Le guerre tra scarpari e sportivi

Un velocista che aveva fatto il record mondiale dei cento nel 1987, Ben Johnson, a Roma, era immacolato, anche se nero, ma l’anno dopo, a Seul, gli venne ritirata la medaglia d’oro olimpica per doping. Che cos’era successo nel frattempo? Aveva cambiato marca di scarpette……

The show must go on: cinque paroline che in inglese significano lo spettacolo deve continuare. E in italiano: il morto, (pace all’anima sua) lo abbiamo già pianto, abbiamo solidarizzato abbastanza, ora lasciateci lavorare. Abbiamo i contratti con le tv, i pubblicitari, i satelliti, gli alberghi, gli spettatori, gli appassionati con yacht che hanno già prenotato la banchina a Montecarlo. Abbiamo le date del calendario intasate, dove andremo a piazzare il recupero della finale di Super Coppa Siviglia-Milan? Non sorprende dunque, che Demetrio Albertini, ex milanista ed ex azzurro, vice presidente della Federcalcio, abbia sommessamente detto in una intervista ad Affari Italiani, che, fosse stato per lui, si sarebbe orientato per un rinvio della gara per rispetto di Antonio Puerta, il ventiduenne difensore del Siviglia morto d’infarto sul campo e, per rispetto del dolore dei suoi compagni. Albertini è stato un calciatore esemplare,ora è un dirigente serio, responsabile, attento ai valori morali sensibili a certe sfumature. E non sorprende neppure, che il suo parere sommesso era e sommesso sia rimasto, ignorato o seminascosto da quasi tutta la stampa, sportiva e non, che s’è guardata bene, non dico dall’enfatizzarlo e sostenerlo, ma addirittura dal farlo arrivare con un minimo di evidenza alla gente. Non sorprende, perché le persone sensibili come Albertini e le loro posizioni siano fuori dal tempo, fuori dalla logica di un pragmatismo a volte spietato fino al cinismo.

Lo sport continua a sciacquarsi la bocca con il cognome di un signore francese: De Coubertin, che dando prova di insuperabile ipocrisia, spropositò che si gareggia non per vincere, ma per partecipare. Ma nonostante i periodici gargarismi di retorica decubertiniana, lo sport affoga sempre di più nelle acque non limpidissime di un mercantilismo intollerante di ogni interferenza, disturbo, alterazione di natura etica, che presto o tardi lo sommergerà.
Chercher l’argent: parole che in francese significano cercate i quattrini e, in tutte le altre lingue vogliono dire: quando si decide qualcosa nello sport domandatevi sempre chi ci guadagna, quali entrate si salvano, quali affari si fanno. Siviglia-Milan, la finale di Super Coppa europea a Montecarlo non può essere rinviata. Ma ai mondiali di sci in Valtellina fu rinviata una discesa non perché fosse morto qualcuno, ma semplicemente perché i cameraman erano in sciopero e, senza tv, andavano in fumo gli investimenti degli sponsor e allora fu pausa. E gli spettatori che erano andati apposta fin lassù? E gli atleti che avevano regolato la loro preparazione per quella data? Chi se ne frega.

Si plachino i censori dello spionaggio industriale in formula uno. All’Olimpiade è peggio e non da ora. Un velocista che aveva fatto il record mondiale dei cento nel 1987, Ben Johnson, Roma, era immacolato, anche se nero, ma l’anno dopo gli venne ritirata la medaglia d’oro Olimpica per doping: Ben Johnson, Seul ’88. Che cos’era successo nel frattempo? Semplice, aveva cambiato marca di scarpette. La federazione atletica tedesca rinunciò alle medaglie che Katrin Krabbe avrebbe sicuramente vinto alle olimpiadi di Barcellona ’92, indagando e denunciando la propria atleta per doping. Come mai tanto scrupolo? Semplice, la Krabbe all’epoca della repubblica democratica tedesca aveva firmato con una marca di scarpe diversa da quella che finanziava la nazionale tedesca di atletica leggera. Cosa c’entra lo sport con queste guerre sotterranee e, mica tanto, fra “scarpari” sportivi?

Oggi, la federazione internazionale di atletica leggera storce la bocca per le protesi di Oscar Pistorius: dice che gli da condizioni di vantaggio sugli altri atleti. Fioritissime balle. Pistorius è una straordinaria occasione che lo sport ha per rendersi utile all’umanità.
è l’emblema del disabile messo davvero alla pari con tutti gli altri, anzi, davanti a tutti gli altri. è la sperimentazione per affinare la tecnica di quelle protesi, renderle meno costose e metterle a disposizione di tanti esseri umani senza piedi: pensate agli invalidi delle mine. L’olimpiade di Pechino potrebbe essere la vetrina di questa svolta tecnologica, ma lo sport, nobilmente si oppone. Sapete quando disinteressatamente cederà? Ve lo dico io, quando gli esperti pubblicitari convinceranno qualche fabbricante di scarpe sportive a sponsorizzare Oscar Pistorius e a scrivere la marca sulle sue protesi, il che avverrà quando la federazione internazionale di atletica leggera sarà stata già convinta a spalancare le porte di Pechino. Niente di male, si fa per dire ovviamente. Pecunia non olet, tre paroline che in latino significano il denaro non puzza e in tutte le altre lingue del mondo, vuol dire: anche lo sport, alla faccia dell’ipocrita De Coubertin, s’è venduto l’anima. Ma allora, abbandoni certi puritanesimi, non predichi purezza di regole di sangue, non riempia le piscine con l’acqua santa, si tolga la maschera e allora, nessuno si meravigli se i compagni di Antonio Puerta sono scesi in campo a Montecarlo, perché come dicono gli inglesi, the show must go on.

Angelo Maria Perrino
Direttore di Affari Italiani
(primo quotidiano online)

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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