Tra periferie e costruzione di cattedrali

Annalucia Giustiniani, Ilaria Iorio

Curare l’apprendimento e favorirne la domanda da parte di quelli che dovrebbero essere i “destinatari” significa non solo permettere agli interlocutori di essere partecipanti attivi e responsabili del proprio processo di formazione, ma anche creare dei contenitori nei quali diventi possibile una personalizzazione dei percorsi.

Dal gennaio del 2011 l’associazione Maestri di Strada Onlus ha progettato e realizzato il Progetto E-Vai, finanziato dalla fondazione San Zeno di Verona. Il progetto, al momento alla sua terza annualità, si realizza in nove scuole medie ed in due istituti superiori della Sesta Municipalità di Napoli (San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli) caratterizzata da uno dei più elevati tassi di dispersione scolastica dell’intera città.

Il progetto si occupa, appunto, di contrastare la dispersione scolastica. Nel corso del lavoro, tuttavia, si è compreso che l’attenzione, più che sul fenomeno della dispersione in generale, va rivolta ai singoli dispersi, alle persone. Il nostro lavoro educativo, infatti, si svolge non solo nelle periferie della città, ma anche in quelle dell’animo, in quelle zone della psiche in cui non si vuole o non si può guardare e che sono la base degli agiti, i comportamenti umani che non derivano da decisioni consapevoli, ma da emozioni incontrollate quali rabbia, paura, invidia, gelosia, dolori.

Ci rivolgiamo, dunque, alle singole esigenze dei “dispersi”, ma lo facciamo portando avanti una metodologia di cura di tutto il gruppo a cui essi appartengono. In particolar modo, la cura dei legami e delle relazioni in cui i ragazzi sono immersi è considerata il presupposto di una comunità che possa definirsi educante. Il lavoro è rivolto non a caso a giovani delle classi terze medie e delle prime superiori. Questa decisione, oltre a derivare dai dati statistici relativi alla dispersione scolastica, che evidenziano un picco proprio in questo passaggio, nasce dalla consapevolezza della complessità di questo momento nella loro vita. Come ogni transizione, infatti, anche questo passaggio porta con sé opportunità e rischi: se da un lato può diventare una possibilità evolutiva, dall’altro contiene molte fragilità tra cui la stessa paura del cambiamento e della crescita.
Viste alcune pregresse difficoltà di realizzazione, per quest’anno è stata pensata una modalità nuova, centrata sulla classe e sul coinvolgimento dei docenti fin dall’inizio dell’anno scolastico attraverso una co-progettazione costante delle attività. Gli obiettivi del percorso sono stati condivisi e pensati, oltre che con i professori, anche con i ragazzi, al fine di rendere possibile l’intervento. Tutto ciò è supportato dalla convinzione profonda che non esistono destinatari del progetto, ma persone che scelgono di parteciparvi e collaborano alla riuscita stessa.

Curare l’apprendimento e favorirne la domanda da parte di quelli che dovrebbero essere i “destinatari” significa non solo permettere agli interlocutori di essere partecipanti attivi e responsabili del proprio processo di formazione, ma anche creare dei contenitori nei quali diventi possibile una personalizzazione dei percorsi. Tale personalizzazione rappresenta il fulcro di tutte le nostre attività. Queste vedono coinvolte diverse figure professionali, che di seguito presenteremo.

CHI SONO E COSA FANNO GLI EDUCATORI

Gli educatori sono professionisti laureati in Scienze dell’Educazione o Psicologia, oppure educatori sociali con lunga esperienza e percorsi di formazione centrati sul tirocinio con gli altri educatori in situazione.
– Si occupano di presidiare e governare le dinamiche Gruppo- Individuo e, nei casi in cui si verifichino conflitti, creano momenti di “raffreddamento” aiutando l’elaborazione delle difficoltà comunicative ed emotive.

