“Portami con te”

Secondo Magda Brienza, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, semplificare le procedure eliminando la fase di accertamento condotta dai servizi sociali è inaccettabile. Per accorciare i tempi, anzi, bisognerebbe potenziare questi servizi, che sono in genere validi e professionalmente attrezzati ma attualmente in numero carente rispetto alle necessità

Nel 1998 è entrata in vigore la legge di ratifica della Convenzione dell’Aja (n. 476 del 31 dicembre 1998) volta a ridefinire ed innovare il sistema dell’adozione internazionale.

Agli stati ratificanti è stato attribuito il compito di “prevedere misure atte a garantire che le adozioni si facciano nell’interesse superiore del bambino e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali”.

L’applicazione dei principi delineati dal legislatore prevede l’interazione nel corso della procedura di più soggetti istituzionali:

§       il Tribunale per i minorenni, che verifica l’idoneità dei genitori adottivi ed emette il relativo decreto,

§       i servizi sociali, con compiti di acquisizione delle informazioni relative agli aspiranti genitori adottivi da trasmettere al Tribunale, di informazione alle coppie e di formazione delle stesse al loro futuro compito di genitori adottivi,

§       un’apposita commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, cui compete la sorveglianza sugli enti autorizzati all’espletamento delle pratiche di adozione internazionale,

§       gli enti autorizzati, che informano gli aspiranti genitori in merito alle procedure, svolgono le pratiche di adozione in base agli accordi vigenti con le istituzioni estere preposte, identificano e propongono il minore attestandone le caratteristiche di adottabilità, informano la commissione ed il Tribunale, certificano gli atti, mantengono i rapporti con le istituzioni del paese di provenienza del minore, ecc.

In tal modo viene seguito l’iter che consente l’ingresso nel nostro Paese del minore ed il suo conseguente accoglimento nella nuova famiglia.

Il 6 aprile 2005, Stefania Prestigiacomo, Ministro per le pari opportunità, ha comunicato alla Presidenza del Consiglio il disegno di legge “Modifiche ed integrazioni alla disciplina in materia di adozione ed affidamento internazionali” (Ddl n. 3373).

Ad un’analisi statistica rilevata successivamente all’entrata nella fase operativa del sistema – sancita dalla pubblicazione sulla G.U. n. 255 del 31 ottobre 2000, ove è stato pubblicato l’albo degli enti autorizzati a seguire le procedure – sono stati registrati dati significativi circa l’incremento progressivo e costante delle sentenze di adozione di bambini stranieri (2.225 nel 2002, 2.759 nel 2003, 3.398 nel 2004 – fonte: Ministero per le pari opportunità).

Possiamo riassumere con due obiettivi definiti le proposte di modifica mosse dal Ministro nel disegno di legge: la semplificazione della procedura ed una sua maggiore trasparenza a favore di coloro che ne usufruiscono.

Dottoressa Brienza,  gli aspetti presi in esame dal disegno di legge interessano principalmente, ma non solo, le attività svolte dal Tribunale per i minorenni secondo la procedura vigente.

Attualmente nel nostro Paese la procedura per l’accertamento dell’idoneità degli aspiranti genitori adottivi viene sottoposta sia al vaglio dell’autorità amministrativa sia a quello dell’autorità giudiziaria, evidenziando secondo il Ministero per le P.A. una carenza tra le due autorità di criteri valutativi delle idoneità che siano uniformi, oltre che una eccessiva complessità e durata dell’intero iter.

Si propone un’alternativa più celere tramite un’istruttoria per via documentale, che abbatterebbe così da dieci mesi a trenta giorni l’emissione del decreto stesso.

Brienza: Il ddl si propone di sveltire le procedure attraverso l’eliminazione del prezioso e fondamentale contributo dei servizi sociali. I dieci mesi, che secondo il ddl verrebbero ridotti a 30 giorni, non sono affatto tempo perso, bensì decisivo per consentire al Tribunale di acquisire tutte le informazioni necessarie per emanare il decreto di idoneità e le informazioni derivano principalmente dal lavoro svolto dall’equipe psicologica dei servizi sociali.

La proposta di una autorelazione documentale,  sottoposta al Tribunale senza una valutazione approfondita dei servizi sociali, implicherebbe un ulteriore approfondimento da parte del Tribunale stesso che invece di velocizzare i tempi li rallenterebbe ulteriormente.

