Sì alla tutela della salute. No al panico

La legge fissa a 6Volt/metro il limite, il più restrittivo d’Europa, di emissione delle antenne nei centri abitati e nelle aree densamente frequentate, come ad esempio impianti sportivi e centri commerciali. Si tratta di un livello dieci volte inferiore a quello tollerato in altri Paesi europei, perfino in quelli a forte vocazione ecologista quali la Germania, dove il livello tollerato è di 60 Volts/metro.

Negli ultimi anni si è sviluppato un acceso dibattito sull’impatto ambientale e sugli effetti per la salute dei cittadini dei campi elettromagnetici. Il boom della telefonia mobile ed il conseguente moltiplicarsi di antenne e ripetitori ha spesso generato eccessivi quanto insani allarmismi. In realtà, quello che impropriamente viene catalogato come inquinamento elettromagnetico non è affatto un fenomeno nuovo. Pensiamo ai ripetitori radiotelevisivi o agli elettrodotti ad alta tensione: da essi sono generati campi elettromagnetici con i quali conviviamo da decenni. E’ evidente, quindi, che il problema, lungi dall’essere sottovalutato, vada piuttosto razionalizzato, epurandolo da inutili strumentalizzazioni e inserendolo in un discorso più ampio a tutela di due diritti fondamentali: quello alla salute e quello al progresso. Ai governi ed alla politica il delicato compito di coniugarli. L’inquinamento elettromagnetico, per quanto temuto, è un fenomeno sul quale la ricerca sta ancora conducendo le sue analisi. Il rischio di esposizione non è stato calcolato in maniera certa e finora prevale il principio della prevenzione.

Per questo, da ministro delle Comunicazioni, vittima del cellulare, appassionato di nuove tecnologie ma anche attento sostenitore del diritto alla salute, ho avuto subito la necessità di dotare l’Italia di un quadro di riferimento omogeneo che regolasse l’installazione delle antenne di ripetizione per la telefonia mobile, supplendo alla grave deficienza lasciata dai precedenti governi di centrosinistra (più attenti a bandire gare ed incassare soldi per l’Umts che non a regolamentare il settore). Due le direttrici di azione: introdurre limiti di emissione più restrittivi ed istituire una rete di monitoraggio permanente sul territorio nazionale per rivelare eventuale concentrazione di inquinamento da onde elettromagnetiche. Prima con il decreto 198, quindi, poi con l’approvazione del Codice unico delle comunicazioni elettroniche, per la prima volta l’Italia si è dotata di una normativa uniforme, sottraendo alla discrezionalità (e quindi alla arbitrarietà) delle amministrazioni locali i criteri di concessione delle licenze di installazione degli impianti.

La legge fissa a 6Volt/metro il limite, il più restrittivo d’Europa, di emissione delle antenne nei centri abitati e nelle aree densamente frequentate, come ad esempio impianti sportivi e centri commerciali. Si tratta di un livello dieci volte inferiore a quello tollerato in altri Paesi europei, perfino in quelli a forte vocazione ecologista quali la Germania, dove il livello tollerato è di 60 Volts/metro, per garantire il pieno rispetto dei limiti di precauzione ampiamente auspicati dalla Ue.

La filosofia che ha ispirato la normativa adottata dal Governo italiano è stata quella della massima tutela della salute pubblica e del coinvolgimento informato della popolazione residente. Se è vero, infatti, che il Codice fissa tempi certi e il principio del silenzio-assenso da parte delle amministrazioni locali nel rispondere alle richieste di concessione a favore delle compagnie telefoniche, la conseguenza immediata è che sindaci e presidenti di regione sono tenuti ad individuare preventivamente aree urbane ed extraurbane per l’installazione degli impianti, sottraendo ai privati la possibilità di trattare direttamente con le aziende. Il vantaggio anche in questo caso è duplice: da un lato il canone di affitto per la persistenza delle antenne, pari a circa 15mila euro l’anno, può essere incassato direttamente dai Comuni ed impiegato per servizi pubblici. Dall’altro impone la realizzazione di un vero e proprio piano urbanistico delle antenne di telefonia mobile in grado di garantire un servizio primario, quale quello della comunicazione, anche nei territori più lontani e geograficamente svantaggiati del nostro Paese.

Nella normativa, entrata pienamente in vigore e diventata presto un punto di riferimento anche per altri Paesi della Ue che hanno preso ad esempio il “modello Italia”, un principio irrinunciabile è stato e continua ad essere il Piano di monitoraggio permanente. Il progetto, affidato alla Fondazione Ugo Bordoni, prevede la collaborazione tra l’Istituto e le Arpa regionali per la collocazione di centraline di rilevamento delle emissioni nei siti dove vi è una maggiore concentrazione di impianti. Dopo tre anni di sperimentazione, oggi l’Italia è in possesso di una vera e propria mappa dell’elettromagnetismo che ha costantemente rilevato la presenza di onde soprattutto in prossimità di edifici pubblici, scuole ed ospedali.

A supporto della rete di controllo fornita dalle centraline, poi, è stato varato il progetto BluBus. Si tratta di un vero e proprio laboratorio itinerante dotato di una strumentazione tecnica capace di rilevare la presenza di elettromagnetismo in qualunque piazza italiana. Su richiesta di enti locali ma anche di singoli cittadini, i tecnici a bordo del BluBus negli ultimi tre anni hanno puntualmente rilevato ad horas il livello di inquinamento elettromagnetico e informato i cittadini sui reali rischi da esposizione. Migliaia, poi, sono stati i ragazzi delle scuole italiane di ogni ordine e grado saliti a bordo del BluBus per imparare ad usare correttamente i telefonini cellulari. Il tour del BluBus, infine, ha permesso anche di segnalare alle Agenzie regionali per la tutela dell’ambiente la presenza di siti fuori norma e, di conseguenza, l’avvio delle procedure per la messa in sicurezza degli impianti.

In meno di quattro anni, poi, l’Italia ha segnato un altro record positivo nei confronti degli Stati europei: a tutt’oggi il nostro è l’unico Stato ad aver sottoscritto un protocollo di intesa tra Comuni e gestori di telefonia mobile per la creazione di una banca dati degli impianti di trasmissione. La strada per la realizzazione del primo Catasto nazionale  delle antenne è ancora lunga, ma l’archivio finora collezionato rappresenta uno strumento preziosissimo di lavoro per i ricercatori scientifici.

Parallelamente al lavoro di riordino e di monitoraggio, il ministero delle Comunicazioni ha mantenuto vivissimo il rapporto con le organizzazioni mondiali dalla Sanità. Ed io stesso, da Ministro, ho presentato a Roma il primo rapporto mondiale dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) sugli effetti da esposizione alle onde elettromagnetiche. “L’evidenza scientifica corrente – hanno sostenuto gli studiosi – non conferma l’esistenza di alcuna conseguenza dall’esposizione a livelli di campo elettromagnetico inferiori ad un certo limite”. Le paure ingiustificate evocate da quanti gridano all’azione dannosa delle onde elettromagnetiche sui sistemi biologici vanno pertanto rigettate. Va piuttosto, come ha più volte sostenuto la stessa Oms, favorito un percorso trasparente di ricerca sugli effetti dell’elettromagnetismo e soprattutto di adeguata informazione dei cittadini. Anche questa è una forma, possibile e necessaria, di protezione della popolazione.

Maurizio Gasparri
Componente dell’Esecutivo politico di Alleanza Nazionale

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