Il nostro sistema immunitario rileva tutto quello che può essere potenzialmente pericoloso per la nostra salute, almeno cerca di farlo il meglio possibile.
Utilizza gli anticorpi prodotti dalle plasmacellule ( un particolare tipo di globuli bianchi ) per segnalare ai linfociti T (altri globuli bianchi) cosa distruggere.
Anche nel caso delle neoplasie è questo sistema a fare la differenza. Se ben funzionante disattiva le cellule impazzite impedendo loro di replicarsi mentre quando non funziona correttamente il cancro prende il sopravvento e la malattia si diffonde a tutto il corpo.
La ricerca scientifica negli ultimi anni si è quindi concentrata su come potenziare e correggere l’azione immunitaria sviluppando quello che in gergo si chiama appunto immunoterapia.
In particolare abbiamo imparato a produrre anticorpi artificiali per colpire un obiettivo specifico. Questi vengono chiamati anticorpi monoclonali, in sintesi sono delle bandierine a forma di Y che segnalano quale è l’obiettivo da colpire. Nel caso dei tumori ovviamente il bersaglio da distruggere è la cellula neoplastica e sono i linfociti T a farlo.
L’idea è nata negli anni 90 e solo nell’ultimo decennio hanno cominciato ad essere utilizzati sempre più nella pratica clinica. Hanno valso il Premio Nobel per la Medicina nel 2018 a James Allison dell’Anderson Cancer Center di Houston e a Tasuku Honjo dell’Università di Kyoto.
Le ricerche di questi anni hanno però visto che gli anticorpi possono anche modificare la funzione di una cellula quando si legano alla sua superficie.
Per fare un esempio oggi abbiamo anticorpi che legandosi ai linfociti T permettono ad essi di essere sempre attivati e di non andare in quiescenza come avviene normalmente. Così rimane sempre accesa la risposta difensiva contro il tumore. Una specie di doping cellulare.
Altri anticorpi monoclonali interferiscono con il processo di angiogenesi, bloccano le cellule responsabili della crescita dei vasi e quindi riducono il nutrimento e ossigeno al cancro.
Altri ancora riescono ad attivare una cascata metabolica che blocca la proliferazione cellulare ed in alcuni casi induce il suicidio programmato della cellula cancerosa.
Infine alcuni anticorpi monoclonali possono essere usati persino per indirizzare isotopi radioattivi o farmaci chemioterapici direttamente al sito del tumore.
I risultati più eclatanti dell’immunoterapia li abbiamo fino ad ora nella terapia delle forme metastatiche del melanoma e dei tumori del polmone e del rene e del colon.
In particolare la ricerca pubblicata in giugno scorso su sul New England Journal of Medicine ha evidenziato la guarigione completa del tumore colon rettale dopo trattamento immunoterapico con l’anticorpo monoclonale dostarlimab.
Si ammalano di cancro circa 20 milioni di persone all’anno. Certo occorrono in media 7-8 anni perché un farmaco biosimilare approdi sul mercato con costi di ricerca e produzione altissimi, di molte centinaia di milioni di dollari. Ma è indiscutibile che l’immunoterapia stia rivoluzionando l’approccio farmacologico concedendo finalmente speranze concrete a chi è colpito da questa temibile malattia.