– Si impegnano a mediare i passaggi tra tempi e spazi diversi. Per mediazione si intende un’operazione culturale e pedagogica consistente nel trovare spazi intermedi tra attività e posizioni diverse. Tali “spazi” possono essere quelli dell’accoglienza mattutina, del circle-time o anche di confronto individuale, quando serve.

– Accompagnano le transizioni sia fisicamente, sia attraverso un supporto emozionale a giovani che in ogni passaggio trovano difficoltà e si lasciano andare ad agiti rinunciatari o aggressivi.

– Mettono in campo la funzione fondamentale del contenimento grazie alle possibilità di ascolto personale e di sistematico dialogo anche al di fuori del contesto scolastico.

– Lavorano in modo tale da organizzare la collaborazione attraverso le attività in piccoli gruppi. La caratteristica fondamentale è il lavoro collaborativo: tutti i partecipanti devono avere la consapevolezza di essere inseriti in un contesto significativo, in un’impresa dotata di senso e non solo in una fatica ripetitiva.

Tra i nostri educatori, una funzione specifica viene svolta dai “Genitori sociali”. Si tratta di educatori professionisti, ma anche genitori appartenenti al territorio. Essendo del territorio e conoscendo, quindi, le dinamiche sociali, svolgono una funzione paragonabile a quella di un mediatore culturale. Essendo genitori, inoltre, conoscono le difficoltà delle relazioni intergenerazionali e hanno deciso di mettere a disposizione del territorio queste conoscenze attraverso una generatività sociale che trae forza da quella biologica, ma la trascende.

In particolare, tali figure:

– Si occupano di rinforzare la fiducia, l’autostima e le relazioni.

– Fanno sentire ad ogni ragazzo che “esiste” ed è unico attraverso segnali meta-comunicativi che accompagnano le interazioni verbali. Nei nostri protocolli di osservazione, tale capacità è stata descritta come “lo sguardo dell’unicità”.
-Proprio per il legame con il territorio, infine, curano la relazione con il contesto sociale anche con attività esterne ed indipendenti dalla scuola.

CHI SONO E COSA FANNO GLI ESPERTI
Gli esperti sono giovani insegnanti o giovani professionisti che hanno sperimentato e sperimentano una didattica attiva. Per didattica attiva si intende una didattica partecipata, cooperativa, dialogica, lenta. Essi riescono a realizzare le modalità attive in quanto:

– Lavorano per piccoli gruppi.

– Sviluppano la disciplina in modo contestualizzato tenendo conto di angoli visuali particolari che vanno incontro alla richiesta di significato da parte degli allievi. Da qui, per esempio, non solo scrittura, ma “espressione di vissuti personali e di gruppo attraverso la scrittura di un giornale”, non storia, ma ”storia attraverso la musica”, non semplicemente teatro finalizzato allo spettacolo, ma “elaborazione e rappresentazione delle dinamiche di gruppo coinvolgendo diverse discipline e mettendo in gioco le relazioni, le emozioni e il corpo in modo integrato”… Per questo motivo, il loro lavoro non può essere sostitutivo di quello col docente di classe, ma deve essere integrativo di questo in quanto dotato della possibilità di andare incontro alle esigenze dei giovani.

– Adottano i tempi lenti dell’apprendimento. Poiché il loro compito principale è quello di riattivare i processi di apprendimento in giovani che mostrano delle difficoltà nell’apprendimento formale, i tempi sono necessariamente scanditi dal percorso degli allievi.
I laboratori realizzati dai nostri esperti possono assumere un grande valore sia per orientare i giovani, sia per esplorare altre forme di intelligenza e di competenza di cui essi sono portatori.

Questi hanno come oggetto le seguenti discipline: “matematica”, “scienze”, “italiano-giornalismo”, “musica-storia” per quanto riguarda i laboratori didattici e “teatro”, “murga”, “trucco”, “arti visive” e “capoeira” per quanto riguarda i laboratori definiti “territoriali”, svolti in un centro di aggregazione giovanile del territorio.

