Dal capostipite Abramovich alle follie per Samuel Eto’o

di Roberto Urizio

Sempre più capitali russi investiti in Europa nel mondo del calcio. In Italia c’è l’esempio del Venezia

Dopo gli Europei del 2012 in Polonia (nella foto lo stadio di Varsavia), un altro Paese dell'Est organizzerà un grande evento: i Mondiali del 2018 si terranno, infatti, in Russia.

Dopo gli Europei del 2012 in Polonia (nella foto lo stadio di Varsavia), un altro Paese dell’Est organizzerà un grande evento: i Mondiali del 2018 si terranno, infatti, in Russia.

La Russia sempre più protagonista nello sport. Storicamente, atleti e nazionali ne hanno sempre fatto una superpotenza sportiva. Negli ultimi anni, anche i capitali la rendono una realtà dominante, tanto da portare a casa l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2018. La Russia ha preceduto un altro Stato emergente, il Qatar, che ospiterà la rassegna nel 2022.

IL CHELSEA DI ABRAMOVICH
Il pioniere dell’“invasione russa” nel panorama sportivo, soprattutto calcistico, è stato Roman Abramovich. Nel 2003 il ricchissimo imprenditore acquista la squadra londinese del Chelsea, impegnata nel tentativo di tornare nell’elite inglese ed europea dopo anni difficili. Con gli ingenti capitali del suo patrimonio, i “Blues” scalano le gerarchie, vincendo tre Premier League e una Champions League (con l’allenatore italiano Roberto Di Matteo) e stazionano in pianta stabile tra le grandi d’Europa. Le “gesta” di Abramovich sono sempre piuttosto chiacchierate, ma lui esce sempre indenne da possibili scandali e accuse, anche feroci.

IL CASO CORINTHIANS
Nel 2004 la squadra di San Paolo viene acquistata dalla Media Sports and Investment dell’imprenditore iraniano Kia Joorabchian. Arrivano subito grandi campioni, come Carlos Tevez e Javier Mascherano, con ingaggi da capogiro. Il Corinthians vince il campionato brasiliano. Cosa c’entra la Russia? La magistratura brasiliana sente puzza di bruciato attorno alle ingenti risorse che entrano nelle casse della società di San Paolo e apre un’inchiesta. Emergono relazioni poco chiare tra Joorabchian e il magnate russo della comunicazione Boris Berezovski (deceduto nel 2013), con lo stesso Abramovich sullo sfondo. Le indagini si interrompono per incompetenza territoriale e i sospetti della magistratura brasiliana non si concretizzano in un rinvio a giudizio, né, tanto meno, in una condanna. In ogni caso, di Joorabchian e della Msi si perdono le tracce. Il Corinthians conosce l’onta della retrocessione prima di ritrovare lo smalto di un tempo e tornare a vincere, arrivando addirittura alla conquista del Mondiale per club.

LE SQUADRE RUSSE
I capitali russi non si dirigono soltanto all’estero, ma, in alcuni casi, finiscono nelle realtà di casa. È il caso dello Zenit di San Pietroburgo, acquistato nel 2005 dal colosso Gazprom e capace, da quel momento, di scalare il ranking del calcio russo fino a vincere tre volte il campionato e, nel 2008, la Coppa Uefa e la Supercoppa Europea (ai danni di una grande come il Manchester United). La scalata dello Zenit si arresta, nonostante investimenti di rilievo, come gli 80 milioni spesi un paio di anni fa per il brasiliano Hulk e il belga Witsel. Ma se a San Pietroburgo si respira ancora calcio di un certo livello, in Daghestan l’illusione dura poco. Il “fenomeno Anzhi” si rivela, in realtà, una meteora: acquistata nel 2011 da Sulejman Kerimov, la squadra di Mahačkala sale alla ribalta per una serie di ingaggi impressionanti. Spicca quello dell’ex interista Samuel Eto’o, che firma un triennale da oltre 20 milioni di euro all’anno. I risultati, però, non arrivano e le grandi stelle finiscono per cambiare maglia.
Nel 2014 l’Anzhi retrocede in seconda divisione.

Fabio Capello, attuale commissario tecnico della Nazionale russa di calcio, senza stipendio da mesi.

Fabio Capello, attuale commissario tecnico della Nazionale russa di calcio, senza stipendio da mesi.

IN ITALIA

Il calcio italiano fatica ad attrarre investitori stranieri, a causa di una competitività (finanziaria, oltre che tecnica) ridotta e di un fisco più pesante che altrove. Soldi dall’estero arrivano (vedi la Roma di Pallotta e l’Inter di Thohir) ma per trovare risorse russe bisogna scendere nella vecchia serie C, oggi Legapro, dove milita il Venezia. Il proprietario è Yuri Korablin, moscovita, già sindaco di Khimki dal 1991 al 2001, deputato alla Duma dal 2001 al 2006 e fondatore del Football Club Khimki e del Khimki Basket. Il matrimonio tra la società arancioneroverde e Korablin si celebra nel 2011, con progetti di ritorno in serie A (dove il Venezia militava a cavallo del 2000, prima di fallire nel 2005) e la volontà di costruire uno stadio nuovo. Ambizioni che, al momento, non hanno trovato conferma nei fatti. La squadra se la cava dignitosamente in terza serie senza investimenti faraonici (ma neanche disastri finanziari) da parte del suo padrone russo. Dalle nostre parti spuntano periodicamente ipotesi di nuovi capitali provenienti dalla Russia per lo sport. In alcuni casi si parla di partner che affianchino realtà già esistenti (è l’esempio del Bari dell’ex arbitro Paparesta), in altri di possibili cambi di proprietà (è quanto si vocifera a Rimini sul fronte basket). In altri, ancora, si tratta di rumors privi di riscontri, come a Padova, dove si ipotizzava un interessamento dalla Russia per l’acquisto dell’ippodromo. Tra le manifestazioni ufficiali di interesse per l’impianto, però, non ci sono offerte straniere.

Roberto Urizio
Giornalista del quotidiano Il Piccolo

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