Basta poco per modificare…troppo

Il ciclo dell’acqua garantisce equilibri climatici e geologici fragili ma sostanziali ed importantissimi. L’uomo è il maggior predone della natura e sta tirando troppo la corda nella sua pretesa di gestione del territorio, ma dovrebbe limitare le sue pretese per garantire un futuro al nostro mondo

Il paesaggio legato ai corsi d’acqua è intriso di poesia e natura ed è facile non vederne la vulnerabilità. è questo un problema che, per un didatta come me, è essenzialmente di mancata informazione. Come geologo indosso scarponi e martello e nel paesaggio fluviale vedo forme in evoluzione, certo naturale, ma che noi continuiamo, anche involontariamente, a cercare di adattare alle nostre esigenze. L’uomo è il maggior predone della natura: è intelligente e ne approfitta per i propri scopi. è forse giusto anche così, ma in questo momento di riflessione dobbiamo renderci conto che abbiamo tirato un po’ troppo la corda e che sarebbe il caso di limitare certe nostre pretese nella gestione del territorio in genere e, in questo specifico caso, anche dell’acqua. Partirò dalla teoria e, attraverso le immagini, visiteremo alcuni nostri fiumi e torrenti per renderci conto di come la naturale evoluzione abbia bisogno dei suoi spazi. Spazi che noi dobbiamo restituire alla natura. Tutto parte dal ciclo dell’acqua, il quale prevede che i grandi serbatoi d’acqua, ossia i mari, attraverso l’evaporazione arricchiscano l’atmosfera di vapore acqueo. Nel momento in cui si trova in condizioni di temperatura e pressione non più consone, il vapore acqueo si trasforma in precipitazione, sotto forma di nebbia, pioggia, grandine o neve. L’acqua arriva così sulla superficie, dove inizia a interagire con la parte fisica del nostro mondo. Tutti sanno che l’acqua, quando arriva sulla superficie in parte torna ad evaporare, in parte viene raccolta e trasformata in utilità dalla vegetazione. Dal bilancio idrico viene tolta quella che chiamiamo evapo-traspirazione in una percentuale che può essere anche del 30-40%, quindi molto importante. Se, però, non c’è vegetazione o accadono altre cose, questa percentuale può scendere al 10%, per cui il 90% inizia a scorrere o a penetrare nel sottosuolo.

L’acqua in parte viene catturata dalle porosità del sottosuolo e portata in circolo attraverso l’infiltrazione entra nel circolo sotterraneo. In parte ruscella sulla superficie, si organizza, forma i corsi d’acqua che man mano la conducono a raccogliersi in un unico esutore e poi ad arrivare al mare. Durante questo percorso l’acqua continua ad interagire con il sottosuolo, nel senso che i fiumi hanno delle perdite o si adattano man mano alle nuove condizioni del suolo, di roccia, di vegetazione. Le variabili in gioco sono numerosissime. Cercare di adattare la natura alle nostre esigenze, invece di lasciarla libera di muoversi, può portare a delle modifiche che nel tempo rischiano di diventare anche importanti, specialmente in una regione come la nostra, piuttosto piovosa, che ha un’orografia decisamente complessa. Ci sono dei rilievi che si alzano alla velocità del fulmine dal punto di vista geologico, c’è una pianura alquanto vasta, un insieme di forme molto delicate per quanto concerne l’interazione con le acque, dato che dobbiamo sempre tener presente che nella pratica il reticolo fluviale ha a che fare ogni minuto e ogni secondo con la realtà geologica in cui si trova. Nella nostra regione affiorano rocce molto antiche e rocce formatesi recentemente, ne abbiamo di tutti i tipi, e sono il frutto di compressioni e scontri fra zolle e continenti iniziati milioni di migliaia di anni fa e che continuano tuttora. Questa geologia e questa tettonica hanno portato a imporre dei comportamenti obbligati al reticolo fluviale e in tutti i casi in cui qualcosa è obbligato ci possono essere degli sviluppi drammatici. Questo schema è forse banale nella sua semplicità, ma guardandolo in maniera filosofica ci si rende conto di come basti poco per modificare tanto. L’acqua ha la capacità di trasportare dei materiali, e di farlo in galleggiamento, nel senso che il materiale ha una densità inferiore a quella dell’acqua. Già qui emerge una prima riflessione: non è detto che la densità dell’acqua sia sempre 1. In condizioni particolari di materiale portato con sé, l’acqua può raggiungere una densità di 2.6, ossia quasi quella della roccia. Questo significa che non è detto che ci galleggiano soltanto le foglie. In certe circostanze sull’acqua possono galleggiare anche le automobili!

