elementare è punito con l’ammenda fino a 30 euro”. Al di là dell’irrisorietà della sanzione prevista, è importante il principio che giustifica questa norma: viene, infatti, sancita la responsabilità, penalmente rilevante, del genitore rispetto alla frequenza, da parte del figlio, almeno della scuola dell’obbligo. Non solo. L’art. 147 del codice civile stabilisce, poi, che “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”. Questo articolo di legge (che ovviamente, pur facendo espresso riferimento al matrimonio, è applicabile secondo quanto precisato dall’art. 30 della Costituzione, in via generale ai genitori e, dunque, anche a quelli non sposati), stabilisce il più ampio diritto del figlio a un’istruzione “completa”, che non si limita a quella obbligatoria, ma arriva fino agli studi universitari.

In sostanza, questo dovere coincide (o meglio, si esplicita) nell’obbligo dei genitori di mantenere e prestare assistenza morale ai figli per offrire loro, sotto ogni punto di vista, tutte quelle chanches e opportunità di vita che gli consentano sia di sviluppare la propria personalità, sia di assecondare le loro aspirazioni e inclinazioni. è evidente che questi principi a volte si scontrano con situazioni di difficoltà economica. Ma è proprio questo il caso in cui è auspicabile la concreta collaborazione tra la famiglia e le amministrazioni. Del resto l’istruzione richiede e merita sacrifici e investimenti. Da parte di tutti: di chi la riceve e di chi la offre. Perché un ragazzo colto e preparato è un bene prezioso non solo per se stesso, ma anche per la sua famiglia e per la società al cui servizio mette la sua preparazione.

Annamaria Bernardini de Pace
Avvocato divorzista, giornalista e scrittrice

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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