Disarmati per educare le periferie

Santa Parrello , Cesare Moreno , Teresa Centro

l progetto Chance era stato voluto negli anni ‘90 dalle istituzioni nazionali e cittadine e fruiva di fondi pubblici. E-vai, al contrario, è nato su iniziativa dell’associazione Maestri di Strada ed è sostenuto interamente da fondi privati, ma ha cercato ed ottenuto il riconoscimento ed il sostegno formale delle istituzioni scolastiche e dell’Università.

All’inizio dell’anno scolastico io non ci sono stato perché andavo a lavorare; è grazie a Fortuna e Francesca* che sono ritornato. Loro passavano davanti dove lavoravo io e dicevano ‘a gennaio torna a scuola se no ti vengo a prendere fino a casa’. Infatti, se tu non andavi a scuola, venivano tutte e due a casa. Poi, sono servite molto. Ad esempio, quando non eri preparato, loro ti incoraggiavano, e se ti sentivi male, loro ti facevano sfogare la rabbia che avevi dentro…” (Dario, 16 anni).
* genitore sociale ed educatrice del progetto E-vai

DA CHANGE A E-VAI
Il contributo che presentiamo è parte di un ampio processo di riflessione sulle attività educative progettate e realizzate nella città di Napoli dall’associazione Maestri di Strada. L’esperienza maturata durante gli undici anni di vita del Progetto Chance, ma anche il trauma della sua chiusura, hanno stimolato un’attività di pensiero che consente di cominciare a mettere a fuoco i punti di forza e di debolezza di quella avventura educativa, in modo tale da non disperderne l’eredità (Moreno, 2000; 2001; 2004; 2009).

Il recente contributo di Carla Melazzini “Insegnare al principe di Danimarca” (2011) rappresenta non solo il racconto degli anni faticosi e preziosi di Chance, ma un bilancio che mostra la via sulla quale proseguire. Partendo da lì, i Maestri di Strada hanno iniziato una nuova impresa, nata due anni fa: il Progetto E-vai, Educazione – Volontà Accoglienza Integrazione. Il Progetto Chance ha senz’altro consentito di riconcettualizzare la dispersione scolastica, l’insuccesso formativo, il disorientamento sociale ed esistenziale degli adolescenti, considerandoli inestricabilmente connessi ad una società complessa: “…pur esistendo zone di povertà ed emarginazione che alimentano buona parte di questi fenomeni, …essi non sono solo un residuo sociale del mancato sviluppo. Si tratta di fenomeni che attraversano l’intera società, non soltanto alcuni strati sociali o aree geografiche, e pongono un grosso problema circa il rapporto e gli scambi fra il mondo adulto e le nuove generazioni e circa i diritti di cittadinanza dei giovani.” (Moreno e Valerio, 2004, p. 83).
Oggi ci è ancora più chiaro che la riflessione sul disagio scolastico nelle sue forme strutturali può essere ascritta, a pieno titolo, all’area degli approfondimenti riguardanti il “disagio della civiltà” in epoca post-moderna (Bauman, 2000; Kaës, 2005).

Anche per questo ci è sempre sembrato importante il le- game fra la società ed i progetti educativi, con particolare riferimento al mandato conferito da comunità e istituzioni locali: Chance era stato voluto negli anni ‘90 dalle istituzioni nazionali e cittadine e fruiva di fondi pubblici. E-vai, al contrario, è nato su iniziativa dell’associazione Maestri di Strada ed è sostenuto interamente da fondi privati, ma ha cercato ed ottenuto il riconoscimento ed il sostegno formale delle istituzioni scolastiche e dell’Università, con cui ha stipulato convenzioni. Siamo, infatti, convinti che le attività socioeducative non debbano prescindere dalle istituzioni, né tentare di scavalcarle, proprio perché buona parte del disagio dei nostri adolescenti deriva anche dalla crisi di autorità ed autorevolezza delle nostre istituzioni deputate alla formazione ed alla protezione e cura del vivere sociale. È necessario, semmai, lavorare per sostenere e rafforzare le “parti buone” della scuola e degli organismi pubblici deputati alla sua gestione. Se, dunque, la dispersione è fenomeno complesso, per il quale riteniamo non esista, né debba essere cercata, un’unica strategia di intervento valida sempre e dovunque, E-vai, come già Chance, non si configura come un intervento sistematizzato e rigidamente predefinito, ma come un percorso aperto alle riformulazioni e ridefinizioni indotte dai contesti e dalle situazioni, pur avendo chiaro e fermo il suo obiettivo: sostenere, in un contesto di marginalità, lo sviluppo e l’orientamento di adolescenti della scuola media inferiore e superiore che mostrano varie forme di disagio ed appaiono destinati a non proseguire gli studi. Certo, in quanto approccio risocializzante, rivolto a persone che hanno già ricevuto un danno dalla situazione di deprivazione culturale e di emarginazione in cui si sono trovate, sarebbe auspicabile che il nostro intervento fosse parte di una più ampia e complessa strategia di prevenzione secondaria contro le forme di “sociopatia” che vanno diffondendosi oltre i confini dell’esclusione sociale: altro motivo per il quale l’associazione Maestri di Strada continua a tessere relazioni con le istituzioni, ma anche con le altre associazioni del territorio.
Il progetto attuale, in corso nella periferia orientale di Napoli, entro una rete di scuole della VI Municipalità (San Giovanni, Barra, Ponticelli) nata appositamente, si articola in E-vai orientamento, che coinvolge le classi terze di nove scuole medie inferiori, ed E-vai accoglienza, che cura il percorso scolastico di due classi prime di istituti professionali.