Altro modo di trasportare il materiale è in sospensione, quando l’acqua riesce a portare il materiale con sé anche a lunghe distanze. Questo è un materiale che in linea di principio, per quanto riguarda l’evoluzione dei corsi d’acqua, ha un’importanza minore, che però cresce nel momento in cui va a depositarsi in ambienti che necessitano, oppure che ricevono, soltanto materiali fini. Per esempio le linee di costa, le spiagge. Nella zona montana, invece, quello che è fondamentale è ciò che viene chiamato il carico di fondo, il materiale che viene movimentato o per saltazione o per rotolamento e strisciamento. Saltazione vuol dire che i granellini vengono presi in carico per alcuni secondi e poi ricadono compiendo traiettorie simili quelle di un proiettile. C’è poi tutto il materiale che non può essere preso in carico nemmeno per poco tempo ma viene spinto, fatto rotolare, strisciare sul fondo. Tutto questo rappresenta il carico di fondo, ossia tutto ciò che il fiume trasporta verso valle durante i suoi periodi di piena o comunque di movimentazione notevole. Il carico di fondo può diventare importantissimo sia nell’aumento della densità dell’acqua, sia nella modifica delle sezioni d’alveo.
In questa immagine sembra che tutto marci su una superficie piana, ma sappiamo in verità che i corsi d’acqua non hanno superfici piane e che soprattutto in montagna hanno continue variazioni di velocità, rallentamenti e accelerazioni, per cui è facile capire che anche in un normale tratto di un corso d’acqua il materiale non viene preso in carico e portato avanti fino al punto in cui si ferma. In verità in ogni tratto di fiume tutte queste modalità di trasporto possono mutare, essere più o meno intense. Questo vuol dire che abbiamo variazioni continue lungo l’alveo della normale evoluzione di trasporto, erosione, sedimentazione. A prescindere dal fatto che la velocità dell’acqua nell’alveo non è la stessa ovunque, ci sono molte resistenze. Va tenuto presente che, normalmente, un corso d’acqua ha un profilo, inteso come percorso dalla sorgente alla foce, non rettilineo, ma caratterizzato da un andamento parabolico. In pratica si ha, a monte, un tratto in cui le acque sono molto veloci, con un’alta capacità di erosione, di presa in carico di materiale e di trasporto a valle. Nel tratto intermedio il materiale preso in carico a monte viene trasportato e ridistribuito lungo il percorso. Nel tratto finale l’acqua è molto più lenta, non ha più la forza di erodere e comincia a perdere la capacità di trasporto e di deposito. Nel contempo, il flusso dell’acqua lungo questa sezione non è continuo, cambia in funzione della pioggia, della sua intensità, rapidità e quantità, nonché in funzione della larghezza e della tipologia dell’alveo. Quindi, nel corso della storia di un corso d’acqua, quel limite tracciato fra A B e C è continuamente in movimento: quando c’è poca acqua l’erosione è nulla, trasporta poco e deposita tutto; nel momento in cui c’è tanta acqua, erode molto, trasporta in lungo e deposita alla fine del proprio percorso. Quindi, ogni volta, il corso d’acqua è costretto a rimaneggiare e rimovimentare ciò che ha appena finito di costruire o appena finito di distruggere.

