AFFIDAMENTO CONDIVISO: LE DIFFERENZE GIURIDICHE ALL’INTERNO DELL’EUROPA

Redazione

Riassunto della ricerca originale presentata presso il parlamento Europeo di Strasburgo ed il Comitato Onu per i Diritti del Fanciullo
Risulta ormai provato che il ruolo della figura genitoriale esercita pesanti influenze dirette sullo stato di salute psicologico e fisico dei figli. Purtroppo, a seguito del divorzio della coppia, molti minori europei perdono i contatti con un genitore, riportando gravi ripercussioni sociali e biomediche.
La seguente ricerca intende rappresentare una panoramica sulle differenti abitudini dei vari Paesi europei in tema di tutela dell’interesse del minore. Emergono una concezione molto differente da Paese a Paese dell’interesse del minore ed una sostanziale inadeguatezza globale della tutela del diritto del minore alla bigenitorialità: nella maggior parte dei casi, la marginalizzazione di un genitore inizia proprio per disposizione dell’autorità giudiziaria.
Si afferma la necessità di un intervento delle istituzioni europee a tutela del minore per rafforzare l’omogeneità delle prassi e l’uniformità ai modelli migliori e più aggiornati, in modo analogo a come, in Medicina, si procede con l’audit clinico. Emerge anche la necessità di passare da un linguaggio giuridico-formale ad uno di natura scientifica facilmente comprensibile e applicabile da tutti gli Stati membri e relativi ordinamenti giudiziari.
Introduzione
È acclarato come il genitore influenzi i figli in ordine a qualità divita, equilibri ormonali, probabilità di soffrire da adulti di attacchi di panico in soggetti predisposti, integrità cromosomica, con possibili ripercussioni su discendenza, livelli di PCR e altri parametri bioumorali.
Dal punto di vista sociale, sono documentati da tempo effetti su piccola criminalità, dispersione scolastica, tabagismo, gravidanze indesiderate e status economico. L’evidenza non deve stupire in quanto anche in modelli animali sono ampiamente dimostrati danni organici legati alla carenza genitoriale. Risulta, quindi, inappropriato relegare la tematica al solo diritto di famiglia, dovendosi includere anche aspetti di altra natura, in primis biomedica e psicologica. Purtroppo, nella vita dei figli non accade di rado che una figura genitoriale venga smarrita. Nei Paesi industrializzati accade principalmente per motivi legati al divorzio, alla nascita avvenuta al di fuori del matrimonio, a mutamenti avvenuti nella convivenza dei genitori.
Per quanto riguarda la fattispecie del divorzio, che in Europa riguarda quasi dieci milioni di minori, l’autore ha voluto percorrere una panoramica sui differenti approcci dei sistemi giudiziari europei .
Il caso esemplificativo dell’Italia è clamoroso (ma tutt’altro che isolato): a fronte di una legge quasi idilliaca, che postula il diritto del minore ad avere rapporti significativi e continuativi con ambedue i genitori (affido condiviso, applicato formalmente in oltre l’89% dei casi), l’affido paritetico riguarda il 2% dei figli e la ripartizione teorica dei tempi di coabitazione per tutti gli altri è, invece, di circa l’83% col genitore prevalente (o collocatario) e del 17% presso il genitore secondario. La ripartizione pratica è ancora inferiore, al punto che il Paese è stato più volte condannato dalla Corte Europea di Strasburgo per non aver tutelato i rapporti tra prole e genitore separato. Dopo la separazione, quasi un minore su tre perde i rapporti continuativi con uno dei genitori. La Svezia, invece, che vanta l’analoga percentuale di affido legalmente condiviso del 92%, vede il 30% dei figli minori di coppie separate trascorrere tempi equivalenti tra i due genitori.
All’interrogazione dell’Onorevole Roberta Angelilli, la Commissione ha ammesso di non essere a conoscenza di studi, migliori prassi o dati riguardanti la custodia condivisa dei figli o la bi-genitorialità e ha affermato che la definizione di affidamento condiviso appartiene al diritto sostanziale di famiglia. In quanto tale, non rientra nell’ambito di competenza della UE, ma solo degli Stati membri.
A questa interrogazione ne è seguita un’altra, promossa dall’Onorevole Sonia Alfano, rivoluzionaria, in quanto tendente a sottrarre, in parte, il tema al mondo forense per rimettere al centro dell’agone il benessere dei minori. Afferma testualmente: “Risulta chiaro che tale tematica (…) debba essere affrontata con un più universale linguaggio scientifico che ogni sistema giudiziario potrà poi recepire in piena autonomia. Poiché, evidentemente, non può dirsi
davvero unita e solidale un’Europa che non assicura le stesse cure a tutti i «suoi» figli, ed essendo ormai disponibile in letteratura scientifica un’ampia mole di materiale, può la Commissione precisare se intenda, in un’ottica di eguale diritto alla salute, eseguire o valutare ricerche volte a definire delle best practices che possano essere di guida agli Stati membri nell’ottica di una maggiore armonizzazione delle procedure?”
La situazione europea
Per amor di sintesi condensiamo l’analisi delle enormi differenze dei vari Paesi europei in tema di coabitazione e cura tra i due genitori, suddivise in affido paritetico, affido materialmente condiviso e physical joint custody, nella quale il minore condivide il 30-50% del tempo totale col genitore B. L’Italia occupa gli ultimi posti nei primi due parametri e si trova in posizione intermedia, comunque lontana dai modelli positivi europei, nell’ultimo.
Discussione

