La libertà di non abortire

Con alle spalle trent’anni di attività, il movimento chiede con l’editoriale pubblicato in “si alla vita” che si dia corso alla “preferenza per la nascita” contenuta nella stessa legge 194. Per ora è possibile anche rinunciare alla modifica della legge, purchè se ne applichino le parti che parlano di prevenzione

Dal 1975, anno di fondazione del primo CAV, ogni anno abbiamo aiutato a nascere circa 70 mila bambini senza che una sola parola di rimprovero o di rammarico ci sia stata rivolta dalle loro madri. Abbiamo, cioè, restituito a molte madri la libertà di non abortire, vincendo ciò che veniva avvertito come “necessità” – e dunque vincolo liberticida – di cancellare il figlio.

Con questa credenziale chiediamo una svolta alle istituzioni, che, invece, sembrano essersi rassegnate alla necessità “liberticida” e impegnano grandi risorse intellettuali ed economiche per aumentare l’indifferenza riguardo al “dramma” dell’aborto, come avviene quando si tende al risultato di attuarlo nella più totale privatezza semplicemente ingoiando una pillola. La svolta che chiediamo non cerca la contrapposizione o la rivincita. Sappiamo di non avere la forza di chiedere l’abrogazione della legge (che pur continuiamo a considerare ingiusta), ma, paradossalmente, domandiamo la sua attuazione nelle parti che fino ad ora sono rimaste largamente inapplicate.

Non faremo guerre per cambiare la legge che alcuni considerano sacra e intangibile, solo se sarà dimostrato che con la legge è possibile fare ciò che noi abbiamo ottenuto. Per questo abbiamo chiesto al ministro della Salute e domandiamo ancora, che le annuali relazioni che egli deve presentare al Parlamento non ci parlino solo dei morti, come fino ad ora è stato fatto, ma anche dei vivi; ci dicano, cioè, se ci sono e quanti sono i bambini nati per merito della legge e non soltanto quanti aborti sono avvenuti con il timbro della legge.

In ogni caso la svolta decisa e forte che chiediamo ha alla sua radice un concetto di prevenzione dell’aborto che riguarda anche le gravidanze difficili o non desiderate. Il tempo è giunto. In 30 anni molte cose sono cambiate. Il principio di “preferenza per la nascita” sembra essere generalmente accettato. La forte offerta di adozione da parte di coppie idonee, che può essere accettata solo per un decimo a causa della mancanza di bambini adottabili, fa sentire ancora più inaccettabile la eliminazione ogni anno di una grande città di bambini abbandonati nella forma più estrema quando erano ancora nel seno materno (140 mila o 150 mila sono le sole Ivg legali ogni anno). L’impressionante calo delle nascite determina problemi di ogni tipo: economici, previdenziali, persino internazionali.

Il femminismo di 30 anni fa dette una spinta monolitica e decisiva alla tesi dell’insignificanza dell’embrione, ma ora in tutto il mondo e anche in Italia, donne che si batterono per l’aborto, si riconoscono piuttosto nella donna che nel quadro di Pellizza da Volpedo “quarto stato” è sola insieme a tanti uomini in cammino verso la giustizia, ma li precede tenendosi il figlio in braccio e con lui, idealmente, tutti i piccoli e i rifiutati della terra. Lo stesso attuale quadro politico in Italia ha reso più facile l’incontro tra i “cattolici” e i “laici”, prima reso  difficile dalle contaminazioni politiche. Il muro della incomprensione sul tema della vita ha cominciato a sgretolarsi – anche questa è dimostrazione referendaria – e presto potrebbe trasformarsi in un ponte che unisce le due sponde.

La cultura dei diritti umani, timbro e vanto della modernità, nonostante i tentativi di svuotarla o, addirittura, di trasformarla nel suo contrario, ha una forza espansiva inarrestabile che finirà per abbracciare il concepito.  Dunque è giunto il momento della svolta. Non ci fermerà l’idolatria della legge ritenuta da qualcuno ampiamente sacra.

 

Carlo Casini
presidente del Movimento per la Vita italiano
www.mpv.org

Dal 1975, anno della fondazione, alla fine del 2004 grazie ai Centri di Aiuto alla Vita (CAV) in Italia sono nati 70.000 bambini. Solo lo scorso anno ne sono nati circa 7.000 che rappresentano il record dei 30 anni di vita dei CAV, braccio operativo del Movimento per la Vita. I CAV festeggiano il loro trentennale di attività a Firenze dove fu fondato il primo centro con un convegno al quale ha partecipato oggi fra gli altri il Presidente della Camera Pierferdinando Casini.
“Le polemiche sull’aborto non ancora legalizzato – ha ricordato Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita – erano roventi. A Firenze operava una struttura clandestina a livello nazionale, presentata, quando fu scoperta, come una forma di ‘aiuto alla donna’. Su una cosa fondamentale ci trovammo d’accordo: le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita ma superando insieme le difficoltà. Quel patto dal 1975 ad oggi – ha proseguito Carlo Casini – ha aiutato a nascere migliaia di bambini senza che una sola parola di rimprovero o di rammarico ci sia stata rivolta dalle loro madri. Abbiamo, cioè, restituito a molte madri la libertà di non abortire, vincendo ciò che veniva avvertito come necessità, e dunque vincolo liberticida, di cancellare il figlio”.
Ad oggi in Italia operano 278 Centri di Aiuto alla Vita. Lombardia (49), Piemonte (42) e Veneto (32) sono le regioni con una presenza più capillare mentre negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento nel sud e nelle isole.
I CAV assistono mediamente ogni anno 20 mila donne. Nel 2004 rispetto all’anno precedente è stato rilevata un incremento sia dei bimbi nati sia delle gestanti assistite. Dallo scorso anno l’11% delle gestanti assistite ha potuto usufruire di ospitalità in case di accoglienza, presso famiglie o casi in affitto gestite dai CAV. Le donne che si rivolte ai Centri di Aiuto alla Vita hanno usufruito di sostegno economico, assistenza psicologica e morale, assistenza sociale, assistenza medica, servizi di baby-sitting.
“Rimane bassa – si legge nel rapporto dei CAV – la percentuale (5% nel 2004) di gestanti che arrivano a un CAV su segnalazione di un consultorio pubblico mentre la maggior parte sono inviate da amici (28%) e da parrocchie o associazioni (12%)”.
Le gestanti che si presentano ai CAV sono per lo più sposate (58%), di età compresa fra i 25 e i 34 anni (51%), sono casalinghe (36%) o disoccupate (31%), denunciano difficoltà economiche (41%). L’atteggiamento del marito o partner si mantiene prevalentemente contrario all’aborto (26%). Dopo il parto il bambino è rimasto nel 98% dei casi con la madre. In linea con l’aumento degli aborti fra le donne straniere, le gestanti non italiane assistite dai CAV aumentano sempre di più. Dai dati raccolti nel 2004 sono risultate complessivamente 4565, con una media di 30 per ogni centro. Le più numerose continuano ad essere le africane (42%) con una prevalenza di marocchine. Seguono le europee (24%) con una predominanza di rumene e albanesi, le donne dell’America Centrale e Latina (15%) con l’Ecuador in testa, e infine le asiatiche (6%) soprattutto provenienti dallo Sri Lanka. In Emilia- Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Trentino-Alto Adige, Veneto prevalgono le gstanti marocchine, in Ligura quelle dell’Equador, nel Lazio le rumene e nel Friuli Venezia Giulia le ghanesi.

Rispondi