L’economia è al collasso

Gabriele Lagonigro

La crisi con la Russia si ripercuote anche in ambito finanziario. In Ukraina la Grivnia si è svalutata del 60% in pochi mesi. I prezzi salgono mentre gli stipendi non superano i 200 euro al mese

La crisi fra Ucraina e Russia non lascia strascichi solamente sullo scacchiere della geopolitica internazionale. Al di là degli scontri sul campo e delle vittime registrate, soprattutto nei dintorni di Sloviansk e nel tragico incendio di Odessa, gli effetti del muro contro muro si registrano, purtroppo, anche nella vita quotidiana di chi non ha alcuna responsabilità per quanto sta accadendo. Il riferimento è alla società civile, di qua e di là del confine.
Se, da una parte (in Russia) le sanzioni economiche occidentali non hanno ancora creato gravi ripercussioni sulla popolazione, a parte una minima stretta bancaria su prestiti e mutui, dall’altra (in Ucraina) la situazione è decisamente peggiore. Innanzitutto, si avverte un senso di insicurezza generale che mina la serenità sociale: non si sa che cosa succederà nell’immediato futuro, perciò ogni tipo di decisione viene rimandata. Chi vuole investire, chi vuole aprire un’attività, chi vuole progettare qualsivoglia operazione commerciale rimane, comprensibilmente, alla finestra.
Questo vale per gli investitori interni e, soprattutto, per quelli esteri, che a Kiev, ma anche nel Sud, sul Mar Nero, negli ultimi anni avevano messo sul piatto diversi quattrini.
Gli Italiani, da queste parti, non mancano: in Ucraina hanno importato e da qui esportano, hanno aperto aziende manifatturiere e si sono attivati nei servizi. Uno di questi è Marco Goofy, genovese. Sulle sponde di Odessa gestisce un hotel in cui il personale parla correntemente l’Italiano. “Qui si sta bene, è una città particolare, nella quale la componente russa è assolutamente maggioritaria. Purtroppo, il tragico incendio ha reso il clima teso, difficile. Gli Odessiti sono amanti della tintarella, del buon cibo e delle discoteche di Arcadia. Speriamo di ritornare lentamente alla vita di prima, anche se i turisti, che fino all’anno scorso si riversavano a centinaia di migliaia sul Mar Nero, oggi latitano. Fino al 2013 c’è stato un boom incredibile. Abbiamo avuto frotte di visitatori da tante nazioni diverse: Russia, ovviamente, ma anche Stati Uniti e Italia. In questi anni sono stati messi in piedi alberghi un po’ dappertutto e l’offerta di Odessa, oggi, è in linea con le principali mete turistiche internazionali. Il problema – rileva Goofy – è che le prenotazioni per l’estate alle porte sono in drastico calo. La gente è spaventata, soprattutto chi arriva dall’estero, e ciò è comprensibile. La situazione sta tornando lentamente alla normalità, speriamo in estate di riprendere la vita di sempre”.
Per un’economia, quella ucraina, già prima della crisi non certo in scintillante ascesa, l’allarme lanciato dall’albergatore genovese rimbomba come un avvertimento. Del resto, è il mercato tout court a dipingere l’Ucraina, in questo momento, come un Paese economicamente instabile. Il rischio default è considerato elevato: privati e, soprattutto, businessman stanno facendo sempre più ricorso a riserve di valuta straniera, così la grivnia, la moneta del posto, negli ultimi mesi si è svalutata drasticamente. Oggi, con un euro se ne comprano ben 16; fino a sei mesi fa il cambio era a 10. Come dire che il soldo ucraino, dal 2013 al 2014, ha perso il 60% del suo valore. Aggiungiamoci il deficit pesante sul conto corrente interno, assestatosi l’anno scorso sulla soglia del 9% del Pil, ed il quadro è completo.
Ma non è solo la grivnia ad aver radicalmente diminuito la propria competitività. Il mercato immobiliare è crollato: oggi, con 1.200 dollari a metro quadro si riesce a comprare un appartamento nei centri storici di alcune fra le città più prestigiose del Paese. Più in generale, i prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati: tutto quello che viene importato, naturalmente, costa di più. I suv di grossa cilindrata continuano a sfrecciare un po’ dappertutto, ma, accanto ad essi, dalle cantine stanno nuovamente uscendo le vecchie Lada destinate a sparire. Non tutti riescono a pagare le rate dell’auto nuova, così più di qualcuno torna all’antico. Anche perché la benzina, pur lontana dai prezzi occidentali, si attesta sull’euro al litro. Con gli stipendi dei dipendenti, raramente superiori ai 200 euro al mese, diventa quasi impossibile salire a bordo di utilitarie di ultima generazione. Ciò che salva gli ucraini e molti altri popoli dell’Europa orientale sono gli appartamenti, in buona parte di proprietà perché riscattati per quattro soldi dopo la caduta del comunismo. Se la “classe media” dovesse pagarsi il mutuo, sarebbero già tutti falliti.
“Purtroppo – racconta Irina Rayevska, che insegna Italiano all’Università di Odessa – la svalutazione della moneta sta causando notevoli problemi a tutti quelli che hanno uno stipendio in grivnie. Negli ultimi mesi è diventato tutto più caro e l’incertezza non aiuta la nostra economia. È impossibile fare previsioni sul futuro. L’unico aspetto positivo di questa crisi è che sta iniziando a creare una coscienza civile. La gente era nauseata dalla politica mentre, adesso, in molti hanno cominciato ad interessarsene. Se ne parla, si discute, e questo, in ottica futura, sarà un bene per l’Ucraina”. Una speranza, insomma, in un quadro politico ed economico piuttosto desolante. Se la società civile se la passa maluccio, lo Stato sta ancora peggio.
Oltre al deficit sul conto corrente interno (troppe importazioni e poche esportazioni), pesa come un macigno il debito mastodontico con i russi per le forniture energetiche, quasi inestinguibile, a meno che l’Unione Europea non si prenda carico del malato terminale ucraino. Fino ad ottobre farà caldo, ma fra cinque mesi il gas servirà di nuovo.
È talmente al collasso, la finanza di Kiev, che, nelle ultime settimane, sui mezzi di comunicazione è partita una sorta di Telethon “militare”: digitando un certo numero di telefono, si contribuisce con qualche grivnia al sostentamento   dell’esercito, posto a difesa della madre patria. Non un gran bel messaggio promozionale da destinare al “nemico” moscovita.

Gabriele Lagonigro
Direttore del settimanale City Sport di Trieste

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