Questa è l’evoluzione naturale del corso d’acqua. è evidente che evolversi il corso d’acqua ha bisogno del suo letto, deve potersi muovere in spazi che gli consentano di gestire al meglio le sue “attività”. In una valle riconosciamo i diversi tipi di letto,ove si ha acqua in magra o durante il regime ordinario o durante la piena. Ampiezza significa anche velocità, che significa a sua volta erosione, trasporto e/o sedimentazione. Per cui l’evoluzione del fiume deve essere analizzata non solo in lungo, ma anche in larg: bisogna aiutare il fiume a “camminare” e ad agire in lungo e in largo in maniera il più naturale. Osserviamo, attraverso la nostra regione, quali sono i tratti di torrente abbastanza naturali e quali, invece, non lo sono più. Questo ci può aiutare a guardare i corsi d’acqua non più solo sotto il profilo artistico, non più solo dal punto di vista di pescatori di trote o di turisti, ma anche in quanto soggetti partecipi di un momento evolutivo del corso d’acqua molto importante e delicato. Il torrente Vinadia scorre in una valle a V, molto incisa, fra rocce imponenti. In questo momento, il corso d’acqua ha solo forza erosiva; durante l’erosione tutto il materiale viene preso e deposto allo sbocco in pianura, per formare un piccolo conoide. Il conoide, cioè il tratto di sbocco di un torrente in pianura, è il tratto in cui avviene la maggiore sedimentazione; è sicuramente un tratto molto delicato perché continuamente alimentato dal corso d’acqua. Di certo non è il posto ideale per la costruzione di case, fabbriche, fattorie, ponti, ecc.. Sul fianco del monte Amariana vi è un altro corso d’acqua che è in erosione prevalente, infatti manca assolutamente deposito. A monte c’è un bacino di alimentazione piccolo ma sufficientemente importante dal punto di vista del materiale. Questo è un fiume che sta erodendo in quasi tutto il suo tratto, e la parte di deposito è limitato allo sbocco, all’altezza del Tagliamento. Qui il corso d’acqua comincia ad avere una notevole attività di trasporto e sedimentazione.

L’erosione fortissima si ha solo alla testata della valle, dove ci sono le montagne che forniscono il materiale, che verrà portato giù dal corso d’acqua. Nel caso specifico, questo accade perché non è il corso d’acqua che ha creato quella valle, bensì un ghiacciaio. Oggi il fiume non ha dovuto scavarla, ma semplicemente si “accontenta” di trovarsi una via che gli consenta di portare il materiale da monte a valle. Qui si ha un’erosione pura, nel senso che l’acqua ha eroso una forra, per via di una fortissima attività erosiva. Con forte velocità trasporta via tutto il materiale. Anche qui si è in una condizione in cui l’acqua sta scavando direttamente la roccia e tutto quello che porta via viene trasportato a valle. Questo è ancora un tratto sufficientemente naturale. Qui, limitato dalla roccia più resistente sul fondo, il corso d’acqua necessita di una certa larghezza perché non riesce ad approfondirsi. Il materiale che viene preso durante le piene viene trasportato. Qui predomina normalmente l’erosione. Questo può essere normale nel momento in cui il materiale è in quantità giusta; diventa invece un problema nel momento in cui il materiale è moltissimo, come nel caso della Valle laterale del Fella. Nel caso specifico, sulla destra di questo corso d’acqua il materiale depositato era un detrito di falda consistente in frammenti di piccole dimensioni (5 cm x 5 cm circa), facilmente prendibili in carico. In questo punto c’è una condizione di veloce erosione con molto materiale a disposizione. Tale fatto è abbastanza naturale, sempre che si pensi che poi ci dovrà essere un tratto in cui tutto questo materiale verrà trasportato, e un altro in cui verrà deposto. Sapere cosa accadrà a valle evita il sorgere di preoccupazioni. Nella zona del torrente Arzino il corso d’acqua scava nella roccia e tutto il materiale preso viene portato a valle. Poco più a valle, il percorso comincia a cambiare, non c’è più quel tratto di prevalente erosione ma un tratto di trasporto con occasionale deposito. Il fiume comincia a fare delle anse, abbandona un po’ di materiale durante le magre, lo riprende in carico durante le piene. Questo alveo cambia continuamente di forma. Esistono fiumi più grandi e più importanti. Anche questi, quando arrivano in pianura, scaricano il proprio materiale. Siccome hanno vasti bacini di alimentazione e portano molto materiale, hanno normalmente bisogno di sezioni di alveo molto grandi, in cui il trasporto predominante è quello di deposito. Questo è il caso dei fiumi della nostra pedemontana, che adattano il proprio percorso in funzione dei materiali che portano con sé. Quando poi si sbocca in pianura vi è l’apice del conoide del Cellina – Meduna. I corsi d’acqua possono divagare normalmente. Questo è il percorso normale dei corsi d’acqua: raccolgono materiale in montagna, lo trasportano, lo ridepositano nelle pianure per formare delle piane alluvionali, arrivano fino al mare formando i delta, le anse e contribuendo al rifacimento delle spiagge costiere. Questa è la natura e, nonostante tutto, è quello che continuerà ad avvenire. L’acqua, però, a volte arriva copiosa, facendo entrare i fiumi in piena. Quando ciò accade i corsi d’acqua cominciano ad erodere quello che pensavamo fosse una strada sicura, a portare via la ghiaia da sotto un ponte, a portar via mulini abbandonati, a divagare abbondantemente, portando un sacco di materiale nei prati ecc… Di conseguenza l’uomo è costretto a porre riparo, contrastando l’attività di un corso d’acqua imponendogli degli obblighi. A questo punto si entra in una lotta non sempre vinta.