Uno dei risultati più clamorosi è stato che i bambini europei, malgrado le acclarate ricadute dirette del mantenimento dei rapporti coi propri genitori sul loro benessere piscofisico, non sono trattati nella stessa maniera. I diritti dei bambini greci e italiani, ad esempio, sono tutelati assai diversamente da quelli dei bambini francesi o svedesi, e questi ultimi assai diversamente da quelli dei romeni o degli slovacchi. Ciò esercita ripercussioni sul loro stato di salute. Il contatto con almeno uno dei genitori a qualche anno dalla loro separazione, per fare un ulteriore esempio, viene perso dal 14% dei minori svedesi e dal 30% di quelli italiani. In generale, dobbiamo comunque affermare che il panorama è triste: sono centinaia di migliaia i minori europei che perdono rapporti continuativi

con uno dei genitori dopo la separazione (molto più frequentemente il padre).
La tematica è sempre stata affrontata da un punto di vista esclusivamente giuridico e l’Unione Europea riconosce una totale autonomia ai singoli Stati. Ad avviso dell’autore, le risultanze della ricerca dimostrano la necessità di cambiare finalmente il tipo di linguaggio e di iniziare ad affrontare la tematica da un punto di vista scientifico. Ciò consentirebbe un linguaggio unico. Un’altra doverosa osservazione è che i costumi giudiziari europei, tranne alcune eccezioni, non appaiono congrui con le più moderne ricerche scientifiche (a fronte di un sapere medico-biologico che si rinnova del 50-70% ogni 15 anni troviamo una giurisprudenza immobile) che riconoscono come benefiche per i minori le relazioni quanto più possibile paritetiche. Nella sua importante revisione, Linda Nielsen conclude con quattro affermazioni: i bambini in affido materialmente condiviso (per lei dal 35 al 50% del tempo col genitore B) stanno come e meglio di quelli collocati esclusivamente presso il domicilio materno; sfatando un mito delle aule giudiziarie, i genitori non devono essere straordinariamente cooperativi, privi di conflittualità o entusiasti della shared custody; a distanza di tempo, i giovani adulti figli di queste famiglie in shared custody esprimono la loro assoluta soddisfazione; da ultimo, la maggior parte dei Paesi industrializzati sta provvedendo ad un mutamento delle leggi e assiste ad un cambio dell’opinione pubblica nei confronti della shared custody.
Uno studio condotto su 164.580 ragazzi svedesi tra 12 e 15 anni ha evidenziato che i parametri migliori su disturbi psicosomatici, benessere fisico, psicologico e sociale, malattie mentali ed insoddisfazione nelle relazioni coi propri genitori sono quelli di coloro i quali vivono in famiglie intatte, ma i minori che spendono tempi sostanzialmente eguali presso i due genitori rappresentano la miglior struttura familiare tra quelle separate.
L’articolo attualmente più importante al mondo sui piani genitoriali nei bambini di età inferiore ai 4 anni consiste in una revisione dei più autorevoli studi mondiali sul tema ed ha ricevuto l’endorsement di 110 scienziati.
Oltre a giustiziare sul piano metodologico ricerche precedenti di tenore contrario, conclude: “In generale, i risultati degli studi rivisitati in questo documento sono favorevoli ai piani genitoriali che bilanciano il tempo dei bambini tra le due case nel modo più egualitario possibile. La ricerca sui pernottamenti presso i padri favorisce l’idea di permettere che i minori inferiori a 4 anni ricevano cure notturne da ognuno dei genitori, piuttosto che trascorrere ogni notte nella stessa casa”. Un altro studio di spessore è stato pubblicato su Children & Society. Condotto da ricercatori indipendenti delle Università di Bethesda, Groenlandia, Stoccolma, Yvaskula (Finlandia), Copenaghen, Akureyri (Islanda) e Goteborg, ha analizzato 184.496 minori (divisi in tre gruppi: undicenni, tredicenni, quindicenni) di 36 società occidentali (Italia inclusa) con non meno di 1.536 studenti in ogni Paese per gruppo di età. I risultati sono stati i seguenti:
