L’Italia avvia un processo contro i responsabili dell’operazione Condor

di Angela Caporale

Ci sono decisioni che non cambiano la Storia, ma che rispondono a quell’intima domanda di giustizia che scaturisce dalle peggiori atrocità commesse nel passato. Una di queste decisioni è stata assunta dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha autorizzato l’avvio di un processo in Italia contro gli ex leader sudamericani coinvolti nell’operazione Condor.
Sebbene essi siano già stati processati (e condannati) nei loro Paesi d’origine, la decisione del guardasigilli intende riconoscere l’importanza e l’invasività del programma anche sui nostri concittadini nei Paesi coinvolti. Questa scelta pone fine, inoltre, all’ambivalente atteggiamento dei Governi italiani rispetto alla questione: spesso, infatti, l’omertà ha prevalso sul riconoscimento dei crimini.
L’operazione Condor, favorita dall’allora Segretario di Stato statunitense Henry Kissinger, ha insanguinato Argentina, Uruguay, Bolivia, Brasile, Cile, Perù, Paraguay. Tutti Paesi nei quali l’emigrazione italiana è stata numerosa. Si stima che decine di Italiani siano stati rapiti, torturati, narcotizzati e uccisi.
Al tempo, il nemico principale contro il quale si sono scontrate le famiglie degli Italiani coinvolti è stato la totale disinformazione. Tutti i principali quotidiani italiani mantennero il silenzio sulla violazione dei diritti umani perpetrate dai militari. Nemmeno le testate più ideologicamente schierate, come L’Unità o la stampa cattolica, ebbero la forza di denunciare le violenze, gli uni influenzati dagli interessi dell’URSS in Argentina, gli altri frenati dall’impostazione cattolica dei dittatori militari. Ancora oggi l’operazione Condor rappresenta una zona d’ombra sui media e nell’opinione pubblica.
L’inchiesta in oggetto, ad esempio, è stata avviata tre anni fa e coinvolgeva circa 140 imputati. Oggi gli imputati sono 21. Nell’inchiesta si discuterà anche dell’omicidio dei 23 cittadini italiani avvenuto nei Paesi coinvolti a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.
La scarsa rilevanza attribuita alla ricerca della verità permette di comprendere meglio l’importanza della decisione del Ministro Orlando, che assume, così, una posizione politica forte dalla parte della condanna di ogni forma di violazione dei diritti umani, anche se postuma.
Il processo ora coinvolge 9 delle 21 persone, ex militari e dirigenti, coinvolti nell’operazione. Per essi è stato chiesto il rinvio a giudizio all’udienza del 12 febbraio su autorizzazione del gup Alessandro Arturi. Questi ha fatto cadere l’incriminazione per il reato di strage per “vizi procedurali” su richiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Tuttavia, nella stessa occasione è stata avviato l’iter per processare i nove imputati in Italia, attraverso una richiesta al Ministero della Giustizia. Richiesta accolta in questi giorni dal guardasigilli, che va a condannare, indirettamente, l’operato di tanti Governi italiani che hanno trascurato i propri concittadini, e non solo essi, al tempo dei regimi militari.
Sebbene tardiva, la decisione di assicurare la verità su quanto successo durante l’operazione Condor costituisce un segnale positivo sulla strada che conduce al rispetto dei diritti umani inteso come garanzia negativa, ma anche come protezione effettiva delle vittime di una qualsivoglia violazione a quanto previsto dalla normativa internazionale in materia. La Memoria fa sicuramente parte dell’identità stessa di una società, tuttavia non si tratta di un universo di significato statico, ma dinamico.
Di conseguenza, il riconoscimento, il giudizio e il dibattito pubblico rappresentano un’ottima notizia sullo stato di salute della nostra coscienza, un mattone importante nella costruzione di un futuro libero dalle atrocità del passato.

di Angela Caporale
caporedattrice di SocialNews

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