“Lascialo stare!” “Non sono fatti tuoi!”

Tra i compagni, i difensori della vittima risultano ben accettati ed integrati, a differenza dei coetanei che subiscono prepotenze, in genere poco graditi. Più complessa appare la posizione dei giovani aggressivi e prepotenti, che pur ottenendo spesso livelli bassi di gradimento tra i pari, risultano comunque “popolari”, in quanto socialmente visibili.

Il bullismo si configura come un fenomeno complesso, non riducibile alla condotta prevaricante di uno o pochi giovani, ed influenzato sia da fattori individuali sia da dinamiche a livello di gruppo.
Le norme informali negoziate e condivise entro il gruppo di coetanei, ad esempio, possono indirettamente legittimare e sostenere le prevaricazioni e gli atteggiamenti prepotenti. Allo stesso modo l’identificazione acritica con il gruppo può favorire la giustificazione di sopraffazioni e molestie, se dirette contro membri di gruppi antagonisti. D’altro canto, in tempi meno recenti anche Olweus, uno fra i massimi esperti internazionali del problema, ha individuato alcuni processi attivi a livello di gruppo in grado di spiegare la persistenza del fenomeno. Entro il gruppo dei coetanei con cui si condividono tempo ed esperienze, è possibile che le prepotenze messe in atto da uno o più amici vengano imitate e che le inibizioni a rendersi autori di atti violenti vengano meno. Con un processo psicologico complesso il gruppo offre anche ai suoi componenti la possibilità di giustificare la propria condotta, riconoscendo come responsabile dell’accaduto non se stesso ma l’intero gruppo o il suo leader. Si attivano in questo modo quei meccanismi di disimpegno morale descritti da Bandura che non solo consentono di agire da prepotenti ma anche di non sentirsi in colpa se con le proprie azioni si sono violati principi e norme sociali che pure sono riconosciuti essere validi.

In questa prospettiva, che individua nelle dinamiche interpersonali fattori importanti per la comprensione del bullismo, è stato riconosciuto che esistono modalità differenti di coinvolgimento nel fenomeno. Si deve soprattutto agli studi di una psicologa finlandese, Cristina Salmivalli, l’aver posto attenzione non solo al bullo e alla vittima delle sopraffazioni, ma anche ai compagni del gruppo classe che possono partecipare alle situazioni di prepotenza come gregari e sostenitori del prepotente, come silenziosi, e omertosi, osservatori degli eventi e come difensori del compagno molestato. Se molto è ormai conosciuto riguardo alle caratteristiche psicologiche del bullo, machiavellico, intelligente e poco empatico e al profilo psicologico della vittima, spesso timida, introversa e tendente a vissuti depressivi, gli attributi a livello psicologico di chi si attiva per confortare e difendere il compagno prevaricato sono ancora poco studiati. Eppure comprendere i processi individuali e di gruppo che sospingono ad aiutare chi è sopraffatto consentirebbe di rendere ancora più efficaci gli interventi di prevenzione e contrasto del bullismo.
In termini di posizione tra i compagni, i difensori della vittima risultano ben accettati ed integrati, a differenza dei coetanei che subiscono prepotenze, in genere poco graditi ai compagni. Più complessa appare la posizione di giovani aggressivi e prepotenti, che pur ottenendo spesso livelli bassi di gradimento tra i pari, risultano comunque “popolari”, in quanto socialmente visibili.

Considerando questo insieme di conoscenze, è stata realizzata una ricerca italo-finlandese in cui sono stati esaminati il modo in cui i processi cognitivi ed affettivi che rendono possibili i vissuti empatici, la preferenza sociale e la popolarità percepita (visibilità sociale) interagiscono nel predire il comportamento prepotente, la vittimizzazione e il dare sostegno alla vittima. Allo studio hanno partecipato 266 alunni di scuola primaria (media-fanciullezza: 8-10 anni) e 195 alunni di scuola media (prima adolescenza: di 11-14 anni), di cui sono state rilevate le abilità empatiche, affettive e cognitive, il coinvolgimento nel bullismo come bullo, vittima e difensore, e lo status entro il gruppo-classe. I dati così raccolti hanno evidenziato interessanti risultati. Sia fra i più piccoli che fra i più grandi, il commettere prepotenze si associa ad una elevata popolarità ma ad uno scarso gradimento da parte dei pari (condizione questa condivisa con le vittime). Maggiori capacità empatiche dispongono ad un maggiore comportamento di aiuto verso la vittima ma questo effetto è tanto maggiore quanto più elevato è il gradimento del soggetto “aiutante” nel gruppo dei pari nonché la sua polarità specie nel gruppo dei più grandi. Mentre scarse abilità empatiche, in associazione con bassi livelli di gradimento la parte del gruppo, favoriscono la messa in atto di comportamenti prevaricanti.
Questo complesso di conoscenze e dati pone in rilievo l’importanza di attivare programmi di intervento mirati a modificare le dinamiche interne al gruppo classe. Infatti, potenziare le competenze individuali che sospingono a dare aiuto ai coetanei, come l’empatia, non è sufficiente se i compagni isolano il difensore della vittima e la vittima e se condividono norme di accettazione delle prepotenze.

Paola Di Blasio
Professore ordinario di Psicologia dello sviluppo presso la Facolta’di Psicologia.
Direttore del Centro di Ricerca delle Tecnologie dell’Istruzione (C.R.T.I.) Universita’ Cattolica
Simona Caravita
Ricercatrice dell’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore presso il Centro di Ricerca delle Tecnologie dell’Istruzione

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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