Sono prepotente, perciò valgo

I dati statistici dicono che il fenomeno del bullismo è più elevato nelle prime fasi dello sviluppo e tende a diminuire progressivamente con l’età. Passa infatti da un 28% nella scuola elementare, al 20% nella scuola media, a circa il 10-15% nelle scuole superiori. Quindi, perché preoccuparsi se il fenomeno tende naturalmente a diminuire? Perché è in questa fascia di età che si manifesta con maggiore crudeltà, premeditazione e capacità di ferire la vittima

Il bullismo è un fenomeno di cui oggi si parla molto e se ne parla soprattutto in relazione all’età adolescenziale in cui spesso si verificano gli episodi più gravi ed inquietanti.
Gli studi inizialmente hanno analizzato il problema a partire da età precedenti: nei bambini della scuola elementare e nei ragazzi della scuola media e solo più recentemente negli studenti delle scuole superiori. In modo un po’ paradossale i dati statistici ci dicono che il fenomeno è più elevato nelle prime fasi dello sviluppo e tende a diminuire progressivamente con l’età. Come spiegare questa apparente contraddizione? Per dare una risposta a questo interrogativo andiamo ad osservare direttamente il fenomeno per coglierne gli aspetti di continuità e discontinuità rispetto a periodi precedenti.

L’andamento mette in luce che il bullismo agito, misurato come fenomeno ripetuto negli ultimi due/tre mesi, passa da un 28% nella scuola elementare, al 20% nella scuola media, a circa il 10-15% nelle scuole superiori. Quindi, perché preoccuparsi se il fenomeno tende naturalmente a diminuire? Perché è in questa fascia di età che si manifesta con maggiore crudeltà, premeditazione e capacità di ferire la vittima.
In una vasta ricerca da noi condotta su un campione originario di 1300 studenti di età 14-17 anni, seguiti longitudinalmente per 3 anni consecutivi (Progetto LUcca LOngitudinal Study of Aggression – LU. LO. S. A), è emerso che il fenomeno si attesta su valori compresi tra il 10% e il 25% a seconda della soglia di riferimento; si presenta con una percentuale più elevata di bulli rispetto alle vittime, come se “fare le prepotenze” a questa età costituisse un valore.

In rapporto alle differenze di genere, si nota che per le ragazze aumentano le esclusioni e le dicerie mentre per i maschi aumentano le minacce, i furti, le azioni di vandalismo e le offese omofobiche.
Dal punto di vista degli attori, quanto il fenomeno risulta circoscritto alla classe o travalica questi confini? Sembra che nell’età adolescenziale una parte dei fenomeni di bullismo comprenda attacchi da parte dei più grandi verso i più piccoli richiamando così il triste fenomeno del nonnismo che poggia su fattori quali l’anzianità e l’esperienza usate ai fini di prevaricare gli altri per trarne vantaggio.
Inoltre, l’incidenza del problema interessa in modo differenziato le diverse scuole: alcune come i professionali sono molto più afflitte dal problema , altre di meno.
Il quadro comparativo tra diversi fenomeni di violenza a scuola e in contesti extrascolastici (cfr. tabella 1) mette in luce come il bullismo sia tendenzialmente contenuto all’interno della scuola mentre sono allarmanti le dichiarazioni dei ragazzi e delle ragazze rispetto ai casi di violenza extrascolastica e ai comportamenti di molestia verso l’altro sesso.

La stabilità del bullismo e lo strutturarsi di carriere devianti
L’andamento nei tre anni evidenzia una chiara diminuzione dei fenomeni di vittimizzazione subita mentre sul piano dei comportamenti agiti si registra una sostanziale stabilità. La persistenza nel tempo dei comportamenti aggressivi e di bullismo configura una condizione più grave rispetto a situazioni transitorie e rimanda al significato evolutivo che alcuni comportamenti assumono in varie fasi dello sviluppo: essere bullo o vittima può avere significati diversi a seconda delle età esaminate. Ad esempio, subire le prepotenze durante la scuola elementare, in cui il fenomeno è più diffuso e frequente, può costituire una situazione meno grave rispetto all’età adolescenziale, quando il comportamento si configura come più intenzionale e circoscritto a situazioni di marginalità e rischio psico-sociale. La natura dell’esperienza, nei termini di situazione acuta o cronica, può inoltre essere rilevante per capire le conseguenze che questa ha in relazione alla tipologia e alla gravità delle difficoltà personali.

Sulla base di questi presupposti, possiamo affermare che i ragazzi che agiscono in modo prepotente o che sono spesso vittime degli attacchi dei compagni sono maggiormente a rischio rispetto a coloro per i quali questa esperienza è più breve.
Le analisi longitudinali, infatti, hanno evidenziato un gruppo di soggetti che agiscono le prepotenze in modo più stabile, i quali risultano maggiormente coinvolti in altre forme di violenza, dalle molestie sessuali ai comportamenti di aggressività fuori dalla scuola, nelle compagnie e nelle relazioni intime con il partner. E’ come se un modello di relazioni improntate al potere, tipico del bullismo, venisse generalizzato e trasferito ad altri contesti significativi di vita.
Il bullismo si lega inoltre in modo rilevante con sintomi di malessere psicologico, con comportamenti devianti ed antisociali e con abuso di alcol e di sostanze psicoattive . Diventa un indicatore di molte altre facce che il disagio può assumere in adolescenza e costituisce un osservatorio privilegiato per analizzare le potenzialità e i rischi del ragazzo.
In sintesi, da questa ricerca che aveva come obiettivo quello di capire l’andamento nel tempo dei fenomeni di aggressività, emerge come per alcuni ragazzi si strutturino progressivamente dei percorsi di crescente rischio e vulnerabilità, quelli che altri hanno definito “carriere devianti”. Proprio per il loro lento e progressivo strutturarsi nel corso dello sviluppo, diventa rilevante porre l’attenzione sulle azioni di contrasto precoce e di prevenzione che possano spezzare il ciclo di violenza tipico di alcuni gruppi e di alcune relazioni tra ragazzi e ragazze.

Ersilia Menesini
Professoressa Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Firenze

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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