Secondo la modalità dell’autorelazione, la condizione personale, familiare e la capacità di gestire la genitorialità sarebbero valutate dagli stessi soggetti richiedenti, i quali finirebbero per avvalersi di uno specialista, ed una indagine psicologica separata dall’intero procedimento sarebbe oltretutto onerosa per gli aspiranti genitori.

Semplificare eliminando la fase di accertamento condotta dai servizi sociali è inaccettabile.

Quale potrebbe essere una via per garantire una maggior velocità senza compromettere la delicata fase di accertamento?

Il vero problema da affrontare per accorciare i tempi è il potenziamento dei servizi sociali, che sono in genere validi e professionalmente attrezzati ma attualmente in numero carente rispetto alle necessità.

Il disegno di legge suggerisce di estrapolare la fase di sostegno alle coppie ad un momento successivo al decreto di idoneità. Inoltre quelle che si ritengono essere lungaggini burocratiche rischiano di esasperare gli aspetti emotivi di chi è coinvolto.

Sono d’accordo sulla necessità di offrire adeguato sostegno alle coppie nella fase successiva all’adozione. Per quanto riguarda invece le “lungaggini” ribadisco che non si tratta di mera burocrazia, bensì di avviare il progetto adottivo ad una maturazione consapevole, in quanto la genitorialità adottiva è più difficile di quella naturale, pena il fallimento con danni irreparabili al minore ed alle coppie. Secondo l’attuale letteratura, se non venissero sostenute preventivamente le coppie rischierebbero di scoppiare, gli adulti rischierebbero di uscire  distrutti da un’esperienza così grande se non venissero messi nelle condizioni di gestirla al meglio dal punto di vista pratico ed emotivo.

E vale la pena ricordare che nel caso di un fallimento, al minore già traumatizzato da esperienze negative si aggiungerebbe un ulteriore trauma, un secondo rifiuto, l’abbandono; la procedura deve sempre essere orientata all’interesse superiore del bambino per non entrare in contraddizione con la convenzione internazionale e le proposte avanzate dal Min. per le PP entrano in contrasto con questo assunto, facendo sembrare preminente l’interesse dell’adulto.

Alla luce degli aspetti evidenziati, come si configurano oggi le adozioni internazionali?

Oggi sempre più coppie fanno richiesta di adozione di minori stranieri ed anche all’estero diminuisce il numero di minori adottabili in tenera età. Questi infatti vengono sempre più spesso adottati da connazionali. Questo aiuta il minore, che ha già sofferto il distacco dalla famiglia di origine, a non sentirsi ulteriormente sradicato anche dalle proprie abitudini linguistiche e culturali, ma fa sì che l’adozione internazionale  richieda una maggiore capacità di accoglienza da parte delle coppie, riguardando minori grandicelli, portatori spesso di un vissuto di sofferenza.

Vi sono alcuni aspetti contraddittori delle adozioni internazionali cosiddette particolari, previste nel disegno di legge che ci teneva a sottolineare…

Infatti. Nel passaggio da affido ad adozione internazionale, cosiddetta adozione mirata, è previsto che il Tribunale per i minorenni verifichi la sussistenza delle di cui al comma 1 (ipotesi di cui all’art. 44 comma 1, lettere a, b, c; adozione c.d. mite o aperta, accoglienza per almeno due anni nell’ambito di progranni di solidarietà ed accoglienza temporanea) e compia “gli altri accertamenti di cui all’art. 57”, disponendo cioè quelle approfondite indagini tramite i servizi sociali, che vengono drasticamente eliminati nel normale procedimento di adozione internazionale legittimante.

Anche nell’affido temporaneo internazionale vi è contraddizione: l’affido temporaneo di minore all’estero rende impraticabile il mantenimento del contatto del minore con la famiglia di origine, dalla quale temporaneamente viene  allontanato.

La mancata gestione dei rapporti tra affidatari e genitori naturali da un lato mette i primi al riparo da situazioni difficili, ma purtroppo contribuisce ad alimentare in coloro che si propongono come affidatari false speranze di adozione, il che rende molto rischioso l’affidamento per il minore, che non potrà contare sull’aiuto degli affidatari al momento in cui dovrà rientrare nella sua famiglia.

Anche qui si tende a salvaguardare l’adulto e non il minore che si trova allontanato dagli affetti, dal proprio paese e dalle proprie abitudini culturali e linguistiche, non sempre traendone un beneficio.

 

Marina Galdo

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