Cancro, “ la più grande piaga dell’umanità”

Accanto a condizioni generali comuni a tutti gli individui (ad esempio le radiazioni cosmiche), sussistono condizioni ambientali dovute all’intervento dell’uomo: condizioni cancerogene definite “artificiali” e quindi totalmente prevenibili. Durante gli ultimi 50 anni gli scienziati hanno scoperto una moltitudine di rischi posti all’uomo e agli esseri viventi  da sostanze chimiche tossiche mentre  il 43% delle morti di cancro sono strettamente correlate al tabagismo, infezioni e dieta. 

I dati messi a disposizione dalla WHO-UICC (Organizzazione mondiale della sanità – Unione internazionale contro il cancro) riportano l’attuale dimensione del “problema Cancro” nel mondo, con cifre che da sole riescono a colpire ed impressionare l’attenzione di ognuno, descrivendo gli effetti della “più grande piaga dell’umanità “ come stime del peggiore degli eventi bellici: 6 milioni di morti nel 2000, 10 milioni di nuovi casi / anno; 22 milioni di persone colpite da cancro!Le proiezioni statistiche nel prossimo futuro, per l’anno 2020, non fanno che estendere in modo ancor più drammatico tali nefasti valori: 10 milioni di morti nel mondo, con incidenza di 15,7 milioni di nuovi casi / anno, per 28,3 milioni di persone malate di cancro.Sapere, poi, che circa il 43% delle morti di cancro sono strettamente correlate a sostanziali tre fattori: tabagismo, infezioni e dieta sta, solo recentemente, portando a risoluzioni che comportano restrittive prese di posizioni sociali (lotta contro il fumo, alcool, eccesso ponderale) o strategie sinergiche multi-Nazionali contro le infezioni.Il consumo di tabacco è sicuramente la prima causa di tumore al mondo, con responsabilità attribuita in circa il 30% di tutti i carcinomi e nel 90% dei carcinomi polmonari in specie (anche se è chiamato in causa nei tumori della testa-collo, pancreas, vescica, stomaco, fegato e rene).Le infezioni da agenti differenti sembrano poter incidere nel 15 % dei casi.Sono stati chiamati in causa per diretta correlazione con la malattia neoplastica il virus dell’Epatite per l’epatocarcinoma, i Papillomavirus per il carcinoma della cervice uterina, l’Helicobacter pylori per il carcinoma dello stomaco, lo Schistosoma per il cancro della vescica, la presenza di Platelminti per il carcinoma delle vie biliari.Gli studi epidemiologici sulla popolazione dei malati di tumore hanno posto l’obesità in relazione con alcune forme di carcinoma (colon, mammella, utero, esofago, rene), così come l’eccesso di assunzione di alcool (tumori del cavo orale, faringe, laringe, esofago, fegato e mammella).

Oltre a ciò, occorre ricordare gli studi epidemiologici e statistici su alcune tipiche condizioni di urbanizzazione ed industrializzazione, che hanno caratterizzato le ricerche fin dagli anni del “boom” economico, e che hanno rilevato influenze ambientali (geografiche, sociali, lavorative) come ambito di grande interesse per ciò che riguarda le modificazioni di incidenza del cancro nei singoli organi o apparati. Accanto infatti a condizioni generali comuni a tutti gli individui (ad esempio le radiazioni cosmiche), sussistono condizioni ambientali comuni a grandi gruppi e dovute all’intervento dell’uomo: condizioni cancerogene definite “artificiali” e quindi totalmente prevenibili.Durante gli ultimi 50 anni gli scienziati hanno scoperto una moltitudine di rischi posti all’uomo e agli esseri viventi  da sostanze chimiche tossiche. Alcune delle più famose sono state eliminate dal mercato ( amianto, DDT, ecc…) e ad altre è stato circoscritto un campo di utilizzo più ristretto. Tuttavia, mentre la maggior parte delle sostanze incriminate sta lentamente scomparendo dall’ambiente, nuove ricerche rivelano che molte altre introdotte recentemente potrebbero essere ancora più pericolose.D’altra parte occorre anche considerare che sostanze chimiche che non sono più in produzione continuano ad influenzare sia gli esseri umani che le altre specie tanto quanto quelle che sono attualmente prodotte e utilizzate ed i cui pericoli stanno diventando sempre più evidenti, per esempio la diossina, il piombo ecc..Al momento, molti strumenti internazionali tra cui la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti (POPs ), la Convenzione di Rotterdam per il Consenso Informato (Prior Informed Consent) e la Convenzione di Basilea per il controllo dei movimenti trasnazionali dei rifiuti chimici pericolosi, affrontano ambiti specifici connessi agli agenti chimici.Nell’Unione Europea nuove riforme sono sul punto di poter cambiare fondamentalmente il modo in cui gli agenti chimici sono gestiti, avendo anche possibili implicazioni globali.La Commissione Europea stima che esistano 80.000 prodotti chimici sul mercato europeo. Secondo le leggi esistenti nell’Unione Europea, è consentito l’uso di più del 90% di tutti i prodotti chimici presenti sul mercato sin dal 1981, nonostante non ci siano dati adeguati sulla loro sicurezza.L’Unione Europea è impegnata, al momento, nell’analisi della vasta legislazione sulla regolamentazione dei prodotti chimici esistente in tutto il mondo.La proposta, denominata REACH (Registrazione, Valutazione e Autorizzazione dei Prodotti Chimici), chiederà, per la prima volta, ai produttori e agli importatori di fornire informazioni sulla sicurezza dei prodotti chimici industriali, circa 30.000, scambiati ogni anno in Europa nelle dimensioni di 1 tonnellata o più.

