Un progetto italiano per i bambini del Sudan

Le tragiche conseguenze della guerra civile

Le difficili condizioni di vita di decine di migliaia di bambini che se non vengono uccisi, diventano orfani di uno od ambedue i genitori. Circa un milione e mezzo di bambini e bambine hanno dovuto abbandonare autonomamente i propri villaggi bruciati aiutandosi vicendevolmente.
Inoltre le violenze continuano anche all’interno dei campi

Il Sudan è uno stato a Sud dell’Egitto con una popolazione di oltre 28 milioni di abitanti suddivisa in 56 gruppi etnici quali i Denka (11,5%), i Nuba (8,1%), i Nuer (4,9%). I musulmani sunniti  sono il 73%, i cristiani il 9%; il resto della popolazione segue le religioni tradizionali.

La provincia sudanese del Darfur si estende su una superficie paragonabile a quella della Francia ed è suddivisa in tre Stati: Darfur settentrionale, meridionale e occidentale, la cui popolazione di 6,7 milioni di abitanti rappresenta il 20% del tortale della popolazione del Sudan.  Dal 1983 in questo territorio è in corso la seconda fase del conflitto della più lunga guerra civile d’Africa. iniziata nel 1955 e presentata come uno scontro tra il Nord del Paese e il governo di Khartoum, di religione mussulmana, contro il Sud a prevalenza cristiana ed animista. Durante gli anni sono state determinanti le concause politiche ed economiche (sfruttamento del petrolio e favoritismi ai ceti mussulmani) e nel febbraio 2003, tre gruppi a base etnica africana hanno preso le armi contro il Governo di Khartoum, costituendo 2 diverse formazioni ribelli, il Sudan Liberation Movement/Army e il Justice and Equality Movement. Obiettivo dei ribelli era quello di contrapporsi agli attacchi sferrati contro i villaggi africani da milizie nomadi di origine araba, i Janjaweed, bande di cammellieri mussulmani che più fonti indicano armate dallo stesso Governo centrale.

La guerra civile che ne è scaturita ha prodotto la più grave crisi umanitaria dal 1998, caratterizzata da gravissime violazioni dei diritti umani, da violenze efferate a danno dei civili e dalla distruzione o il saccheggio di interi villaggi d’etnia africana. Oltre un milione e mezzo di persone sono sfollate all’interno del Darfur, altre 190.000, per sfuggire alle violenze incessanti, hanno oltrepassato il confine con il Ciad, dove le agenzie umanitarie temono il possibile arrivo di ulteriori 30.000 profughi. I 2/3 delle popolazioni colpite sono costituiti da donne e bambini, ridotti in condizioni di vita disastrose ed esposti al costante pericolo di malattie, abusi e violenze. Se si escludono i centri maggiori (El Kasher, Nyala, Genena, Zalinje, Kass, Ed Daien), nella stragrande maggioranza dei villaggi si sono fermate tutte le istituzioni a seguito della guerra civile. Scuole e cliniche sono state distrutte e saccheggiate. Nella regione sudanese del Darfur sono stati i bambini a subire i traumi peggiori. Nei campi di accoglienza i bambini convivono con il ricordo delle sofferenze subite e qui le condizioni di vita sono  disastrose, le temperature di notte scendono sotto lo zero, l’accesso all’acqua è scarso, il cibo ed i generi di prima necessità sono assenti. C’è una totale carenza di servizi igienico-sanitari e le condizioni igienico-ambientali sono aggravate dagli effetti della stagione delle piogge.

L’arrivo delle piogge moltiplica i pericoli di epidemie e di malattie che, insieme alla malnutrizione, hanno prodotto un drammatico aumento dei tassi di mortalità infantile. Il 75% dei bambini muore per diarrea acuta, il resto è colpito gravemente da febbri, infezioni respiratorie e ferite prodotte durante gli attacchi ai villaggi. Migliaia di bambini muoiono ogni mese a causa di malattie prevenibili o comunque curabili. Decine di migliaia di bambini, se non vengono uccisi, diventano orfani di uno od ambedue i genitori. Circa un milione e mezzo di bambini e bambine hanno dovuto abbandonare autonomamente i propri villaggi bruciati aiutandosi vicendevolmente. Inoltre le violenze continuano anche all’interno dei campi. Le agenzie dell’ONU hanno spesso denunciato che stupri ed omicidi avvengono all’interno dei campi del Darfur. Spesso le violenze sono perpetrate dalla stessa polizia che è posta a protezione dei campi. Uno dei progetti più ambiziosi per proteggere ed istruire questi bambini è la creazione dell’ Avamposto ’55 fortemente voluti da Paolo Bonolis e dalla sottoscritta. Con questo progetto,  grazie anche all’attività della SPES onlus (Solidarietà per l’educazione e lo sviluppo), implementing partner della cooperazione italiana, stanno per essere completate la costruzione di una scuola, di un teatro e di un centro sanitario pediatrico in una delle zone più disagiate della regione sudanese. L’iniziativa è stata promossa nell’ambito della cinquantacinquesima edizione del Festival di Sanremo finanziata grazie ad un’autotassazione da parte degli ospiti, di Paolo Bonolis, della Rai, dei Monopoli di Stato e delle case discografiche.

 

Barbara Contini
Inviato speciale del governo
Italiano in Darfur

(foto: Barbara Contini in missione con Massimiliano Fanni Canelles)

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