Specchio, specchio delle mie brame……

Stimolo di vanità e dolore, lo specchio è considerato da molti colpevole degli squilibri alimentari, dell’autodistruzione inconscia che spinge la persona anoressica a provar disgusto per il cibo 

Lo specchio, caro amico e nemico di ogni giorno, odiato ed amato, raccontato nelle fiabe e descritto nei libri di psicologia. Lo specchio, stimolo di vanità ma anche di dolore. Colpevole secondo alcuni degli squilibri alimentari, innocente quando è la percezione che abbiamo di noi stessi la causa di tutto. Immagini, figure, vanità spinte dal consumismo occidentale che condiziona i giovani, manipola le loro menti in funzione di un cliché standardizzato secondo le regole del mercato. Ed allora compaiono le abbuffate alternate al digiuno, il vomito auto-indotto, l’abuso di lassativi e diuretici, ma soprattutto lo stato emotivo inizia a modificarsi in corrispondenza all’oscillazione del peso che deve essere sempre più conforme agli standard televisivi. Alcune ricerche di psichiatria sostengono che esiste un gene specifico responsabile di ogni disordine alimentare, altri affermano che alla base ci sia un abuso sessuale. Gli studi sociali evidenziano altri fattori di rischio quali avere un familiare che soffre, o ha sofferto, di questo disturbo, crescere in una famiglia con difficoltà di comunicare o di espressioni negli affetti o appartenere ad un gruppo “a rischio” per il controllo del peso (ballerine, ginnaste, modelle ecc.). Tra i fattori scatenanti i più significativi sono le diete ferree, la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti e agli eventi stressanti che la vita impone, non essere in grado di superare le sconfitte come un fallimento amoroso, una bocciatura a scuola, un licenziamento dal lavoro, la perdita di un caro, ecc.

Ma il risultato è quasi sempre l’autodistruzione inconscia provocata dalle distorsioni cognitive e percettive. Chi soffre di anoressia ha una costante sensazione di disgusto verso il cibo. Mangia solo il necessario, l’indispensabile. La realtà è distorta, e il rapportarsi con essa è impossibile. Ma cosa fare, come aiutare queste persone che spesso non si rendono conto della propria malattia? Oggi, alcuni studiosi affermano che le terapie e psicoterapie di lunga durata sono in grado di produrre cambiamenti duraturi. Certo bisogna permettere lo sviluppo di una motivazione, è necessario eliminare i comportamenti non salutari di controllo del peso, ma forse la chiave del problema sta nella prevenzione e nel lavoro culturale necessario affinché i giovani sviluppino capacità critiche e valori più forti di quelli che attualmente caratterizzano la nostra società. Ma dove il comportamento deviante si trasforma in disturbo psicologico e da questo sfocia in malattia psichiatrica allora è necessario intervenire perché si blocchi il ciclo autodistruttivo anche se non esistono al momento dei farmaci che abbiano una indicazione specifica per la terapia dell’anoressia nervosa.. Difficile è quindi intraprendere un trattamento sanitario obbligatorio, indicato solo per pazienti che presentano un reale pericolo di vita. Difficile capire quando la persona coinvolta non è più in grado di intendere e volere.

Ma proprio in questi giorni in cui il caso Welby ha fatto discutere sulla necessità di rispettare o meno la volontà del paziente di intraprendere o meno le cure consigliate, è doveroso chiarire quale strategia adottare. Quando in questi pazienti la capacità di giudizio non è alterata il medico deve rispettare la volontà del paziente che rifiuta volontariamente e consapevolmente di nutrirsi? E quando la capacità di giudizio è compromessa come comportarsi nell’applicabilità del trattamento sanitario obbligatorio? Noi, non avendo una cura chiara ed efficace, applicando solo psicoterapie attuabili nel lungo periodo, dobbiamo affrontare il problema sia a livello scientifico e di ricerca ma soprattutto sociale ed etico. Al di là delle problematiche etico-scientifiche, comunque, l’attenzione deve essere rivolta principalmente alla persona nella sua individualità, alle sue fragilità e debolezze, al suo percorso di vita, consapevoli che il sostegno affettivo ed umano assume una fondamentale importanza nella terapia stessa.

Alessandra Guerra
Consigliere regionale Friuli Venezia Giulia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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