L’allenatore: educatore di motivazione

Tamara Sullig

I ragazzi hanno ammesso che, se il proprio allenatore avesse offerto loro delle sostanze per aiutare la prestazione, non avrebbero domandato l’effettivo contenuto perché convinti di essersi affidati ad un esperto che rappresenta una figura adulta di riferimento

Attività di @uxilia per il progetto "un intervento psicosociale sui fattori di rischio per l'abuso delle sostanze dopanti nei contesti giovanili".

Attività di @uxilia per il progetto “un intervento psicosociale sui fattori di rischio per l’abuso delle sostanze dopanti nei contesti giovanili”.

INTRODUZIONE
Il progetto “Intervento psicosociale sui fattori di rischio per l’abuso di sostanze dopanti nei contesti giovanili” si pone come obiettivo generale quello di sensibilizzare i giovani sul tema doping. Le conoscenze dei ragazzi sull’argomento sono spesso confuse ed inquinate da un sistema sportivo che molte volte svalorizza il ruolo sociale ed etico dello sport, associandolo solamente alla “vittoria a tutti i costi”. L’utilizzo del doping risale ad epoche molto antiche e nella storia dello sport ci sono state molte controversie a favore e contro, interrogandosi sugli effetti benefici e sulle conseguenze di tali pratiche.
Quando un individuo sceglie di doparsi non sempre è una scelta del tutto consapevole. A volte le circostanze e le motivazioni vertono attorno ad un sistema pensato appositamente per occultare le conoscenze sul fenomeno.
Proponendo il progetto in diverse scuole superiori e nelle associazioni sportive del territorio italiano si è inteso trasmettere agli adolescenti non soltanto le informazioni sul doping, ma anche coinvolgerli sulle pratiche sportive corrette e adeguate alla prevenzione, al fine di consentire loro di acquisire una propria coscienza del fenomeno.

IL RUOLO DELLO SPORT NELL’ADOLESCENZA
Adolescenza deriva dal latino adolescere, che significa crescere e rafforzarsi. Le modificazioni del comportamento sono dettate dal bisogno di sviluppare una propria identità nel mondo e a questo si accompagnano anche cambiamenti fisici, sia nelle ragazze, sia nei ragazzi.
Il corpo del bambino viene abbandonato per trovarsi quasi improvvisamente in un corpo da adulto senza avere avuto il tempo di adattarsi.
Le trasformazioni più evidenti riguardano l’altezza e il peso, in entrambi i sessi accompagnati dallo sviluppo sessuale. Non sempre un adolescente è capace di accettare la sua nuova immagine e si confronta con i propri coetanei e con gli adulti, considerati il riferimento estetico, sentendosi perennemente a disagio.
A questa età, il corpo è fuori controllo e i cambiamenti non corrispondono a ciò che vorrebbero essere.
In tutto questo, l’attività fisica sportiva può essere utilizzata dall’adolescente per favorire la formazione di una struttura corporea equilibrata e per migliorare le proprie capacità motorie. La possibilità di esprimere la propria prestanza fisica rappresenta un aiuto nella propria affermazione nel gruppo dei pari e trova delle rassicurazioni nel confronto con chi sta vivendo gli stessi disagi.
I ragazzi imparano a misurarsi con loro stessi e con le loro abilità e insieme al gruppo stimolano il senso di cooperazione e di solidarietà. Condividere lo stesso obiettivo ed essere capaci di rispettare le regole relative al gioco ed al rispetto tra persone costituiscono per l’adolescente la crescita del senso critico e uno sviluppo cognitivo adeguato.

LE EMOZIONI NEL CONTESTO SPORTIVO
Per un adolescente, praticare un’attività sportiva costituisce un importante occasione di crescita individuale, sociale, cognitiva ed anche emotiva.
Questa età è caratterizzata da incoerenza ed incapacità di accettare i propri limiti, soprattutto in relazione alla costruzione della propria immagine che rappresenta una fonte di sofferenza e forti contraddizioni.
Il contesto sportivo genera esperienze emozionali. Esistono diverse motivazioni per le quali un ragazzo si avvicina allo sport e in conseguenza a queste le attività possono trasmettere emozioni positive o negative.
Ogni individuo porta nella disciplina alcuni aspetti caratterizzanti la propria persona e in base ad essi sceglierà uno sport che più si adatti alle aspettative e che possa procurargli piacere e rispondere alla ricerca di eccitazione ed avventura tipica di un adolescente.
In ambito sportivo vengono generalmente considerate soprattutto due emozioni fondamentali: l’ansia e l’aggressività.
La rabbia è l’emozione più difficile da controllare in questo processo di crescita poiché, alle volte, è immotivata e fisiologica. Per l’adolescente, ciò costituisce un’altra occasione per imparare a gestire l’ansia legata alla prestazione e all’incertezza.
L’ansia è intesa anche come timore di commettere errori e paura della situazione che si dovrà affrontare. Lo sport rappresenta una scuola in cui mettere in pratica esperienze di vita quotidiana.
Compito primario, secondo Erikson (1959), è la formazione dell’identità, integrando in un’identità più completa tutte le varie identificazioni provenienti dall’infanzia.
L’identità da formare passa anche attraverso la mentalizzazione di un corpo cambiato e l’acquisizione dei propri ruoli sociali. Questo avviene attraverso l’importante aiuto del gruppo dei pari o di una squadra che svolge diverse funzioni di gestione delle emozioni: è un allenamento emotivo.
L’identità personale e ciò che si pensa di sé sono in forte contrasto con ciò che si vorrebbe essere; inizia un processo che vede in conflitto interno “Identità vissuta”, “Identità cercata” ed “Identità riflessa”.
L’adolescente sperimenta le proprie emozioni praticando sport e confrontando la propria immagine di giovane che cresce ed atleta che impara.