1. I bambini che vivono con entrambi i genitori riportano più alti livelli di soddisfazione rispetto ai bambini che vivono con un genitore single o un genitore biologico ed uno acquisito;
2. I bambini che vivono in collocamento materialmente congiunto riportano comunque un più alto livello di soddisfazione rispetto ad ogni altra sistemazione di famiglia separata. Anche la comunicazione coi genitori è risultata migliore per i minori in affidamento condiviso e/o paritetico.
L’affido materialmente condiviso, poi, sembra essere un ottimo rimedio per ostacolare la perdita dei contatti tra prole e padre (solo l’1% dei minori in “alternating residence” contro il 21% dei figli che vivevano prevalentemente con la madre secondo una casistica francese). La distanza che si trovano a vivere il genitore “less involved” e la prole appare, inoltre, condizionare nettamente non solo la riuscita dell’affido materialmente condiviso, ma anche la perdita della figura genitoriale. Ricordiamo, poi, che è di recente pubblicazione un testo in cui la professoressa tedesca Hildegunde Suenderhauf ha selezionato gli unici 50 studi sulle modalità di affido nei minori pubblicati su riviste internazionali con meccanismo di revisione “peer in review” tra il 1977 e il 2014 e ne ha analizzato le conclusioni. Queste sono risultate inequivocabili. Solo due studi (4%) hanno dato risultati negativi per l’affido materialmente condiviso, undici non hanno mostrato influenze oppure hanno mostrato alcuni effetti negativi neutralizzati da altri positivi (gruppo di studidetto neutrale o misto).
Trentasette (74%) hanno prodotto inequivocabili risultati positivi. Appare, infine, interessante notare la differenza tra i dati forniti dai Governi o dagli Istituti nazionali di statistica e la realtà concreta che i cittadini europei si trovano
ad affrontare. Ad esempio, confrontando il dato ufficiale svedese (92,1% di affido condiviso) con quello italiano (89,8% di affido condiviso-joint custody), parrebbe che le due Nazioni si trovino al medesimo livello nella difesa del diritto alla bigenitorialità. Invece, in Svezia i tempi di frequentazione paritetica dei genitori riguardano il 30% dei minori, in Italia sono numericamente irrilevanti. La tendenza europea, comunque, muove verso una lentissima evoluzione in senso positivo: vent’anni fa i Paesi con la possibilità dell’affido condiviso erano assai meno degli attuali, nessuno Stato, dopo averlo introdotto, l’ha eliminato, gli affidi a tempi paritetici o materialmente condivisi in Europa sono lentissimamente aumentati nella maggior parte delle Nazioni. Ciò avviene molto più a seguito di accordi tra i genitori che per imposizione delle magistrature. Uscendo dal tema, non si può fare a meno di notare una scarsa considerazione in Europa della genitorialità biologica maschile, con punte numeriche veramente illuminanti (caso limite l’Italia: affido esclusivo al padre nello 0,8% contro il 18% delle cause giudiziali danesi, il 10-12% di quelle svedesi, il 7% della Francia, il 9% della Repubblica Ceca e il 13% della Germania).

  1 comment for “AFFIDAMENTO CONDIVISO: LE DIFFERENZE GIURIDICHE ALL’INTERNO DELL’EUROPA

Rispondi