Ma questa bellezza è da buttare

Gli italiani che soffrono di anoressia, bulimia e obesità psicogena sono quasi 3 milioni; di questi il 95% sono donne e prevalentemente giovani. In base ai dati diffusi in novembre dalla Società Italiana di Pediatria inoltre, ben il 60,4% delle ragazze delle scuole medie dichiara che tra i suoi desideri principali c’è quello di essere più magre

Ho cominciato ad occuparmi di anoressia, e più in generale di disturbi del comportamento alimentare, quando in autunno sono arrivati sul mia scrivania alcuni dati allarmanti. Gli italiani che soffrono di anoressia, bulimia e obesità psicogena sono quasi 3 milioni; di questi il 95% sono donne e prevalentemente giovani. Ho rilevato inoltre, dai dati diffusi in novembre dalla Società Italiana di Pediatria, che ben il 60,4% delle ragazze delle scuole medie dichiara che tra i suoi desideri principali c’è quello di essere più magre. Questo dato è molto eloquente, perché non ci parla della malattia conclamata, ma ci dà comunque l’idea di quanto i modelli culturali possano incidere sulla percezione della propria persona già nell’età della pre-adolescenza. La maggior parte delle ragazze, tra l’altro, non inizia una dieta prescritta da uno specialista, ma la improvvisa in base ad una valutazione arbitraria e personale, dibattuta magari tra amiche. Se la fantasia di diventare più magre – dunque più attraenti, più accettabili e più “amabili” in conformità al modello culturale vigente – si innesta su un terreno psicologico ed emotivo connotato dai presupposti di fragilità o vulnerabilità, può accadere che l’inoffensivo progetto di “perdere qualche chilo di troppo” si trasformi in un pericoloso “obiettivo anoressico”. Per questo, come Ministro delle politiche giovanili, non potevo non occuparmi del problema. L’anoressia e la bulimia sono gravi disturbi della psiche, problemi complessi che hanno cause oscure che vanno rintracciate negli snodi difficili della vita di ciascuno che, per essere affrontati, richiedono il contributo multidisciplinare di nutrizionisti, psichiatri, psicoterapeuti ed esperti dei disturbi del comportamento alimentare.

Ma non si può negare che molte delle donne colpite dai disturbi dell’alimentazione sono giovani che hanno iniziato una dieta anche per raggiungere l’ideale fornito dalle modelle delle sfilate e delle copertine dei giornali e per inseguire un modello estetico di bellezza percepito come l’unico possibile. Per questo, ho creduto fosse necessario affiancare all’azione del Ministero della Sanità, volta ad affrontare il problema dal punto di vista prettamente sanitario, un’operazione di sensibilizzazione nei confronti di quel mondo che quotidianamente si occupa di veicolare l’immagine femminile: operatori del mondo della moda, stilisti, fotografi, agenzie di modelle, riviste specializzate. Così ho chiesto loro una presa di coscienza e un atto di responsabilità. Dopo una serie di incontri con gli operatori del settore pubblico e privato che si occupano di curare queste patologie, ho deciso di chiedere aiuto alla moda italiana per lanciare una campagna di contrasto ai disturbi del comportamento alimentare e di promozione di modelli di bellezza diversificata. Ho quindi incontrato i rappresentanti delle due più importanti associazioni che in Italia organizzano eventi di moda: la Camera Nazionale della Moda Italiana e Altaroma. Con loro è nata l’idea di un Manifesto Nazionale di autoregolamentazione della Moda italiana contro l’anoressia. Abbiamo scelto la via dell’autoregolamentazione perché volevamo avvalerci di uno strumento capace di garantire il maggior consenso possibile intorno a una serie di principi ispirati al buon senso. La bellezza, infatti, è per sua natura una “grandezza particolare”: è rischioso, dunque, identificare la bellezza in modo univoco e per giunta identificarla con il corpo magro, spesso magrissimo, troppe volte malato. D’altro canto, il mio intento non nasce dalla volontà di demonizzare l’industria della moda, uno dei motori accesi dell’economia del nostro paese, né tantomeno le modelle che, anzi, questo Manifesto vuole tutelare. Quello che insieme all’industria della moda abbiamo immaginato è un atto di responsabilità sociale d’impresa.

Entrando nel merito, il Manifesto –firmato a Roma il 22 dicembre 2006- stabilisce alcuni principi di fondo: innanzitutto la rivalutazione di un modello di bellezza “mediterranea” sano, generoso, solare, che l’Italia ha contribuito storicamente a diffondere a livello internazionale e che può essere, ancora oggi, una proposta estetica positiva non solo per le donne del nostro Paese, ma di tutto il mondo. Lo snodo centrale è quello di far in modo che si verifichi, prima delle sfilate, che le indossatrici non soffrano di disturbi alimentari conclamati. Inoltre è necessario vietare agli stilisti di far sfilare le ragazze minori di sedici anni. A rafforzare questo convincimento, la decisione del governo Prodi di innalzare l’età per la scuola dell’obbligo dai 15 ai 16 anni. Credo poi, sia opportuno promuovere l’inserimento generalizzato nella produzione delle collezioni delle taglie – fin ora considerate comode- 46 e 48. Trovo molto incoraggiante che il dibattito, partito dal nostro Paese, stia assumendo, in questi ultimi giorni, un respiro internazionale. Questo aspetto è importante perché il mondo della moda, come è noto, si muove sul mercato globale. Un Ministro della Repubblica italiana, ovviamente, non può che muoversi all’interno del perimetro segnato dai propri confini istituzionali. Ma è pur vero che -fin dall’inizio- per raggiungere una reale efficacia dell’operazione, abbiamo nutrito la speranza di ottenere un effetto domino anche fuori dai confini nazionali.

La Spagna proprio in questi ultimi giorni, ha riaperto il dibattito su questo tema, e il Governo, attraverso il suo Ministro della Sanità Elena Salgado, è arrivato a concludere un nuovo accordo con le case di produzione. Sono, inoltre, stata contattata dalle istituzioni della città di Vienna; anche la capitale austriaca, infatti, sembra molto interessata a ciò che è accaduto in Italia ed è intenzionata ad inserire all’interno del programma per la salute della donna un accordo con i media e l’industria della moda sul modello di quello italiano. Sono perfettamente consapevole del fatto che questo Manifesto rappresenti una piccola parte di ciò che si può fare nel campo del contrasto ai disturbi del comportamento alimentare. È necessario un impegno coordinato che coinvolga tutto il governo italiano. Proprio per questo, spero che il lavoro intrapreso assieme al Ministro della Sanità, Livia Turco, che ha già avviato una serie di programmi di contrasto a queste malattie, possa raggiungere importanti obiettivi. Inoltre con il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni stiamo lavorando per sviluppare programmi congiunti di prevenzione e di intervento nelle scuole. Quella che ci attende è una vera e propria sfida educativa. Noi, insomma, abbiamo fatto solo un piccolo passo. Piccolo, ma importante. Perché sono certa che la strada imboccata è quella giusta. E se l’alleanza tra moda e politica bastasse anche ad aiutare una sola di queste ragazze, a salvare una sola delle loro irripetibili e insostituibili esistenze, questa azione avrà avuto un senso. E sarà valsa la pena tentare.

Giovanna Melandri
Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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