Il referendum di domenica 4 dicembre ci chiama ad esprimerci sulla riforma della Costituzione promossa dal Governo. Sono diversi i punti in questione, ma per semplificare la trattazione e aiutarvi ad orientarvi tra le molte informazioni (e ahimè le molte bufale) presenti online oggi affronteremo solo le possibili modifiche che interessano le Regioni.
La parte di riforma che coinvolge le Regioni è la modifica del Titolo V della Costituzione, oltre alla modifica della composizione del Senato.
Se al Referendum vince il SI…
Cosa cambia per le Regioni a Statuto Speciale?
Se dovesse passare la riforma costituzionale, ciò non implicherà la rinuncia alle autonomie del Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Sicilia e Sardegna. L’ipotesi della revisione degli Statuti regionali speciali non è una novità di questa riforma costituzionale, ma è un procedimento previsto per adeguare le regioni ai vari momenti storici della Repubblica.
Cosa cambia, invece, per le Regioni ordinarie?
I Consiglieri regionali in Senato potranno fare gli interessi delle Regioni stesse. Inoltre, dal momento in cui il Senato avrà competenza nelle relazioni con l’Unione Europea, diventerà più semplice per gli enti locali portare all’attenzione di Bruxelles istanze rilevanti dei singoli territori. Ogni Regione avrà un’opportunità in più di agire per il proprio territorio e a livello europeo.
Se al Referendum vince il No…
Se il 4 dicembre prevarrà il No, la situazione resterà quella attuale: le competenze tra Stato e Regioni restano divide in “esclusive” e “concorrenti”. Questa seconda tipologia prevede che ambiti come l’istituzione della protezione civile, la tutela della salute, la tutela dei beni culturali e ambientali, la ricerca scientifica, l’energia e alcune norme che riguardano professioni e lavoro siano competenza delle Regioni sulla base di alcuni principi dettati comunque dallo Stato.
La riforma del Titolo V della Costituzione
La riforma del Titolo V della Costituzione ridefinisce i rapporti fra lo Stato e le Regioni tenendo conto della giurisprudenza della Corte Costituzionale successiva alla riforma del 2001; non si tratta quindi di nuove norme, ma del recepimento di orientamenti e prassi già consolidati. Vengono razionalizzati i poteri del sistema regionale e locale.
Sparisce dall’articolo 117 della Costituzione il concetto di “competenza concorrente”, mentre si mantiene solamente il concetto di “competenza esclusiva” dello Stato aumentandone gli ambiti di intervento diretto. Inoltre lo Stato può esercitare la “Clausola di supremazia” che gli permette di intervenire su materie di competenza regionale per tutelare l’unità della Repubblica e l’interesse nazionale.
Viene posto rimedio all’enorme mole di contenziosi determinato dalla legislazione concorrente, che ha appesantito enormemente l’attività della Corte Costituzionale.
Lo Stato diventa responsabile esclusivo di materie strategiche come il coordinamento della finanza pubblica, le politiche attive del lavoro, le infrastrutture, le politiche energetiche, l’ambiente.
Il nuovo art. 117 prevede che lo Stato può intervenire in materie di competenza regionale quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale. Per queste tipologie di norme si prevede il riesame obbligatorio del Senato, dopo la deliberazione della Camera, nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione.
Alle Regioni verranno attribuite le competenze in importanti ambiti (giudici di pace, politiche sociali, istruzione, ordinamento scolastico, università, politiche attive del lavoro, formazione professionale, commercio estero, beni culturali, ambiente e ecosistema, ordinamento sportivo, turismo, governo del territorio) a condizione che le Regioni siano in equilibrio di bilancio.
Non vengono messe in discussione le prerogative delle Autonomie delineate nell’art. 5 della Costituzione.
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