Tra le loro finalità, queste attività prevedono quella di entrare in connessione con il mondo di cui i giovani sono portatori, diminuendo così la distanza tra scuola ed extra-scuola. Lo scopo è quello di favorire l’integrazione tra diversi linguaggi, diverse metodologie e diversi strumenti che consentano non solo di supportare la didattica tradizionale, ma anche di ampliarla.

CHI SONO E COSA FANNO GLI OSSERVATORI
Gli osservatori sono giovani psicologi in formazione, tirocinanti o volontari. Vengono impiegati nelle attività di gruppo (con docenti e/o alunni) in cui è utile la produzione di un protocollo osservativo. Affidare la funzione osservativa ai giovani in formazione è fondamentale per due ordini di motivi:

– Favorisce il loro inserimento graduale, in modo da dar loro la possibilità di imparare “osservando in situazione” i colleghi con maggiore esperienza.

– Si arricchisce del loro sguardo “ingenuo”, non “professionale” e meno invasivo, che aggiunge ed integra visioni differenti migliorando la comprensione degli eventi.

Il filo rosso che unisce e dà senso a queste diverse figure ed attività da noi proposte è rappresentato dai tre capisaldi del nostro lavoro educativo:

– Cura dell’apprendimento e delle difficoltà ad apprendere.

La disaffezione alla scuola ed all’apprendimento si verifica laddove il senso di sconfitta si estende e coinvolge le competenze trasversali poste alla base dell’apprendimento stesso. Cura dell’apprendimento significa cura della persona che apprende e ciò rende necessaria un’attenzione, da parte di chi si occupa di educazione, alle singole esigenze formative ed alla domanda di apprendimento portata dai ragazzi.

– Cura della persona dello studente e supporto alla sua partecipazione attiva.

Di fronte a sfiducia in sé e sentimenti di insuccesso, diventano necessarie occasioni che offrano alle giovani persone il senso di riuscita. Ambienti attivi ed operativi devono essere arricchiti da costrutti e dispositivi che consentono di praticare una formazione inclusiva offrendo agli allievi anche la possibilità di mettere in valore le conoscenze informali.

– Cura della persona del docente e supporto all’insegnamento.

Gli operatori scolastici e quelli della formazione sono chiamati ad affrontare compiti complessi in cui si intrecciano la formazione umana e sociale, la formazione professionale, l’acquisizione delle competenze di base necessarie alla formazione ed alla cittadinanza. Si genera, così, un campo di interazioni psichiche, relazioni e legami in cui il docente può smarrire il senso della sua identità lavorativa ed andare incontro ad una disaffezione professionale. Curare la persona ed il pensiero dei docenti e dei formatori diventa parte essenziale del processo formativo ed educativo, in quanto malessere e benessere del docente si trasmettono come tali anche agli allievi.
Ci piace concludere sottolineando ulteriormente che la riuscita del nostro progetto è possibile solo se si realizzi pienamente la condivisione del “sogno” educativo e la piena partecipazione di tutte le persone coinvolte nelle attività. Ciò risulta possibile solo se si sente di far parte di un contesto significativo, di un’impresa dotata di senso e non di sostenere una fatica ripetitiva. Qual è la ricaduta esercitata da questa differenza sul lavoro delle persone? Noi crediamo sia racchiusa nella citazione di Peter Schultz che sentiamo di voler condividere con chi legge, in quanto rappresenta a pieno la passione che anima il lavoro dei Maestri di Strada: “Tre persone erano al lavoro in un cantiere edile. Avevano il medesimo compito, ma quando fu loro chiesto quale fosse il loro lavoro, le risposte furono diverse. “Spacco pietre” rispose il primo. “Mi guadagno da vivere” rispose il secondo. “Partecipo alla costruzione di una cattedrale” disse il terzo. (Peter Schultz)

Annalucia Giustiniani e Ilaria Iorio
Responsabili Settore Ricerca ed Editoria presso l’Associazione Maestri di Strada

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