In Darfur i bambini fanno ancora oh!!!!

La testimonianza

Un infinità di bambini sono orfani in Darfur hanno padri che non hanno fatto più ritorno da una assurda guerra, fratelli portati via dalle loro case, madri violentate o uccise. Sono creature che nel loro triste cammino a volte hanno la fortuna d’incontrare la speranza

Nella sua moderna declinazione, la pedopornografia on-line rappresenta un fenomeno in grande espansione che, proprio per la volatilità della rete, è molto difficile da perseguire.

Il provvedimento studiato dal Governo punta proprio ad introdurre nuove e importanti novità negli strumenti di contrasto alla pedofilia ed alla pedopornografia on-line e inasprisce le pene per chi si macchia di tali orribili reati

è strano, ma tutti i bambini del mondo da piccoli hanno lo stesso sorriso. Da piccoli non comprendono le differenze, le differenze non esistono per loro, si sentono tutti uguali, tutti con le stesse fortune o le stesse disgrazie. Tutti nello stesso posto, malnutriti, malvestiti, in Darfur come in ogni parte del mondo, i bambini credono di essere tutti uguali.

La differenza la scoprirà molto più tardi chi sopravvivrà, chi avrà modo di vedere e capire che nel mondo le fortune non sono state distribuite equamente. Si volteranno indietro a guardare quelli che ancora continuano a sorridere in questa povertà, vedranno questi volti sorridenti, desiderando di tornar dietro con il tempo, invidiando chi ancora non sa.

I bambini del Darfur hanno gambe fragili, si nascondono facendo intravedere i loro occhi quasi sproporzionati su quei visi così piccoli, curiosi come si è alla loro età ma non invadenti, sguardi pacati di una tenerezza disarmante. In attesa che qualcosa succeda, senza pensare a cosa o chi o con chi, ma che qualcosa di nuovo si verifichi.

Si vedono dondolare dietro la schiena delle madri spesso dietro a sorelle giovanissime poco più grandi di loro, avvolti e tenuti su da grandi pareo colorati, cullati dal movimento ripetitivo  nei lavori giornalieri di chi li porta dietro. Non piangono e non si lamentano, quasi a voler fare da testimoni invisibili al tempo.

I bambini del Darfur disegnano aerei e soldati, sangue, capanne e fiamme, donne che scappano inseguite da uomini su cammelli e il cielo sempre rosso. Disegnano su fogli sporchi sfruttando ogni spazio perché di cose da raccontare ne hanno tante ma la possibilità di avere un documento dove imprimere i loro incubi e i loro sogni sono scarsi.

I bambini del Darfur non attendono ordini per dare inizio alla loro giornata di lavoro, la consuetudine diventata regola, modo di vivere e di esserci, ripetizione di ciò che hanno sempre visto fare, accompagnati dal loro asinello e dalle taniche di acqua da riempire, senza un lamento, un attimo di riflessione o un attimo di pausa. Movimenti meccanici, per chi è già nato grande.

Oggi però, sta succedendo qualcosa di strano  nel villaggio, hanno visto arrivare delle auto, scaricare pacchi di cartone, hanno visto gli uomini sospendere le loro attività e persino le donne lasciare le faccende quotidiane per dirigersi tutti insieme verso questa inconsueta novità.

Con timidezza, vinta poi dalla curiosità, si avvicinano a questi sconosciuti dal colore della pelle differente, dal linguaggio strano, rimanendo nascosti dietro le vesti delle madri, ma continuano ad avvicinarsi attirati sempre di più da una voglia di vedere, toccare e vivere questo giorno inconsueto.

Guardano con sospetto nel gruppo degli estranei questa donna dalla pelle chiara che abbraccia le loro madri, che stringe le mani, che si ferma a parlare con gli anziani, che impartisce ordini, che con sorpresa ha sollevato uno dei più piccoli baciandolo e tenendolo in braccio.

Hanno, per un lasso di tempo interminabile osservato il suo sguardo, il suo sorriso e i suoi gesti, quasi a voler misurare il grado di fiducia da ricambiare per chi ora è in mezzo a loro, fino a quando poi, tutto sfocia in una dimostrazione di affetto, in una risata di approvazione verso questa donna, in una ricerca assillante delle sue carezze e del contatto delle mani.

 

Una distribuzione di vestiario per piccoli,  regali che non erano previsti in questa giornata così uguale a tante altre nell’ora del risveglio, ma che ora rimanendo al proprio posto, senza dare dimostrazioni di ressa o di spasmodica ricerca nell’ottenere questi regali, vogliono poter custodire gelosamente nei cuori la gioia di chi vive un momento unico.

Un infinità di bambini sono orfani in Darfur, padri che non hanno fatto più ritorno da una assurda guerra, fratelli portati via dalle loro case per un ancora più assurdo e scellerato disegno umano. Madri violentate o uccise perché a volte il cervello umano non vuol più pensare e sfocia in atti di pazzia. Madri che ritornano con dentro la colpa di un qualcosa di non voluto.

Orfani che nel loro triste cammino a volte hanno la fortuna di incontrare la speranza,  quelle Suore della Carità che ormai da decenni in Darfur si occupano di loro, una mamma finalmente per i loro sogni, una mamma chiamata Suor Piera, una famiglia e una casa per le lunghe notti di solitudine.

Ma i bambini del Darfur che hanno visto questa speranza non sono cambiati, hanno sempre gli occhi grandi ed il sorriso sincero, non attendono regali e non ne chiedono, non sono riuscito a capire se hanno avvertito la differenza con i nostri figli, abituati a chiedere e ad ottenere. Ho capito però, che solo qui i bambini fanno ancora oh!!!!

 

Donato Pepe
1° Maresciallo Incursore.
Istruttore delle Forze Speciali del “Col Moschin” dell’Esercito Italiano. Responsabile alla Sicurezza dell’Inviato Speciale del Governo Italiano da settembre del 2004 a maggio del 2005

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