La mediazione familiare e penale minorile: una risorsa per i minori

“Ho imparato attraverso la più amara esperienza questa lezione suprema:conservare la mia rabbia e, come il calore conservato si trasforma in energia, allo stesso modo la nostra rabbia puo’ essere trasformata in una forza che riuscirà a muovere il mondo”. Mahatma Ghandi

     La considerazione che la norma giuridica non è una monade, estranea al contesto sociale e alle condizioni soggettive  delle parti, ma estremamente connessa ad esse, se è valida per tutti i campi del diritto, è pur vero, però che ve ne sono alcuni quali ad es.il diritto penale, il diritto di famiglia  in cui lo è maggiormente .Ne costituiscono un esempio eclatante, le contese tra coniugi, dai contenuti surreali, le quali spesso celano non già una lesione del diritto soggettivo e, come tale azionabile e tutelabile giudiziarmente, ma rappresentano, invece, la punta di una situazione conflittuale in cui ad essere lesa è la propria affettività. Quando un coniuge è abbandonato il cambio improvviso del ruolo genitoriale e coniugale, le frustrazioni per aspettative disattese e incomprensioni, l’orgoglio le difficoltà di mettersi in discussione rendono verosimile come unico traguardo quella di:vincere la causa. Ma la logica antagonista, suitas dei procedimenti giudiziari non aiuta ad elaborare quella sofferenza psicologica per cui si chiede giustizia, e che necessita in primis della ripresa del dialogo.

La mediazione trae origine, infatti,dalla consapevolezza dell’importanza di rincominciare ad ascoltarsi, in un contesto neutro, dinanzi ad un terzo imparziale, che aiuti i coniugi a risolvere il conflitto, insegnando a scindere il ruolo genitoriale da quello coniugale, senza imporre alcunché. E’ evidente quindi perchè per molti autori rappresenta una “giustizia compositiva” che da contezza soprattutto a quel “preminente interesse del minore”, spesso annientato a mero flatus vocis nelle diatribe giudiziarie.  Nonostante, sia nata intorno agli anni 70 nei Paesi di origine Anglosassone, solo nell’ultimo decennio ha incominciato  a diffondersi in Italia, in cui è ancora avvolta da un alone di mistero, non essendo perfettamente conosciuta e perciò spesso confusa con la  consulenza legale, terapia di coppia o arbitrato, da cui si differenzia nettamente. Ben presente,invece, nello scenario normativo internazionale, che già con la risoluzione n. 616/98 adottata dal Consiglio d’Europa ne ha affermato l’importanza di aumentarne l’utilizzo in considerazione del bisogno di garantire”la tutela dell’interesse superiore del fanciullo soprattutto in relazione al diritto di visita in costanza di separazione e divorzio, ribadendo quanto già previsto nell’art. 13 della Convenzione Europea sull’esercizio dei Diritti dei Bambini, che la include tra le misure atte a risolvere le dispute dei minori. Nel nostro ordinamento in cui ci sono frammentari riferimenti normativi ad essa,la mediazione è stata ufficializzata dai Tribunali, in quanto connessa a quel tentativo obbligatorio di conciliazione  ex art. 708 c.p.c., all’art. 155 c.c. in base al quale il giudice “nell’emanare i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al loro contributo economico deve tener conto degli accordi delle parti”, il che legittima ogni valida iniziativa volta a salvaguardare i minori.

    Il riconoscimento in capo al minore di diritti soggettivi, dell’importanza di salvaguardare il suo sviluppo psicologico, sono la ratio a cui s’ispirano le decisioni giudiziarie in sede civile, e penale. Quando parliamo di minori, infatti, l’immaginario collettivo colorandoli di rosa va alla fragilità e bisogno di tutela di bambini contesi nell’affidamento, abbandonati o abusati. Ma accanto a queste situazioni , esiste un altro tipo di fragilità in cui i minori hanno ancora più bisogno di tutela, oscurati dal peso del degrado sociale e/o psicologico in cui vivono e spesso sono troppo velocemente etichettati ad autori di reato.  Per tale consapevolezza il legislatore ha strutturato il processo penale minorile con proprie specificità basandolo sia sulla specializzazione dei giudici e volto alla funzione del recupero del minore deviante. L’adolescenza,infatti, che già di per sé è la fase più critica della vita, in cui l’identificazione del sé è resa ancora più difficile da contesti familiari difficili, spesso si macchia di un reato, frettolosamente definito gioco dai mass media, ma che spesso è invece sintomo di una devianza rispetto alla quale l’ approccio non può essere circoscritto al solo minore, riguardando spesso tutto il contesto familiare ed il rapporto con la vittima. Una elaborazione di quanto commesso in un percorso di mediazione con la vittima è fondamentale per attuare quel processo educativo a cui il recupero deve tendere. Diverse, sono le esperienze, ormai esistenti in Italia che hanno portato all’istituzione di Uffici per la Mediazione Penale, tra cui per es. quello di Bari. Fondamento legislativo è il DPR 448/88 che prevede un’ampia applicazione di misure conciliative e riparative nell’applicare la sospensione del processo e messa alla prova.

    Attuale, pertanto è più che mai, è  il messaggio di Coogler “la mediazione ha tramutato la mia rabbia in ciò che io considero una forza per riuscire ad andare verso un mondo più umano per coloro che decideranno di seguire le mie impronte”.

Lucia Saporito
avvocato

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