Vincere sempre, anche a costo della vita

Elena Collini

Il fenomeno del doping rischia di diventare una strategia da applicare anche in ambiti non sportivi, nei quali si privilegia la vittoria facile e senza fatica. Una prospettiva che rischia di segnare il futuro delle nuove generazioni

Il progetto finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri intitolato “Un intervento psicosociale sui fattori di rischio per l’abuso delle sostanze dopanti nei contesti giovanili” nasce con il duplice intento di informare i giovani sulle tematiche connesse al doping e di incentivare un approccio sano, leale e positivo al mondo dello Sport, ma non solo. Il mio intervento, che mi ha portato ad incontrare i ragazzi delle scuole e di alcune società sportive del Veneto, mi ha permesso di cogliere innanzitutto le premesse dei giovani relativamente a questo mondo, quello del doping, così apparentemente lontano ed estremo, ma così sostanzialmente vicino e diffuso, non soltanto nel mondo dello Sport. Se nell’immaginario collettivo giovanile, infatti, il fenomeno doping appare relegato all’ambito sportivo di alto o altissimo livello, nel corso degli incontri ho cercato di stimolare un pensiero critico su quanto la scelta, da parte di alcuni, di ricorrere a metodi illegali e, allo stesso tempo, nocivi per la salute, al fine di aggiudicarsi una vittoria, possa essere attuale e riscontrabile anche in altri contesti, come, ad esempio, quello del lavoro. Senza voler assolutamente banalizzare il fenomeno, ho cercato di far riflettere i ragazzi su come il doping, lungi dall’essere solo uno scoop di copertina, rischi di diventare l’esito di uno stile di vita e di problem-solving, con cui ci si approccia alle sfide del quotidiano, nonché la conseguenza della gerarchia di priorità che il singolo si pone e, talvolta, la società incentiva. Se il riuscire vincitori ad ogni costo, in modo semplice e senza sforzo, sembra diventato un obiettivo o uno standard della vita moderna, ci si deve interrogare su cosa s’intenda realmente per vittoria, quali vantaggi possano derivare paradossalmente dalle sconfitte e come queste possano essere affrontate. Ecco che, allora, entrano in gioco le premesse dei ragazzi su questi temi, le loro emozioni legate al confronto con i pari, l’importanza che genitori e adulti di riferimento, come insegnanti o allenatori, danno all’esito di verifiche e partite, piuttosto che considerare l’impegno profuso o i miglioramenti individuali riscontrabili nonostante un eventuale risultato finale scarso. Partendo dalle conoscenze e dalle esperienze personali dei ragazzi, ho cercato di fornire delle informazioni sul fenomeno doping, esplorandone, allo stesso tempo, i pro e i contro.
Lungi dall’adottare un stile giudicante o proibizionista, sono convinta che i giovani abbiano bisogno di ricevere quanti più dati possibili riguardo ad una tematica, così da poter farsene un’idea propria. Non è dicendo “Non si deve fare così!” che si previene l’innescarsi di un comportamento problematico, quanto, piuttosto, mettendone in luce i risvolti positivi ed attraenti, così come le conseguenze negative e, spesso, sconosciute, il bagliore che acceca ed esalta dell’oro ed il rovescio della medaglia, ed alla fine stimolare ciascuno a chiedersi se ne valga davvero la pena. Nello specifico, parlando di doping, è stato utile sollecitare anche i ragazzi a chiedersi le motivazioni che portano i singoli ad adottare questi comportamenti e, senza voler giustificare il fenomeno, chiedersi, al contempo, se sia sempre così facile uscire da circoli viziosi ormai innescati e collaudati o da situazioni in cui la denuncia del sistema comporta il mettere in crisi la premessa di fiducia su cui si basa (o si dovrebbe basare) una squadra o una società sportiva. A fianco delle spiegazioni e delle informazioni offerte sull’argomento, fondamentale è stato porre in risalto l’importanza e la bellezza dei risultati ottenuti in modo sano e pulito, frutto di un allenamento costante, di un’alimentazione equilibrata e dell’apprendimento di tecniche psicologiche atte a migliorare nel tempo le prestazioni; il tutto nel rispetto delle capacità e dei limiti di ciascuno e dei tempi necessari per raggiungere i risultati desiderati.
Ammetto di essere rimasta molto sorpresa e favorevolmente colpita dall’interesse dimostrato dai ragazzi incontrati, tanto nelle scuole,
quanto nelle società sportive. L’attenzione per i temi trattati ed il desiderio di condividere le proprie esperienze e mettersi in gioco e in discussione sono stati uno dei feedback più postivi ricevuti durante gli interventi. Al tempo stesso, va rilevato che, se la maggior parte dei giovani è attratta da un approccio pulito al mondo dello sport, e alle sfide in generale, considerando prioritario, in tale ottica, il divertimento nelle attività svolte, una piccola parte purtroppo manifesta già un atteggiamento disilluso e sfiduciato riguardo allo Sport in particolare ed alla Società in generale. Sono queste criticità, a mio avviso, i target della sfida più grande che chiama in causa gli educatori in ogni contesto, intendendo con questo termine i genitori, gli insegnanti e gli allenatori. La sfida, infatti, è quella di donare nuovamente e far rinascere, a partire da un esempio sincero e concreto, la voglia di fare, non per primeggiare ad ogni costo, ma per divertirsi, imparare e migliorare nel tempo.
Credo che questa esperienza sia stata molto stimolante per i ragazzi coinvolti, ma anche per me, dal momento che mi ha permesso di approfondire una realtà che prima conoscevo solo a malapena e che mi ha davvero entusiasmato. Allo stesso tempo, mi ha consentito di incontrare un team di validi esperti che hanno fatto dello studio e della lotta al doping il loro mestiere e di collaborare fattivamente e proficuamente con un gruppo di psicologi giovani e motivati a dare il proprio apporto e a fare, nel loro piccolo, la differenza. A loro e a quanti hanno dedicato tempo, impegno e disponibilità per la realizzazione di questo progetto va il mio grazie più sincero.

Elena Collini
Psicologa, collaboratrice di Auxilia Onlus per il progetto

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