Gli effetti sull’organismo

Antonio Irlando

Eccitanti, narcotici, ormoni, Epo: tutti i modi per cambiare la chimica del corpo e raggiungere prestazioni strabilianti. Il compromesso per chi utilizza queste sostanze è tutto a perdere: pochi minuti di successo a fronte di gravi scompensi a lungo termine

Si continua a parlare di doping nel mondo dello sport, si continua ad elencare, anno dopo anno, i nomi degli atleti che hanno fatto uso di sostanze dopanti per migliorare le proprie prestazioni agonistiche. E questo, nonostante tutto quello che i medici diffondono sui terribili effetti secondari e sulle gravi conseguenze cliniche di queste sostanze. Stime recenti parlano di circa 254.000 sportivi assuntori di prodotti vietati (di cui 69.000 praticanti il body building), con un giro di affari di circa 425 milioni di euro all’anno. Ma ciò che più spaventa è l’accertata diffusione del fenomeno anche nello sport dilettantistico, in cui le tensioni agonistiche dovrebbero essere senz’altro minori. Ormai sappiamo che ogni farmaco ed ogni pratica utilizzata a scopo dopante comportano sempre effetti collaterali deleteri. I maggiori rischi clinici sono indubbiamente a carico del sistema cardiovascolare. Le “storiche” anfetamine possono essere responsabili di crisi anginose e danni ischemici cardiaci, ipertensione arteriosa, tachicardia, disturbi psichici.
L’utilizzo delle “eritropoietine”, che aumentano il numero dei globuli rossi e la densità del sangue, favorisce il rischio di formazione di coaguli ematici e quindi di trombosi in vari distretti vascolari: coronarico, arterioso periferico degli arti, delle arterie viscerali e cerebrali. È inoltre frequente l’ipertensione arteriosa e non vanno sottaciuti i rischi di leucemie e patologie oncologiche in generale. Le sostanze anabolizzanti (vedi nandrolone e testosterone) possono indurre danni vascolari e cardiopatie, ma anche conseguenze endocrine a carico di testicoli, ovaie, ghiandole surrenali.
I farmaci che agiscono sull’apparato respiratorio, come il salbutamolo, inducono, a certi dosaggi, la comparsa di aritmie cardiache. L’elenco delle possibili problematiche cardiovascolari si allunga quando si passano in rassegna gli effetti collaterali legati all’uso dell’ormone della crescita, molecola ideale per aumentare la massa muscolare e le performances fisiche tramite gli effetti sulla sintesi proteica cellulare e sull’azione lipolitica, la quale riduce il tessuto adiposo liberando calorie ad azione energizzante. Ma tutto questo a fronte di eventi avversi vari e gravi, quali la ritenzione idrica, l’ipertensione arteriosa, la tendenza al diabete mellito, le alterazioni ossee ed articolari, le cardiopatie, la predisposizione a patologie oncologiche. La lista dei rischi accertati per la salute si amplia inevitabilmente anche con l’uso dell’insulina, sostanza ad azione anabolizzante, ma con effetti collaterali legati alla possibile ipoglicemia ed alle sue conseguenze cardiache e neurologico-cerebrali, fino al coma. Ancora, le sostanze ad azione antiestrogenica provocano evidenti segni di virilizzazione nelle donne; l’ormone adrenocorticotropo (ACTH) provoca aumento degli ormoni glucocorticoidi endogeni con tutte le conseguenze sulla tolleranza agli zuccheri, la comparsa di ritenzione idrica ed ipertensione arteriosa, alterazioni osteoporotiche, danni epatici, sintomi di mascolinizzazione nelle donne. Tra le pratiche dopanti più diffuse è doveroso un cenno all’autoemotrasfusione, consistente nel prelievo preliminare di una quota di sangue dell’atleta e successiva reinfusione allo stesso in prossimità di una gara. Ciò induce brusco innalzamento dei valori di emoglobina ematica e quindi della capacità di ossigenazione dei tessuti, ma anche del rischio di fenomeni embolici, infarti o ictus, e dei danni cronici legati al prolungato aumento dei valori ematici del ferro che si accumula in fegato, milza, pancreas, reni. Un cenno andrebbe fatto anche al cosiddetto “doping genetico”, le tecniche di manipolazione del DNA che permettono di modulare l’espressione dei geni con lo scopo di migliorare le performances atletiche e di modificare il destino sportivo di un atleta. Anche queste metodiche espongono a fondati rischi di insorgenza di immunodeficienze, disfunzioni d’organo, neoplasie. Per questo ci piace ricordare la recente pubblicazione “Lo sport del doping”, scritto dal prof. Sandro Donati, già valido mezzofondista e poi allenatore della nazionale di atletica, che traccia un resoconto di tutto quello che di brutto è stato fatto attraverso il doping in ambito sportivo nell’ultimo trentennio in Italia. Don Ciotti e l’associazione Libera hanno dato man forte a questo libro ed alla sua diffusione. L’intento è quello di far capire ai ragazzi che intraprendono l’attività sportiva le reali conseguenze sulla salute di scelte discutibili, spesso prese in nome del raggiungimento dei migliori risultati proprio da coloro i quali dovrebbero sorvegliare sull’integrità biologica ed intellettuale dei più giovani.

Antonio Irlando
Dirigente Medico Ass. 4 Medio Friuli

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