Il genere è maschile

A differenza dei dati raccolti sugli altri media (internet, cellulari, ecc.), l’ampia diffusione di queste attività ludiche risulta fortemente orientato dal genere. Giocare è un’attività esclusivamente maschile. Proprio l’aspetto competitivo viene indicato dalle ragazze intervistate come ciò che rende maschile questo media

Il tema dei videogiochi sembra coinvolgere solo marginalmente le responsabilità dell’adulto, anche se rappresenta un “luogo” molto frequentato dalle nuove generazioni ( e non solo) in cui la motivazione di base sembra essere esclusivamente la competizione. La cronaca ci riporta puntualmente vicende di minori che esplicitano in tale ambito violenze represse o, ancor peggio, vedono risvegliare in loro comportamenti aggressivi e distorsioni nell’approccio relazionale. E’ indubbio che una grande responsabilità è da addebitare a coloro che definiscono le strategie ludiche e di contenuto di tali spazi virtuali. Ma quando sarà possibile integrare i videogiochi nell’ordinario processo formativo quale risorsa per itinerari di apprendimento e spettro di modalità relazionali e comunitive? Una recente ricerca, che su input della Commissione europea ha coinvolto altri Paesi dell’Unione Europea, ha messo in luce l’ampia diffusione di queste attività ludiche anche se il consumo risulta, a differenza dei dati raccolti sugli altri media (internet, cellulari, ecc.), fortemente orientato dal genere. Giocare è un’attività esclusivamente maschile, dato confermato sia dagli strumenti di indagine quantitativa che dalle interviste somministrate. In Italia, sia al Nord che al Sud, risulta bassa la percentuale di chi ne fa un utilizzo in rete; normalmente giocare è un’attività offline, ricorrendo all’utilizzo sia di consolle specifiche che attraverso il computer. Mai o molto raramente si accede dunque alla dimensione di rete dei giochi, non si pensa alla possibilità di giocare con sconosciuti ma si configura come un’attività prevalentemente solitaria o in condivisione con amici presenti e non virtuali. Rispetto agli usi solitari o collettivi si registra una polarizzazione nello scenario: gli intervistati risultano divisi in chi ne intravede la valenza socializzante (utili per approfondire le amicizie) e chi invece teme effetti negativi legati alla paura di restare assorbiti da usi solitari del computer. Questo secondo aspetto di non connessione dell’attività ludica ad Internet viene in parte orientato dai genitori. Le azioni di controllo non sono legate ad aspetti di contenuto; da quanto riportato i ragazzi non vengono indirizzati nella scelta dei giochi escludendo quelli con contenuto violento o con immagini/scenari inappropriati.

Gli adulti intervengono rispetto al tempo e ai compagni con cui si condivide questa attività. Se dunque consentono qualsiasi gioco, prestano attenzione a regolamentare la quantità di tempo (soprattutto se va a incidere sul tempo dello studio o ad altre attività socializzanti) e a vietare l’attività con sconosciuti incontrati in rete. Terzo aspetto interessante riguarda la motivazione all’uso. L’unica leva dei giochi è il puro divertimento. La competizione è ciò che guida nella scelta e ripetizione del gioco, sfida che riguarda sia azioni di coppia/gruppo e che indirizza verso la condivisione con altri di un medesimo gioco, sia attività individuali in cui il soggetto si misura con se stesso e con un progressivo incremento delle sue capacità/velocità. Proprio l’aspetto competitivo viene indicato dalle ragazze intervistate come ciò che rende maschile questo media. Solo un intervistato, un alto utilizzatore di Internet, sottolinea come giocare in rete rafforza la dimensione competitiva. Solo alcuni studenti collegano, dietro esplicita sollecitazione da parte dell’intervistatore, all’apprendimento, questo risulta fortemente legato al tema. I giochi si prestano per alcune discipline: storiche e logiche. Le ragazze escludono a priori qualsiasi legame (“non mi piacciono, non penso che tu possa imparare qualcosa”), alcuni ragazzi lo legano invece a fasi evolutive specifiche o a contenuti tecnici. Rispetto al primo versante, collegano la possibilità di imparare solo all’infanzia grazie alla presenza sul mercato di giochi che aiutano ad imparare lingua e logica, mentre crescendo i giochi si allontano da questi aspetti e diventano puramente un passatempo (“sono giochi d’azione”). Sul secondo versante c’è chi preferisce l’utilizzo del computer alla consolle perché almeno si impara ad utilizzare (accendere, spegnere e altri comandi) il pc. Alcuni valori aggiunti sono tratteggiati “devi essere intelligente, intuitivo, esperto… anche se tutti possono giocare” si registra dunque uno scarto tra veri giocatori e occasionali ma questi aspetti non sono tradotti in chiave di apprendimento. Non esiste dunque la percezione che i giochi siano un’opportunità cognitive anche perché i videogiochi sono media che vengono completamente estromessi dalla scuola. Infatti sono visti come strumenti legati al tempo libero che distraggono gli studenti, in completa contrapposizione con le tradizionali attività scolastiche.

Mons. Franco Mazza
Vice-Direttore Ufficio Nazionale Comunicazioni sociali CEI

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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