Giustizia minorile e Cooperazione allo Sviluppo

L’iniziativa italiana si basa su una strategia volta al ripristino del sistema giudiziario esistente nel Paese: il meccanismo di riconciliazione comunitaria. Il programma ha quindi sviluppato due componenti: la prima, riguardante l’amministrazione della giustizia minorile, la creazione del tribunale e la verifica della sua operatività; la seconda relativa allo sviluppo e alla lotta alla povertà attraverso prevenzione e protezione dei diritti dei minori, agendo soprattutto attraverso le famiglie e le comunità

La tutela e la promozione dei diritti dei bambini e degli adolescenti costituiscono un fondamentale pilastro del sistema internazionale dei diritti umani e parte integrante della politica estera italiana per la cooperazione allo sviluppo. Ispirato ai principi contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo del 1989 e nei due Protocolli Facoltativi del 2002, l’obiettivo principale dell’azione italiana è quello di contribuire all’innalzamento del livello di protezione dei diritti dei bambini su scala mondiale.

A livello internazionale disponiamo oggi, in materia di diritti del fanciullo, di una normativa universalmente condivisa, ma ciò nonostante milioni di bambine e bambini in tante parti del mondo continuano a subire soprusi e violenze: un lungo elenco che comprende: povertà, discriminazioni, malnutrizione, malattie, analfabetismo, sfruttamento nelle forme più intollerabili, traffico di organi. E’ evidente la  troppo grande distanza esistente tra i diritti garantiti sulla carta e i diritti negati nella realtà. Vi è bisogno quindi di mettere in atto progetti e iniziative concrete, utilizzando al meglio le risorse disponibili. Dobbiamo, inoltre, impegnarci sempre di più nel continuare a sensibilizzare in profondità l’opinione pubblica con ogni mezzo a nostra disposizione, per diffondere la consapevolezza che l’infanzia violata significa un’umanità senza futuro.

Minori in conflitto con la legge e giustizia minorile

La Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo afferma che “il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali compresa un’adeguata protezione giuridica” La successiva Risoluzione del 29 novembre 1985 (nota come Regole di Pechino in materia di giustizia minorile) afferma che questa deve essere vista come “parte integrante del processo di sviluppo nazionale in ciascun Paese”. Alla luce di ciò la Cooperazione Italiana considera che rientri nel proprio ambito di azione fornire appoggio alla realizzazione o al miglioramento di sistemi di giustizia minorile in Paesi che ne sono privi o carenti ed è oggi impegnata nella tutela e nella promozione dei diritti dei minori “in conflitto con la legge” attraverso l’attuazione di interventi volti soprattutto ad affrontare le cause che sono all’origine della devianza.

La complessità e la gravità dei problemi che affliggono i minori in conflitto con la legge per motivi diversi o che in altro modo li vedono coinvolti nei meccanismi del “sistema della giustizia”, rende necessario impostare gli interventi su due piani interrelati. Da una parte, appare evidente l’urgenza di sanare le situazioni di detenzione illegale e di detenzione insieme agli adulti, i ritardi nel rinvio a giudizio e le altre gravi irregolarità – ove tali situazioni si verificano – attivando o ri-attivando il sistema di amministrazione della giustizia minorile. D’altra parte, l’istituzione o il ripristino di un sistema di amministrazione di giustizia minorile appare come una misura parziale e di scarso impatto senza una parallela azione volta a promuovere e tutelare i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a livello comunitario e soprattutto senza iniziative sul territorio in grado di rafforzare il ruolo sociale della famiglia, le risorse umane e le relazioni comunitarie per la prevenzione, la protezione e la riabilitazione dei minori in conflitto con la legge.  

Il programma della Cooperazione Italiana in Angola 

L’Angola è un Paese su cui grava il peso di una guerra durata quasi un trentennio. Per capire l’importanza del programma della Cooperazione Italiana per la realizzazione della giustizia minorile si deve considerare che i bambini in Angola sono cresciuti durante il conflitto. La guerra ha profondamente alterato i meccanismi di funzionamento dei nuclei familiari e delle comunità, la struttura sociale ha subito una radicale trasformazione risentendo della perdita di valori e di tradizioni sui quali si basava e che garantiva una forte solidarietà sociale assicurando, in particolare, la protezione dei minori. Il ruolo istituzionale del sistema sociale tradizionale – basato su leggi informali e sul giudizio degli anziani della comunità – nella salvaguardia dei diritti dei minori è stato così compromesso.