Qui abbiamo l’eliminazione di materiale trasportato, la costruzione di un muro che impedirà al corso d’acqua di portare altro a valle, o addirittura che devierà il corso. Nel caso specifico, ciò è stato fatto anche per proteggere una strada in cui passa un’auto ogni ora! Attualmente la strada è attraversata solo da biciclette e nonostante ciò è stata effettuata un’opera di restringimento della sezione del corso d’acqua che avrebbe, invece, tutto il diritto di divagare. Nonostante ciò, si costruiscono briglie, perchè l’intenzione dell’uomo è quella di “sigillare” il corso d’acqua. Costruita la briglia al centro, se ne è dovuta costruire una seconda poco più in là. Il corso non può più muoversi a suo piacimento. Si ha il risanamento nello stretto tratto in cui siamo andati ad operare, ma i problemi di velocità e di trasporto non fanno altro che ripresentarsi un po’ prima e un po’ dopo, raddoppiando così le problematiche. A tal proposito sta iniziando una lenta ma costante opera di persuasione dei progettisti, nel senso che oggi si possono fare una serie di interventi al fine di dare al corso d’acqua solo minimi indirizzi e non degli obblighi di legge tassativi. Questo perché non dobbiamo pensare che, una volta eseguito l’intervento, si possa voltare le spalle a quel luogo, ritenendo di aver risolto il problema. è infatti necessario eseguire una costante manutenzione seguendo il normale percorso dell’acqua e aiutandolo nella sua naturale evoluzione. Questo atteggiamento è però molto difficile da imporre perché tutti riescono a sborsare miliardi per realizzare nuovi ponti, strade, briglie ma non si trovano i soldi per pagare chi dovrebbe occuparsi della manutenzione, assolutamente necessaria nei casi in cui si è costretta la natura a fare cose che normalmente non fa. Inoltre, non ci si limita ad imporre al corso d’acqua di fare ciò che vogliamo, ma molto spesso lo priviamo addirittura delle armi con cui può vivere, sopravvivere e darci da vivere. Giustamente abbiamo bisogno di corrente elettrica, di acqua per irrigare i campi, quindi costruiamo le dighe, creiamo situazioni assolutamente contrarie al normale percorso dei corsi d’acqua, portiamo via l’acqua a certi tratti di percorso, costringiamo il corso d’acqua a lasciare tutti i suoi depositi dove vogliamo noi, e a non continuare il suo percorso in pianura, ecc.. Quindi interveniamo pesantemente anche sul quantitativo di acqua, che da un lato scorrerebbe lungo il greto e dall’altro entrerebbe a far parte del regime. Gli interventi cosi importanti costringono la natura a ribellarsi contro di noi. Le ultime diapositive sono eclatanti: certo la costruzione di autostrade ci fa comodo, ma non pensiamo a come appare il tratto di valle con due corsie di autostrada, svincoli, il tragitto della vecchia statale, una linea ferroviaria ormai inesistente, strade, case, ferrovie… questo è l’emblema di ciò che non dovremo più fare in futuro, al fine di rispettare il normale corso degli eventi e la parte storica della vita di un normale corso d’acqua. Spero di avervi convinto che i corsi d’acqua sono entità estremamente vulnerabili e che la loro vulnerabilità implica l’avvio di ulteriori vulnerabilità.
Convegno Internazionale Maravee, H2O

Franco Cucchi
Professore ordinario di geografia fisica e di geologia applicata
presso l’Università di Trieste

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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