Figli e genitori nella separazione e nel divorzio

Che fare se i figli non vogliono la separazione dei genitori ed i genitori non tollerano più la reciproca convivenza? Una riposta potrebbe consistere nella predisposizione di uno percorso di preparazione alla separazione, in spazio neutro mediativo, che coinvolga genitori e figli in un processo maturativo, finalizzato da una parte alla elaborazione del lutto per i figli e dall’altra alla costruzione degli accordi di bigenitorialità per i genitori

Un recente reportage apparso sul Corriere della Sera del 26 ottobre, ripropone con forza la questione centrale dei figli nello scenario della separazione e del divorzio dei genitori.  In sostanza, ci si chiede ancora  qual’è  veramente il loro bene nella decisione separativa?

La diffusa convinzione che sarebbe preferibile per i figli un divorzio dolce dei genitori, di contro alla invivibilità di una forzata convivenza quotidiana, connotata da conflitti e rivendicazioni rancorose, è messa in discussione  dalla ricercatrice americana Elizabeth Marquardt che, sulla base di 1500 interviste di figli di divorziati, sostiene l’opportunità di garantire ai figli una famiglia comunque unita, a  tutti i costi, vista la devastazione che il divorzio comporta, in ogni caso,  nell’evoluzione futura delle loro personalità.

Lo psicologo che opera nel campo delle mediazioni famigliari e delle C.T.U. promosse dal Giudice nelle separazioni giudiziarie intravede, nelle affermazioni della Marquardt, una verità inconfutabile: quando si ascoltano i bambini e si illumina il loro desiderio, implicito od esplicito  su quale sia, per  loro,  il loro esclusivo interesse nella questione,  non si può non confermare che i figli vogliono tenere papà e mamma, uniti per sempre[1]. Il divorzio per i figli è sempre amaro! Non esiste un divorzio dolce.

Ora, nel nostro tempo della post –modernità, nel tempo del primato della soggettività, della individualità e dei valori della persona una abolizione del divorzio nell’esclusivo interesse dei minori, sarebbe del tutto impensabile, anacronistica ed  anche inutile. Infatti, di fronte alla scomparsa dell’affectio coniugalis  ed alla invivibilità di una vita di coppia arida ed impregnata di odio, il passo della separazione rappresenta una assunzione di responsabilità nei confronti della  autenticità della propria vita affettiva, in sintonia con un’etica della post-modernità che  con Jacques Lacan possiamo nominare etica del desiderio soggettivo.

Il conflitto tra il  sacrificio dell’unione coniugale per il bene del soggetto  ed il  sacrificio del desiderio soggettivo per il bene dei figli, o  se  usiamo le istanze freudiane, il conflitto tra le richieste di un Super Io normativo-genitoriale e le esigenze   di un Es   orientato alla soddisfazione affettivo-pulsionale,  rimane una dimensione strutturale della condizione moderna con la quale  ciascuno deve fare i  propri conti  e le proprie scelte, ben sapendo  che sia  l’adesione obbligata ai voleri del Super Io, sia  la rincorsa al godimento assoluto, comportano necessariamente il prezzo di una sofferenza sintomatica.

Che fare allora se i figli non vogliono la separazione dei genitori ed i genitori non tollerano più la  reciproca convivenza quotidiana?

Una riposta minima  possibile potrebbe consistere nella  predisposizione di uno percorso di preparazione alla separazione, in spazio neutro mediativo, che coinvolga tutti gli attori in gioco, genitori e figli, in un processo maturativo finalizzato da una parte alla  elaborazione del lutto separativo per i figli e dall’altra alla costruzione degli Accordi di Bigenitorialità per i  due genitori.

In questa direzione, la proposta di legge ( Paniz Ddl 66C) «Nuove norme in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli»,  approvata dalla Camera il 7 Luglio  e che ora passa all’esame del Senato, offre importanti spazi di innovazione e di  future buone pratiche applicative.

Per i figli minori, un percorso di preparazione psicologica alla separazione dei genitori potrebbe contribuire a realizzare sino in fondo il “diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”[2],prevenendo i danni delle triangolazioni velenose degli adulti, riducendo i sensi di colpa e liberandoli dai conflitti di lealtà fonti di disagio e di disarmonizzazione evolutiva.

Per gli adulti, un parallelo percorso di preparazione psicologica alla separazione potrebbe essere l’occasione per la predisposizione condivisa degli Accordi di Bigenitorialità, da presentare consensualmente al giudice in caso di separazione consensuale [3] ovvero per costruire  ex novo gli accordi[4] di separazione non ancora realizzati per la conflittualità troppo elevata tra i due coniugi.


Dr. Gelindo Castellarin
Psicologo psicoterapeuta

 


[1] Federica Cavadini, autrice dell’articolo ricorda opportunamente che Anna Oliverio Ferraris  nel suo libro “Dai figli non si divorzia” ( Rizzoli) se da una parte riferisce che il 75%  dei suoi intervistati comprende le ragioni della separazione dei genitori,  dall’altra conferma che lo stesso campione comunque manifesta, in età adulta, seri problemi psicologici.

[2] Articolo 1- (Modifiche al codice civile).

1. L’articolo 155 del codice civile sostituito dal seguente:

«Art. 155 – (Provvedimenti riguardo ai figli). Anche in caso di separazione personale (…) dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

[3] Articolo 1,…..” [ il giudice ]  Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole”

[4] Art. 155-sexies. – (Poteri del giudice e ascolto del minore).”Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti ed ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».

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