REACH mette insieme le iniziative volontarie e quelle legislative di regolamentazione che esistono attualmente, accertando che le sostanze pericolose vengano trattate in maniera sicura durante tutti gli stadi del loro ciclo, attraverso una particolare lavorazione, o importando e utilizzando sostanze, adempiendo agli obblighi di sicurezza.Ai danni alla salute derivanti da agenti chimici sono da aggiungere quelli del danno biologico provocato da sostanze che producono radiazioni ionizzanti od altro tipo di radioattività, anch’esse additate per i rischi cancerogenici dalla cui influenza che ne derivano. Purtroppo, in considerazione del progressivo esaurimento delle fonti energetiche convenzionali (petrolio, metano, carbone,..) e del marginale apporto di quelle naturali (idroelettrico, solare, eolico, geotermico) o derivate dalla processazione delle biomasse (legna, rifiuti organici e civili) sta fortemente emergendo la necessità di incremento di utilizzo di energia “nucleare” quale ineluttabile alternativa.Di conseguenza, i cittadini si chiedono se l’eventuale realizzazione di centrali nucleari anche nel nostro Paese, potrà essere fonte di un ulteriore inquinamento ambientale ed in particolare se potrà diventare causa di morte o malattia di cancro.In realtà il problema principale non sono le centrali nucleari e le sue emissioni, centrali che fra l’altro sono a pochi chilometri dal nostro confine, in Francia, ma più propriamente le scorie radioattive che ne deriverebbero dal suo utilizzo con il conseguente problema del loro smaltimento.Si ripropone dunque il problema della tutela ambientale e di conseguenza quello della nostra salute, che viene percepita più a rischio dagli italiani all’idea che la centrale nucleare possa essere impiantata a pochi passi da casa propria.Io ritengo che i rischi siano identici data la stretta vicinanza che il nostro Paese ha con le centrali nucleari delle quali ci serviamo a tutt’oggi, acquistando energia dalla vicina Francia. A tale proposito, mi pare utile riportare  i recenti risultati sperimentali ottenuti dagli scienziati, in uno studio condotto in collaborazione  Italia – Giappone, e che potrebbero far ben sperare in una possibile soluzioni di quello che oggi pare il problema principale che ponga ostacolo alla proliferazione in tutta Europa e non delle centrali nucleari: le scorie radioattive.Gli scienziati dichiarano di poter affrontare il problema della scorie in modo alternativo: è stato dimostrato, infatti, che atomi di Deuterio, forzati a passare per diffusione attraverso particolari filtri (di Palladio) sono in grado di indurre trasmutazioni su alcuni dei più pericolosi componenti radioattivi (quali lo Stronzio ed il Cesio), prospettando una bonifica delle ceneri nucleari in materiale non radioattivo. In aggiunta l’elemento utilizzato (altamente disponibile in natura, in quanto contenuto nell’acqua di mare) è riutilizzabile anche dopo il processo di trasmutazione. Fra l’altro c’è da dire che anche le riserve dell’elemento principalmente utilizzato per la produzione di energia nucleare, l’Uranio, sono in via di esaurimento (le stime attuali prevedono una autonomia di 60 anni con il tipo di centrali in servizio e con produzione energetica pari a quella odierna).Lascio a voi dunque trarre le dovute conclusioni circa l’interesse che può avere questa scoperta.C’è da dire anche, però, che tali ricerche sicuramente non limitano il potenziale danno biologico successivo in caso di evento avverso (ricaduta radioattiva per fuga-contaminazione ambientale, Chernobyl 26-4-1986, … per non dimenticare!),  ma si dimostrano senz’altro come azioni da enfatizzare e perfettamente in linea con gli intenti che interessano l’intera umanità e percorrono alcuni degli Enti preposti al controllo della salute in ambito europeo e mondiale.Sicuramente il controllo e la limitazione dell’impatto del danno prodotto all’ambiente e conseguentemente da questo ribaltato all’uomo dovrà essere una priorità per qualunque governo.Alla luce di quanto scienziati e mondo politico si siano impegnati sino ad oggi per l’attuazione di sistemi di controllo della qualità dell’ambiente e della salute dell’uomo possiamo affermare che Ricerca e Governance rappresentano l’azione sinergica per lo sviluppo di una migliore Sanità globale.

PROF. ANTONIO MUSSA
DIRETTORE DELLA S.C.D.U. CHIRURGIA ONCOLOGICA
DEL DIPARTIMENTO DI ONCOLOGIA
ASO S. GIOVANNI BATTISTA-MOLINETTE- TORINO
DIRETTORE DELLA SCUOLA DI SPECIALITA’ IN ONCOLOGIA
c/o UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

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