Rischi cardiovascolari

Maggiore è l’infiammazione dell’endotelio, la parete dei vasi sanguigni, maggiore è il rischio di subire un infarto miocardico o un ictus cerebrale nell’arco della propria vita. L’infiammazione cronica accelera infatti l’aterosclerosi e quindi la dimensione delle placche nelle arterie. Queste ostruiscono progressivamente il lume dei vasi alterando così il regolare flusso di sangue che irrora i tessuti.

Un recente studio, pubblicato sul Journal of the American Heart Association realizzato su 60mila pazienti con malattie infiammatorie croniche, ha dimostrato una maggiore frequenza di infarto e di scompenso cardiaco in questi pazienti rispetto al resto della popolazione. Secondo questa ricerca la popolazione affetta da malattie immunologiche come l’artrite reumatoide ha un rischio raddoppiato di contrarre patologie cardiovascolari proprio a causa della maggiore infiammazione delle arterie. Ovviamente se queste persone sono soggette anche ad altri agenti infiammatori come diabete, tabagismo, obesità, abuso di alcool, ipercolesterolemia il rischio diventa ancor più elevato e gli eventi ischemici sono più aggressivi e meno responsivi alle terapie.

Ma non è tutto. Vari studi stanno evidenziando che anche le microplastiche presenti nell’ambiente ed assorbite dall’organismo aumentano l’infiammazione dell’apparato cardiovascolare. Queste sono state trovate nelle feci, nella placenta, nei polmoni ed ora anche nel cuore. I ricercatori dell’Environmental Science & Technology dell’American Chemical Society riferiscono infatti di aver trovato microplastiche in molti tessuti cardiaci.

Ma non è finita qui. Secondo la ricerca condotta dall’Università della Campania Vanvitelli e pubblicata il 7 marzo scorso su The New England Journal of Medicine, le microplastiche sono presenti anche nelle placche aterosclerotiche. I risultati evidenziano che la presenza di elementi plastici nel circolo sanguigno aumenta l’infiammazione dell’endotelio e porta ad un aumento di oltre 2 volte il rischio di contrarre infarti e ictus. Il rischio cardiovascolare in questi casi non sembra però dovuto solo all’aumento dell’infiammazione. La presenza di microplastiche all’interno delle placche aterosclerotiche rende queste più fragili ed instabili. Il risultato è una maggiore possibilità di distacco e quindi di generare un trombo che può ostrure un vaso sanguigno provocando un infarto, un ictus cerebrale o un’embolia polmonare. Lo studio è stato condotto in collaborazione con numerosi enti di ricerca, tra cui Harvard Medical School di Boston, IRCSS Multimedica di Milano, le Università di Ancona, della Sapienza di Roma e di Salerno e l’IRCSS INRCA di Ancona. Sono stati analizzati 257 pazienti over 65: nelle placche aterosclerotiche è stato trovato polietilene (PE) nel 58.4% dei casi e di polivinilcloruro (PVC) nel 12.5%. Questa è la prima volta che si identificano gli inquinanti plastici come rischio cardiovascolare nell’uomo.

La presenza delle microplastiche ormai è ubiquitaria e le troviamo nell’aria come nel mare, nei fiumi e nei laghi e quindi anche nell’acqua che beviamo. Per questo motivo ormai hanno contaminato tutta la catena alimentare: pesce, carne, frutta, e verdura. Per arginare il problema un piccolo aiuto ci arriva da uno studio pubblicato in questi giorni su Environmental Science & Technology Letters. Per eliminare fino al 90% di micro e nanoplastiche dall’acqua che beviamo, senza dover ricorrere a filtri costosi, è utile la bollitura. L’efficacia di questo metodo è migliore se utilizziamo acque mediamente dure, cioè con maggiore concentrazione di sali di calcio e di magnesio.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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