Il progetto che la Cooperazione Italiana sta realizzando assieme all’UNICRI si basa su una strategia volta al ripristino, almeno parziale, del sistema giudiziario anticamente esistente in quel Paese: il meccanismo di riconciliazione comunitaria. Il programma ha quindi sviluppato due componenti: la prima, nell’area giuridico-istituzionale, riguardante l’amministrazione della giustizia minorile, la creazione del tribunale e la verifica della sua operatività; la seconda, in ambito sociale, relativa allo sviluppo e alla lotta alla povertà attraverso prevenzione e protezione dei diritti dei minori, agendo soprattutto attraverso le famiglie e le comunità. In ragione delle sue specifiche competenze la prima componente viene realizzata direttamente dall’UNICRI, mentre per la seconda componente sono state coinvolte due ONG italiane attive in Angola: il CIES e il VIS.

All’avvio del programma, il sistema giudiziario minorile angolano aveva cessato di operare da oltre dieci anni, nel frattempo i minori venivano sottoposti a processo dai tribunali per gli adulti senza che venissero adottate procedure e misure specifiche per i minori di età. Sebbene in Angola i bambini non siano legalmente responsabili fino al sedicesimo anno di età, i minori erano destinati a prigioni o stazioni di polizia nelle stesse celle degli adulti e solo ad alcuni era concesso il diritto di apparire di fronte a un tribunale. Va anche detto che le prigioni versano generalmente a tutt’oggi in condizioni estremamente precarie: in generale mancano cibo e medicinali e non sono previste attività didattiche o ricreative che favoriscano l’indispensabile reinserimento sociale.

Il 28 ottobre 2002, il Governo angolano approvava un regolamento di legge per la protezione dei minori che costituiva la cornice giuridica che ha permesso, a giugno 2003, l’inaugurazione del primo tribunale minorile del Paese. Da allora, molte centinaia di bambini e adolescenti si sono potuti avvalere dei loro diritti e hanno ricevuto assistenza nei centri di riabilitazione e reinserimento. Il sostanza, il Tribunale per i Minori è stato concepito come strumento collegato al tessuto sociale. I giudici nell’emettere la sentenza fanno ora ricorso a elementi quali il profilo psicologico e le condizioni di vita dei giovani imputati. Delle diverse centinaia di minori in conflitto con la legge che sono stati seguiti dal Tribunale, la maggior parte rientra in una fascia di età compresa tra i 10 e i 14 anni. Parallelamente all’istituzione del Tribunale è stato inoltre creato un Centro d’Osservazione dove i minori sono ospitati prima del processo o in attesa che il giudice si pronunci. I minori ospitati nel Centro, per non più di venti giorni, ricevono assistenza psicologica e sono coinvolti in attività culturali e sportive.

La formazione giuridica e sociale rappresenta un elemento fondamentale per assistere i minori in conflitto con la legge e favorire il loro reinserimento. Grazie alla valida esperienza e capacità dell’UNICRI, il programma ha garantito la formazione di giudici e magistrati; sono stati organizzati seminari e corsi di formazione per personale amministrativo, assistenti sociali e psicologi. Il programma ha anche permesso la creazione di meccanismi di reintegrazione dei minori, favorendo il ritorno alle famiglie d’origine o l’inserimento nelle strutture e nelle associazioni tramite processi di formazione professionale. Sono stati promossi comitati per una maggiore conoscenza dei diritti dei minori e attività di formazione per gli operatori che si dedicano all’educazione e preparazione professionale. I quattro Centri Sociali (tre gestiti dal CIES e uno dal VIS) sono stati creati nelle zone più povere di Luanda e ricevono giornalmente una media di 30 minori. I quattro centri di riabilitazione/reinserimento hanno registrato circa 30.000 casi di bambini bisognosi di assistenza.

Il futuro dell’Angola dipende in larga misura dalla possibilità che i bambini, la maggioranza della popolazione, possano essere sostenuti e incoraggiati nel difficile processo di ritorno alla normalità. Interventi mirati da parte della comunità internazionale possono contribuire enormemente a ristabilire le condizioni più favorevoli alla difesa dei diritti umani e allo sviluppo sociale.

 

Giuseppe Deodato
Direttore Generale
Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del Ministero Affari Esteri

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