Sia Chance, sia E-vai si configurano come esperienze psicopedagogiche ispirate a principi psicoanalitici e di psicologia culturale. Guardare allo sviluppo ed all’educazione da un vertice psicoanalitico (Winnicott, 1965; 1971; Bion, 1962; Erickson, 1968) e culturale (Vygotskij, 1934; Bruner, 1990; 1996) significa, fra l’altro, assumere:

– la centralità delle relazioni sociali (primarie e di tutto l’arco della vita), intrise di cultura, entro le quali si sviluppano mente e personalità;

– il primato del mondo interno, che influenza il modo in cui percepiamo ed interpretiamo il mondo esterno costruendo significati, il modo in cui agiamo, con intenzionalità consapevole ed inconscia;
– il legame indissolubile fra funzioni cognitive ed affettive e l’esistenza di processi cognitivi complessi, entro i quali è possibile riconoscere modalità magiche, intuitive, logiche, narrative;

– il ruolo decisivo del dolore, perché la capacità di pensare, apprendere e lavorare dipende dalla possibilità di riconoscere, elaborare e modulare la sofferenza mentale derivante da frustrazioni, ansie e difficoltà che spesso hanno radici antiche.

Promuovere e sostenere lo sviluppo e l’educazione in questa prospettiva implica, dunque:

– dialogare ed interagire con le istituzioni (Carli e Paniccia, 2003; Margherita, 2012);

– aver cura delle relazioni, fra giovani ed adulti e fra pari;

– prestare attenzione non solo ai comportamenti manifesti;

– accogliere e sostenere pensieri ed emozioni nelle forme più varie;

– praticare e stimolare costantemente la riflessività (Schön, 1983), a più livelli, nei singoli, ma soprattutto nel gruppo classe, nel gruppo dei docenti, nel gruppo di educatori e maestri di strada;

– farsi carico del dolore degli adolescenti, ma anche di chi li circonda, familiari e docenti, oltre che del proprio (Blandino, 2008).

Pur essendo una scuola a tutti gli effetti, Chance godeva di una particolare autonomia nell’organizzazione pratica degli orari, della logistica, dei docenti. A causa di questo suo “privilegio”, molti ritenevano che l’esperienza non potesse diffondersi. Il progetto E-vai viene, invece, realizzato dentro l’organizzazione scolastica, piena di incongruenze e disfunzioni, così come è.

Operando in questo contesto, educatori, genitori sociali, esperti delle discipline e delle professioni, psicologi hanno modo di misurarsi con una situazione molto più complessa. Possono, quindi, tentare di promuovere modifiche non occasionali nell’istituzione, operando un vero e proprio investimento a più lunga scadenza, soprattutto nella formazione dei docenti.

Altra specificità del progetto E-vai è l’obiettivo di lavorare con un gruppo di giovani operatori disponibili ad una formazione continua, capaci di coniugare il costante impegno sul territorio in settori differenziati, ma collegati, dell’educazione, con la consuetudine irrinunciabile e sistematica alla riflessività. In questo modo, ciascun operatore lavora alla continua formazione di sé e contribuisce alla crescita di un gruppo di lavoro che, in questo momento, si configura come la risorsa più preziosa di Maestri di Strada. Inoltre, la costante partecipazione di tirocinanti e volontari (quasi sempre studenti universitari) alle attività del gruppo, in qualità di osservatori prima e, spesso, di collaboratori poi, apporta energie preziose garantendo il confronto con punti di vista esterni e sempre nuovi, che richiedono anche uno sforzo ulteriore di chiarezza nelle discussioni.

Il gruppo di operatori sta quindi costruendo una sua chiara identità professionale attraverso uno specifico metodo di lavoro che comprende, in sintesi:

– l’operare sul e nel territorio, incontrando istituzioni e persone, prestando attenzione, da un lato, a ruoli, funzioni e mandati; dall’altro, agli aspetti materiali dei contesti, senza mai trascurare la singolarità di ciascuno;

– il riflettere in gruppo sulle pratiche realizzate e sulle dinamiche psicologiche sottese, spesso di tipo transferale;
– il rimodulare le pratiche stesse, riprogettando in continuazione, avendo, tuttavia, sempre chiari gli obiettivi da raggiungere ed i limiti oltre i quali è meglio desistere dall’impresa.

Riproduce ampie parti dell’articolo
“un esercito di maestri disarmati per educare le periferie”,
per gentile concessione della rivista
Adolescenza e Psicoanalisi
Scuola anno VII – numero 2 – novembre 2012 Magi editore

Santa Parrello
Ricercatrice del Dipartimento di Scienze Umane, Università degli Studi di Napoli Federico II

Cesare Moreno
Presidente associazione Maestri di Strada Onlus di Napoli

Teresa Centro
ASL Napoli 1, Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo

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