LE FIGURE IMPORTANTI: L’ALLENATORE
Sul piano socio-affettivo e relazionale, l’attività sportiva fornisce un campo di prova esperienziale. Questo è un periodo di profondi cambiamenti fisici ed emotivi. Molte volte si manifestano con la ricerca disperata di nuove esperienze, non sempre positive.
In questo processo collaborano tutte le figure importanti che vertono attorno al ragazzo: genitori, professori, allenatori, zii…
L’allenatore di un adolescente non assume, quindi, solo il compito di insegnare una pratica sportiva, ma matura anche un ruolo educativo.
L’abilità dell’allenatore deve essere quella di associare allo sport emozioni positive estranee ad ansie e paure ed in grado di mantenere l’aspetto ludico senza attribuire troppa importanza alla vittoria, valorizzando il successo sportivo con le dovute proporzioni.
Durante la formazione nelle scuole è emerso molte volte come l’allenatore rappresenti una figura affettiva in cui i ragazzi ripongono grande fiducia e sicurezza.
Sono evidenti le difficoltà che un allenatore si trova ad affrontare avendo a che fare con ragazzi in crescita. Per questo il suo intervento deve essere efficace su diversi aspetti.
L’allenatore può promuovere conoscenze e valori attraverso il rapporto affettivo e suscitare ed alimentare nuovi interessi.
Così come può rappresentare un buon modello di identificazione, può, al contrario, diventare una figura in cui si ripone una fiducia sbagliata. Questo è il caso in cui l’allenatore diventa un fattore di rischio per il consumo di sostanze dopanti.
Molto spesso, il doping viene sottovalutato e non se ne conoscono bene gli effetti negativi a breve e lungo termine.
Nel mondo dello sport, il concetto di cultura sportiva è inquinato da un’immagine dell’atleta dotato di super capacità psico-fisiche che non corrispondono esattamente alla realtà. La frustrazione che nasce perseguendo delle prestazioni impossibili appare amplificata nel corso dell’adolescenza e agisce sull’esasperazione, finendo poi per rompere il fragile equilibrio di autorealizzazione e autostima. Vincere a tutti i costi non rappresenta un valore. Purtroppo, però, capita che gli allenatori coinvolti nella vita sportiva dei ragazzi sottovalutino la gravità di ricorrere a pratiche sportive illecite.
Si è riscontrata una notevole difficoltà nella spiegazione delle differenze tra integratori alimentari e doping.
I primi studi condotti da Gill, Gross e Huddleston (1983)
sulla motivazione allo sport avevano evidenziato le ragioni di miglioramento della forma fisica e della competenza sportiva. Per quanto riguarda l’adolescenza, migliorare il proprio aspetto fisico può diventare fonte di ansia.
La relazione tra immagine corporea ed attività sportiva sembra esprimere, nell’epoca contemporanea, un binomio indissolubile e la necessità di avvicinarsi ad uno sport diventa indispensabile per rispondere ai canoni estetici richiesti.
In questo senso, chi pratica uno sport generalmente lo fa per confermare sé stesso, migliorare il proprio corpo ed ottenere benefici di soddisfazione con il minor sforzo possibile.
Ecco che l’utilizzo di integratori o sostanze dopanti assume lo stesso significato, se legato alla valorizzazione della prestazione.
Gli stessi ragazzi hanno ammesso che, se il proprio allenatore avesse offerto loro delle sostanze per aiutare la prestazione, non avrebbero domandato l’effettivo contenuto, in ciò affidandosi ad un esperto che rappresenta per loro una figura adulta di riferimento.

CONCLUSIONI
La decisione razionale posta alla base delle motivazioni che spingono i ragazzi a praticare uno sport rappresenta il principio sul quale costruire la prevenzione, proponendo delle alternative più coerenti alla realtà che circonda l’immagine sportiva.
Per questo è fondamentale che i ragazzi conoscano i processi logici che compongono lo sviluppo decisionale e dispongano di strumenti idonei ad analizzare le scelte legate a conseguenze inevitabili, spesso ignorate o minimizzate.
In questo senso, la psicologia dello sport lavora per promuovere l’equilibrio fisico e mentale attraverso un atteggiamento che vede rivalutate le abilità e le competenze degli atleti. Nello specifico, la prevenzione deve riguardare i giovani adolescenti che necessitano di un supporto e di una guida alla consapevolezza del proprio funzionamento motivazionale senza sopravvalutare le proprie capacità di rendimento ed accettando i primi limiti in ogni momento della propria attività sportiva.

BIBLIOGRAFIA
Vailati P., 2004, Il valore educativo dello sport , Montedit, Melegnano.
Erikson E.H., 1959, Identity and the life cycle, in Psychological Issues, Monograph, 1.
Charmet P., 2000, I nuovi adolescenti, Milano, Raffaello Cortina editore.
Collins M.E. (1991), Body figure perceptions and preferences among preadolescents children, International Journal of Eating Disorders, 6:485-494.
Murrey E.J. (1978) Emozione e motivazione: le basi biologiche del comportamento, Mondadori. Milano.
Rheinberg F. (2002). Psicologia della motivazione. Il Mulino, Bologna.
Gill D.L., Gross J.B., Huddleston S. (1983) Partecipation Motivation in Youth Sports, in International Journal of Sport Psychology, 14, pp.1-14.
“La preparazione mentale nello sport”, tratto in data 21-07-2010 da http://www.opsonline.it/index.php?m=show&id=23293

Tamara Sullig
Psicologa, collaboratrice di Auxilia Onlus per il progetto

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