Gli obblighi delle famiglie. E delle istituzioni

Nel 2004 oltre il 22% dei ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni era fermo al diploma di scuola media inferiore e non frequentava corsi di qualificazione professionale. In alcune aree quest’ultimo dato rappresenta un problema perché i giovani o scelgono di andare a lavorare precocemente o, nelle aree a rischio, vanno ad ingrossare le fila della malavita

 Oggi la lotta alla dispersione scolastica viene condotta giustamente coinvolgendo la famiglia, il territorio, le agenzie educative e formative. L’azione integrata tra i vari soggetti, sul piano della prevenzione oltre che della conoscenza del problema, risulta un altro strumento fondamentale perché il fenomeno, aldilà del singolo episodio, non diventi un problema sociale di più vasta portata. I dati statistici non creano allarme sociale rispetto alla situazione esistente cinquant’anni fa per quanto riguarda la lotta all’analfabetismo. Tuttavia nel 2004, secondo un Rapporto della Commissione europea, oltre il 22% dei ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni era fermo al diploma di scuola media inferiore e non frequentava alcun corso di riqualificazione professionale. In alcune aree del paese proprio quest’ultimo dato si presenta come un problema perché i giovani scelgono di andare a lavorare precocemente (come nelle aree economicamente più avvantaggiate)  oppure nelle aree a rischio vanno ad ingrossare le file della malavita locale. Se il problema della dispersione scolastica riguarda in particolare il percorso scolastico successivo al diploma di media inferiore, il ruolo e la responsabilità dei genitori in questo tipo di abbandono sembra perdere importanza. La norma penale (art.731 c.p.) che sanziona il comportamento di chi omette di impartire o far impartire l’istruzione si limita a fare riferimento all’istruzione elementare (ora estesa anche alla scuola media a seguito di un intervento giurisprudenziale). L’interpretazione a tale norma resa da una sentenza recente della Corte di Cassazione ha confermato il ruolo ormai marginale dato alla famiglia. Infatti è stato ritenuto che il dissenso di una quindicenne a proseguire gli studi era un giusto motivo per non condannare i genitori ai sensi dell’art. 731 c.p., avendo loro dimostrato di aver fatto tutto il possibile per far proseguire gli studi alla figlia. In questo caso nessun addebito poteva essere mosso alla famiglia riguardo l’abbandono scolastico della figlia; le cause, non rilevanti ai fini penali, dovevano quindi essere ricercate altrove.

Ma se l’applicazione dell’art. 731 c.p. sembrerebbe, per quanto sopra detto, diventare una fattispecie di reato destinata a cadere nella desuetudine, in quanto risultano ridotti a casi eccezionali i genitori che non mandano a scuola i propri figli nella scuola primaria o secondaria di primo grado: ad una più attenta riflessione ed un esame di quanto sta accadendo nel nostro paese, quanto sopra non sembra essere così certo. L’esigenza di un’applicazione rigorosa della normativa penale ed anche una modifica alla stessa sono diventati oggetto di un dibattito che anticipa inquietanti segnali che arrivano dal nostro paese. Tra i minori stranieri presenti in Italia oggi si verifica il più alto rischio di dispersione scolastica a causa in primo luogo della omessa vigilanza sull’obbligo di frequentazione della scuola da parte dei genitori. Una recente sentenza della Cassazione ha ritenuto grave l’aver omesso di impartire o far impartire l’istruzione obbligatoria da parte di un genitore, che essendo nomade avrebbe potuto “dar luogo anche ad una forma di sfruttamento minorile essendo notorio che i piccoli nomadi vengono impiegati tutto il giorno nell’accattonaggio” – osservando che le lunghe assenze da scuola dei minori – provate dalle dichiarazioni dei dirigenti scolastici – non potevano sfuggire ad un genitore ligio ai doveri inerenti alla sua potestà. Inoltre occorre ricordare il caso della scuola di Via Quaranta di Milano, dove, senza entrare nel merito della questione riguardo la richiesta di una scuola paritaria da parte dei genitori di religione islamica per i propri figli, si verificò una sorta di evasione in blocco dell’obbligo scolastico da parte di circa quattrocento famiglie. è importante una risposta ferma da parte delle istituzioni, in quanto i minori non possono essere strumentalmente privati del loro diritto allo studio da parte chi ha la responsabilità sul minore. Tutti gli esempi sopraccitati fanno pensare che l’interesse del minore non sia più prioritario per le famiglie, e che le famiglie stesse siano assecondate dalle istituzioni. Per non essere sanzionato penalmente è sufficiente dimostrare che si è fatto tutto il possibile per convincere la figlia quindicenne a non abbandonare gli studi. E l’interesse del minore? Al momento vi sono richieste di inasprimento delle pene ed anche in Parlamento giacciono proposte che prevedono il mutamento del reato ex art.731 c.p. da contravvenzione concernente l’attività sociale della pubblica amministrazione a delitto contro l’assistenza familiare con conseguente inasprimento della pena dall’ ammenda di 30 euro alla reclusione da sei mesi a tre anni.

Tuttavia la risposta a questi segnali di disagio, anche allarmanti,non potrà essere solo penale.

 Sonia Viale
Avvocato, già vicecapo Dipartimento Giustizia Minorile Ministero Giustizia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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